Quel doloroso ma bellissimo viaggio che è stato il concerto di Brunori Sas al Milano Summer Festival
Ci vuole coraggio e un pizzico di irresponsabilità ad andare a un concerto di Brunori Sas quando si soffre e ce ne vuole forse di più quando si è sereni, perché le ferite possono riaprirsi in un amen senza darti il tempo di accorgertene. Ci vuole poi ancora più fegato a uscire dicendo di non essere cambiati, quantomeno un po', momentaneamente, almeno fino alla mattina seguente. Perché il live del cantautore calabrese è una giostra di emozioni che ti prende e ti sbatte un po' qua e un po' là. Ti porta su e ti tira giù ma non ti lascia andare. Ti tiene, ti dà speranza, ti normalizza. Lo sanno i suoi fan e lo sanno i quasi diecimila di ieri sera all'Ippodromo San Siro per il Milano Summer Festival.
Con Brunori Sas sul palco, Milano ritrova la propria esistenza
Nelle quasi due ore di concerto l'artista 44enne sfoggia il meglio del suo repertorio, presentandosi al cospetto della platea con una folta band che lo accompagna senza indugi lungo tutto il viaggio. Fino all'ultima nota, fino all'ultimo respiro, mentre il coro dei diecimila si erge da sotto il palco. E con le voci si alza anche lo spirito che porta in alto i cuori, fragili e ammaccati, di tutti noi. Vuoi per la vita, per il lavoro, per amore, per amicizia.
Nelle parole di Brunori ritrovi la tua esistenza, fatta di gioie e delusioni, paure ed entusiasmi, e nella sua voce il grido disperato e speranzoso di un miglioramento che rigorosamente devi trovare in te stesso. Il cantautore cosentino scava nel suo profondo creando un solco anche in chi lo ascolta, svelando la verità che non si è mai in grado di nascondere a se stessi e prendendo la mano a chi tenta di fuggire ancora una volta conferendogli la giusta dose di forza per affrontarla. È una brezza fresca, come quella che ieri sera ha placato il caldo torrido del giugno milanese.
Ci si perde, ci si ritrova, ci si accetta
Ascoltare Brunori Sas, che si è ironicamente definito "l'Elettra Lamborghini del cantautorato italiano" per un paio di balletti offerti a inizio concerto, è un'esperienza che trasporta. Ci si perde nel piano e voce di Kurt Kobain, ci si ritrova in Per due che come noi e ci si accetta con La verità.
In un'intervista a Repubblica l'artista ha detto che bisogna "essere consapevoli e presenti al momento. Bisogna cercare di parlare al pubblico alla pari. Se lo fai, qualsiasi cosa dici non verrà percepita come un disturbo. Anzi può essere motivo di riflessione e dibattito". Per il dibattito non c'è mai tempo durante un concerto (a meno che non ti chiami Fabrizio De André), ma per la riflessione i minuti a disposizione sembrano non essere mai abbastanza. Tanto che, almeno fino alla mattina seguente, ci si sente cambiati. Quantomeno un po'.