Quali reati avrebbero commesso le psicologhe del carcere per favorire Alessia Pifferi: la spiegazione dell’esperto
Nella giornata di oggi, mercoledì 24 gennaio, è stata diffusa la notizia che due psicologhe del carcere di San Vittore a Milano, Paola Guerzoni e Letizia Marazzi, sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico. Le accuse riguardano la relazione redatta, utilizzando un test del quoziente intellettivo, su Alessia Pifferi. La donna è accusata di omicidio pluriaggravato perché avrebbe lasciato morire di stenti la figlia Diana.
L'avrebbe infatti abbandonata a casa per sei giorni. È accusata di falso ideologico anche l'avvocata della difesa Alessia Pontenani.
"L'aspetto più importante è capire se, per la diffusione di questi documenti o risultati, ci sia stata l'autorizzazione del giudice o del pubblico ministero. Ogni detenuto in custodia cautelare non può diffondere all'esterno documenti simili senza il consenso del giudice", spiega a Fanpage.it lo psicologo Vito Michele Cornacchia, che lavora dal 1996 nel carcere di Lucca e ha lavorato in diversi istituti penitenziari di Italia.
"Se i risultati di quei test sono stati consegnati al legale di fiducia senza il consenso del giudice o del pm hanno commesso un reato", precisa.
A lasciare dubbi e perplessità è anche la tipologia degli esami somministrati alla donna: "Le due psicologhe lavorano come consulenti del ministero della Giustizia perché sono state nominate in base a quanto disciplinato dalla legge 354/75 ex articolo 80. Questa dispone che gli psicologi e criminologi si possono convenzionare con il carcere. Vengono poi nominati dal provveditorato di riferimento".
Sulla base di quanto previsto da questa legge, coloro che vengono nominati devono svolgere una funzione di osservazione e trattamento: "Queste attività – spiega – si dividono in due parti: quando il detenuto entra, si fa la prima osservazione che è conosciuta come colloquio nuovi giunti dove, insieme a quanto osservato dal medico, dallo psichiatra e dall'educatore c'è un quadro di riferimento per capire se si tratti di un tossicodipendente, un paziente psichiatrico o con problemi di relazioni con altri. Serve per capire dove collocarlo".
Questa osservazione viene effettuata nei primi giorni. Quando il detenuto riceve una condanna definitiva "si inizia un percorso necessario a stendere una relazione e ipotizzare un piano di trattamento o di una misura alternativa, di un permesso o anche per un inserimento in un percorso lavorativo".
"Se nella fase iniziale non è risultato nulla, vuol dire che non c'è alcun problema. Questa è una prassi che si esegue nelle prime 48 ore. A distanza di un anno, che senso ha fare questo test? Se nel carcere si riscontra una problematica seria lo si segnala al giudice o al pm, dicendo che c'è una situazione grave, si fa però all'inizio non dopo un anno", aggiunge Cornacchia.
Gli esami che sono stati somministrati, inoltre, sono test proiettivi.
"I test si dividono in questionari, self report, proiettivi o neuropsicologici. Questi ultimi vanno a valutare funzioni particolari che riguardano i processi cognitivi. Da qui vengono fuori una serie di elementi sul funzionamento intellettivo, tra cui anche il quoziente intellettivo. È un test a carattere neuropsicologico. Ci sono test proiettivi come il TaT (Thematic apperception test) e il test delle macchie di Rorschach".
Entrambi servono per valutare la personalità, ma non sono specifici per il funzionamento intellettivo: "Il Rorschach si usa con malattia psichiatriche, ritardi dell'apprendimento o per uno svantaggio socio-culturale e di appartenenza. È un test inoltre per cui bisogna essere altamente specializzati, non a caso c'è una scuola specifica a Roma che dura 4 anni".
Lo psicologo si domanda: "Loro erano specializzate a somministrare questi test che necessitano di una preparazione di anni?".
Inoltre anche se il risultato del Rorschach dà informazioni "non è che dà un quadro fisso. Bisogna infatti confrontarsi con un test neuro psicosociale con altri elementi come il colloquio, la storia clinica, un comportamento attuale della persona. Potrebbe anche esserci un tentativo di fagocitazione o manipolazione", conclude l'esperto.