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Ragazzo hikikomori esce dalla sua cameretta dopo 7 anni di solitudine: “Lì nessuno mi urlava”

Alessandro è diventato un hikikomori per un trauma scolastico vissuto alle medie. Oggi, a 20 anni, ha raccontato la sua storia: vive fuori dalla sua stanza, si è diplomato e ha iniziato una relazione sentimentale.
A cura di Sara Tirrito
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Immagine di repertorio
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Dopo un episodio vissuto in seconda media, Alessandro è rimasto chiuso in casa per anni. Senza andare a scuola, senza vedere amici e senza contatti con il mondo esterno. Ha vissuto come un hikikomori, termine giapponese che significa "stare in disparte". La sua diagnosi è di fobia post traumatica per la scuola.

Oggi, a 20 anni, è uscito dall'isolamento, ha costruito una vita fuori e ha voluto raccontare la sua testimonianza anche sfatando alcuni pregiudizi. "Mi piace stare in compagnia, contrariamente a quanto possa sembrare", spiega.

La vita di Alessandro da hikikomori

Intervistato dal Corriere della Sera, Alessandro ha spiegato le origini del suo allontanamento dal mondo esterno e le ragioni che lo hanno spinto a chiudersi in se stesso. Durante una lezione di inglese al rientro dalle vacanze, in seconda media, l'insegnante gli ha chiesto se avesse fatto i compiti. Lui ha risposto di averli lasciati a casa, pur sapendo che erano gli unici che non aveva fatto. La docente ha reagito urlando: "Come fai a dimenticare tutto quanto?", gli ha domandato.

Da quel giorno, Alessandro è rimasto chiuso in casa, all'inizio per sei mesi, poi per un tempo sempre più prolungato. "Mi sono sentito umiliato – raccontava – E pensavo: da domani non vado perché ho inglese". Così comincia a stare a casa sempre più a lungo, un circolo che non si arresta. "Non vado perché gli amici mi chiederanno come mai manco da tanto", pensava.

Le sue giornate erano quasi sempre uguali. "Dormivo dalle 8 alle 18. La cena era il mio pranzo" racconta. Nella sua cameretta aveva costruito tutto il suo mondo, al riparo dagli altri: "Stavo sul letto con il pc, tra serie tv e video, fino al mattino – spiega – Lì nessuno urlava, nessuno mi stressava".

Il ritorno fuori e l'incontro con gli altri

La sua educazione avviene in casa. Prende la licenza media con lezioni a domicilio e poi intraprende l'Istituto tecnico di istruzione superiore in Informatica. Ma non riesce a concludere il percorso senza interruzioni.

Fondamentale per riprendere in mano la sua vita l'incontro con educatore, psicologa e neuropsichiatra. Il primo tentativo non va in porto. Aveva promesso che sarebbe tornato a scuola se l'educatore avesse smesso di fumare, ma al rientro le cose non vanno per il meglio. "Mi ignoravano tutti – spiega – Ero un fantasma".

Alessandro, che contro le aspettative ama stare in compagnia, ne soffre. E in quel periodo trova rifugio soltanto negli amici incontrati sul web: "Ci giocavo al pomeriggio e la sera. Mi piace stare in compagnia, contrariamente a quanto possa sembrare, ma quella era la mia comunità. Non mi trovavo nel divertimento dei miei compagni", spiega.

La sua diagnosi era di fobia post traumatica per la scuola. Grazie al recupero anni, Alessandro riesce a prendere il diploma e nel frattempo conosce Valeria, che oggi è la sua compagna.

Sebbene la ricerca abbia fatto alcuni progressi sugli hikikomori, tentando di trovare anche dei modi per rilevarla nel sangue, il fenomeno è ancora poco indagato. Il primo studio che ha quantificato il numero di hikikomori in Italia è stato condotto dal Gruppo Abele insieme al Centro nazionale delle ricerche e parla di 44mila ragazzi che lo sono e 67mila a rischio. Tuttavia si tratta di un numero sottostimato, anche perché tiene conto soltanto degli studenti che hanno tra i 15 e i 19 anni.

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