Processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, oggi l’altra donna di Impagnatiello testimonia dietro un paravento
Nella giornata di oggi, giovedì 7 marzo, si svolgerà la terza udienza dibattimentale del processo che vede Alessandro Impagnatiello accusato dell'omicidio della compagna, nonché futura madre di suo figlio, Giulia Tramontano. Quella di oggi è un'udienza fondamentale anche in un procedimento penale i cui contorni sembrano ormai già scritti. Non ci sono dubbi, infatti, sul fatto che sia stato l'ex barman ad aver ucciso la ragazza, al settimo mese di gravidanza. L'unico punto su cui, eventualmente, ancora si potrebbe discutere è se ci sia stata o meno la premeditazione del delitto. E per questo la testimonianza dell'altra donna di Impagnatiello potrebbe essere decisiva.
Oggi compare, infatti, davanti alla Corte d'Assise di Milano, riunita nella grande aula della Corte d'Assise d'Appello perché quella a loro solitamente assegnata non era sufficiente per ospitare tutti i giornalisti presenti, la ragazza che, apparentemente inconsapevole dell'esistenza di una compagna ufficiale, ha avuto una relazione sentimentale con Impagnatiello. A.C., 23 anni, collega dell'assassino nel bar di Armani in cento a Milano, è italo-inglese. Solo questo, giustamente, si sa della sua identità. E nulla di più, altrettanto giustamente, si scoprirà oggi: la sua figura e il suo volto saranno infatti celati da un paravento.
Molto di più, invece, si sa del suo ruolo in questa assurda vicenda. E no, non è il ruolo che tipicamente si assegna alle amanti nei romanzi noir. Innanzitutto pare (e oggi ne avremo la conferma) che la 23enne inizialmente non fosse consapevole che Impagnatiello avesse già un'altra relazione, lo avrebbe scoperto poi. E lui, stando all'attuale ricostruzione, le avrebbe raccontato non poche bugie. Fino a quando, poche ore prima che Giulia Tramontano venisse assassinata con 37 coltellate, le due donne non si sono incontrate e, forse, raccontate quelle verità che l'uomo non aveva mai raccontato a nessuna delle due.
Ma soprattutto pare che A.C., anche lei rimasta incinta di Impagnatiello anche se decise di abortire, sia stata la prima a insospettirsi dei comportamenti di quello che in qualche modo era stato il suo compagno. Non solo non lo fece entrare in casa quando lui, dopo aver massacrato di coltellate Giulia e il piccolo Thiago ancora nella sua pancia, andò da lei per dirle "adesso sono libero", inventando un'ennesima bugia. Accettò di parlarci solo attraverso una grata perché non si fidava, perché aveva paura. Ma addirittura invitò Giulia a fermarsi a dormire da lei e poi provò a chiedere più volte a Impagnatiello, che continuava a chiamarla, di farle vedere Giulia in casa che – secondo il racconto dell'uomo – stava dormendo, ma in realtà era già morto.
Ed è stata ancora lei a fotografare un paio di guanti di latticini che spuntavano dallo zaino di Impagnatiello quando, all'indomani dell'assassinio, si è presentato al lavoro come se nulla fosse. E anzi continuò a scrivere alla compagna per provare a depistare. Tutti elementi che furono molto utili ai carabinieri per incastrare l'assassino. E la speranza è che anche oggi la sua testimonianza possa essere utile a fugare ogni dubbi sul fatto che l'assassino abbia premeditato l'omicidio.