Il sindaco di Como, Alessandro Rapinese, ha commentato la tragica notizia della morte di un ragazzo di 21 anni nelle acque del lago. Il 14 agosto il giovane, di origini egiziane e residente a Milano, si è tuffato e non è più riemerso, fino a quando non è stato recuperato dai soccorsi a 20 metri di profondità. È stato trasportato d'urgenza in ospedale, ma ormai non c'era più nulla da fare per lui. Tuttavia, secondo il primo cittadino comasco, "per quanto riguarda questa tragedia il Comune non poteva fare più di quello che ha fatto". E, visto il numero di vittime nelle acque del lago, è polemica per queste parole del sindaco Rapinese.
Appena qualche giorno prima (sabato 12 agosto), infatti, un altro ragazzo di 32 anni è morto nel ramo di Lecco dello stesso lago dopo essere scivolato da un materassino. Il giorno prima ancora, l'11 agosto, una turista francese è morta nel lago di Como, in località Pescallo, mentre faceva il bagno. E soprattutto ha sconvolto l'opinione pubblica la notizia della bimba di 11 anni annegata sempre nello stesso bacino acquatico nel giorno di ferragosto e ritrovata, ormai morta, soltanto dopo 20 ore di ricerche.
Di fronte a queste continue tragedie, per molti appaiono quindi riduttive le parole del sindaco Rapinese che, pur avendo la responsabilità esclusivamente su quanto avviene all'interno del suo comune e non anche quelli limitrofi, dice che "fare più di così è impossibile", in quanto – spiega – "avvisiamo, sanzioniamo e abbiamo predisposto la presenza fissa di mezzi nautici al fine di prevenire queste tragedie".
In riferimento alla morte del 21enne avvenuta il 14 agosto, ad esempio, Rapinese ha chiarito al quotidiano La Provincia: "Per prima cosa sono stati messi cartelli in tutte le lingue affinché si capisse che la balneazione è vietata. Seconda cosa proprio in quei momenti era presente la Polizia locale che stava sanzionando chi era in acqua e inoltre i primi soccorsi sono stati prestati dal mezzo nautico messo a disposizione della Polizia locale attraverso una convenzione con la Protezione civile, che è immediatamente intervenuta".
Probabilmente è vero che, nei singoli casi, le autorità non potevano fare più di quanto fatto, ma quello che preoccupa è l'ampiezza del fenomeno: almeno quattro morti in una settimana non sono liquidabili come tragedie per cui non si può fare più di quanto sicuramente già si sta facendo. Un tavolo tecnico con gli altri sindaci e le altre autorità potrebbe, ad esempio, essere un buon inizio per analizzare la situazione, individuare punti in comune ai vari episodi e ideare nuove strategie, visto che le misure di prevenzione messe in atto finora non sono state efficaci, altrimenti non ci sarebbero tutti questi decessi. E chi meglio del sindaco del più grande comune che affaccia sul lago potrebbe proporlo e organizzarlo?
Qualcosa di diverso e in più si può sempre provare a fare. A maggior ragione di fronte a quattro morti, fra cui una bambina, nell'arco di una settimana. E la classe politica non può lavarsene le mani.