Ragazzino di 15 anni annega nel fiume, il sindaco finisce a processo: “Nessun cartello con divieto di balneazione”

Sono trascorsi due anni dalla morte di un ragazzino di 15 anni, originario di Motta Visconti (Milano) ma residente a Trivolzio (Pavia), che è annegato nel fiume Ticino. Era il 4 giugno. L'adolescente era in compagnia di alcuni amici per trascorrere diverse ore di svago. A un certo punto, la corrente lo ha trascinato ed è annegato. Oggi, a distanza di due anni, è stato rinviato a giudizio il sindaco di Zerbolò (dove si trova la spiaggia in cui è avvenuto l'incidente), Gian Antonio Centenara, con l'accusa di omicidio colposo.
A darne notizia è il quotidiano La Provincia Pavese. Il primo cittadino, 75 anni, è accusato di non aver installato un cartello con il divieto di balneazione. La Procura ha quindi chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. Quella segnalazione avrebbe potuto dissuadere il ragazzo dal tuffarsi. In quel 4 giugno, la vittima si trovava con altri tre giovani sulla spiaggia del Ticino, nel territorio di Zerbolò. Il gruppo non avrebbe avuto alcuna intenzione di tuffarsi: avevano però messo i piedi nell'acqua.
Il quindicenne avrebbe fatto qualche passo in più rispetto agli altri e sarebbe finito in una buca: la corrente lo aveva trascinato causandone poi la morte per annegamento. La Procura, nel capo di imputazione, contesta "l’inosservanza delle norme relative alla gestione della qualità delle acque di balneazione".
In particolare, è stata richiamata la nota del 15 luglio 2015 di Regione Lombardia "diffusa a tutti i sindaci della Provincia di Pavia, concernente l’installazione di specifica cartellonistica recante il “divieto di balneazione”" secondo quanto stabilito da una direttiva europea. Dalle indagini dei carabinieri, era poi emerso che i cartelli di divieto non erano presenti. Da qui, il processo nei confronti del primo cittadino, che è stato aggiornato al 20 novembre. Il sindaco è difeso dall'avvocato Marco Casali.