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Notizie sull'inchiesta sul Covid a Bergamo

Perchè Giulio Gallera è indagato nell’inchiesta sul Covid a Bergamo

A tre anni dall’inizio delle indagini, ben 19 indagati sono finiti sotto la lente dell’inchiesta sulla gestione della prima ondata pandemica nella Bergamasca: tra di loro c’è anche l’ex assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera, accusato insieme all’ex direttore generale Luigi Cajazzo.
A cura di Francesca Del Boca
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Le accuse, a vario titolo, sono quelle di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto d'atti d'ufficio. A tre anni dall'inizio delle indagini, ben 19 indagati sono finiti sotto la lente dell‘inchiesta sulla gestione della prima ondata pandemica condotta dalla Procura di Bergamo: insieme all'ex premier Giuseppe Conte, all'ex ministro della Salute Roberto Speranza e al presidente della Lombardia (neo riconfermato) Attilio Fontana, c'è anche l'ex assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera. 

Ma cosa rischia oggi il braccio destro di Fontana nei primi mesi drammatici del contagio in Lombardia (fu sostituito in corsa da Letizia Moratti nel gennaio del 2021)?

Le accuse all'ex assessore al Welfare in Lombardia Giulio Gallera e all'ex direttore generale Luigi Cajazzo

Nello specifico, Gallera viene accusato – insieme agli altri indagati –  per aver omesso, nonostante la raccomandazione dell'Oms del 5 gennaio 2020, l'allerta di Oms e della Paho del 20 gennaio 2020 e dell'allerta Oms del 23 gennaio e di altri atti conseguenti, l'attuazione delle prescrizioni del piano regionale di preparazione e risposta per la pandemia. Con lui, anche l‘ex direttore generale del Welfare in Regione Luigi Cajazzo.

Dalle carte dell'inchiesta, i responsabili del Welfare lombardo sarebbero colpevoli di non aver adottato le giuste "azioni per garantire trattamento e assistenza": in particolare, non censendo e monitorando i posti letto nell'U.O. di Malattie infettive, non aggiornandoli secondo quanto previsto dal piano pandemico regionale (risalente al 2 ottobre del 2006), e non implementando il monitoraggio continuo delle risorse essenziali come attrezzature mediche, farmaci, risorse umane, posti letto e così via.

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Inoltre, sono accusati di non aver adottato le dovute azioni di sanità pubblica (ad esempio non aver verificato la dotazione di guanti, mascherine, soprascarpe, tute) e le azioni per garantire l'adeguata formazione del personale sanitario, nonostante la Regione abbia potere di "avviare la formazione degli operatori sanitari sulla pandemia anche in fase interpandemica", e di implementare "le procedure per la prevenzione e il controllo della trasmissione delle infezioni in ambito ospedaliero".

Così facendo, dalle parole dei pm dell'inchiesta di Bergamo, "cagionavano la diffusione del virus Sars Cov 2, determinandone la diffusione incontrollata, con l'aggravante di aver cagionato la morte di più persone".

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