Quanto vale il titolo di Stato dell’ex Romania e perché chi l’ha comprato deve pagare una multa da 21 milioni
Era il 2017 quando i finanzieri in dogana a Chiasso, sul confine tra la provincia di Como e la Svizzera, fermano su un treno uno dei tanti uomini in transito. All'uomo chiedono i documenti, come da prassi. Questo omette che viaggiava con un ex titolo di Stato dell'ex Regno di Romania del 1.929 dal valore di 70 milioni di euro. I finanziari però lo trovano in pochi minuti e scoprono che l'uomo, neanche nei mesi successivi l'acquisto, aveva mai dichiarato un simile documento. Risultato? La sentenza in Cassazione dello scorso 14 novembre lo ha costretto a pagare una multa da 21 milioni di euro. Ma perché una cifra così alta? Semplice: la multa è proporzionata al valore dell'ex titolo di Stato.
L'uomo più volte ha impugnato il provvedimento di sanzione con la speranza di non dover donare così tanti soldi. La Corte d'Appello di Milano aveva però dato torto al compratore dell'ex titolo di Stato, sottolineando inoltre che tutti questi soldi stavano transitando da un Paese all'altro. I giudici si sono basati sul seguente principio di diritto: "In tema di illeciti amministrativi, la responsabilità dell'autore dell'inflazione non è esclusa dal mero stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale stato sia incolpevole, cioè non superabile dall'interessato con l'uso dell'ordinaria diligenza".
Su questo aspetto la sentenza della Cassazione riporta il fatto che l'uomo destinatario della multa durante il processo non ha "offerto la prova dell'ignoranza non colpevole circa l'estensione dell'obbligo dichiarativo". Anzi, l'uomo viaggiava con una perizia di autenticità e contratto di compravendita che lo confermava l'acquirente del titolo di Stato nel 2017. Così come per i giudici non regge un altro aspetto della difesa dell'uomo che si basava sul fatto che gli agenti della dogana "lo avevano avvisato dell'obbligo di dichiarare la disponibilità di solo denaro contante". La Corte d'Appello lo ha smentito e ha precisato che questo non può giustificare l'omessa dichiarazione.
La Cassazione ha quindi confermato già quanto stabilito in Appello: i giudici hanno rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento anche delle spese legali della controparte che ammontano a 20mila euro. A distanza di sette anni dovrà pagare una sanzione di 20.923.989 euro per l'omessa dichiarazione di un patrimonio che vale invece 69.756.565 di euro. I giudici hanno anche rigettato la richiesta dell'uomo di rivedere il valore della sanzione.