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Omicidio di Giulia Tramontano

Omicidio Tramontano, Impagnatiello dopo i colloqui con gli psichiatri avrebbe chiesto di poter studiare psicologia

“È sempre stato lucido, ha connotazioni caratteriali ma non sono tali da avere una influenza nell’ambito di un procedimento penale”: lo ha precisato l’avvocato della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti, prima del via della nuova udienza che vede come imputato Alessandro Impagnatiello.
A cura di Giorgia Venturini
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Alessandro Impagnatiello (foto da LaPresse) e Giulia Tramontano (foto da Facebook)
Alessandro Impagnatiello (foto da LaPresse) e Giulia Tramontano (foto da Facebook)
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Oggi 21 ottobre è iniziata una nuova udienza per Alessandro Impagnatiello, in carcere con l'accusa di aver ucciso con 37 coltellate la compagna Giulia Tramontano incinta di sette mesi. In aula la difesa e l'accusa commenteranno la perizia psichiatrica depositata nei giorni scorsi dai consulenti della Corte d'Assise: ovvero che l'imputato era capace di intendere e volere al momento dell'omicidio. Prima dell'inizio dell'udienza l'avvocato della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti ha commentato così quanto sostenuto dai medici: "Alessandro Impagnatiello era capace di intendere e di volere questo lo dicevano le carte e la consulenza di parte. Poi i consulenti della Corte lo hanno confermato: è sempre stato lucido, ha connotazioni caratteriali ma non sono tali da avere una influenza nell'ambito di un procedimento penale".

Impagnatiello pochi giorni dell'arresto ha confessato il delitto raccontando la sua versione dei fatti. Ovvero di aver litigato con la compagna dopo che lei aveva scoperto dell'esistenza di un'altra donna, una collega di lavoro del bar con cui la stessa Giulia aveva appena avuto un incontro chiarificatore. Secondo il barman, i due hanno discusso "con toni normali" e poi, mentre Alessandro mangiava una piadina, Giulia ha iniziato a ferirsi con un grosso coltello da cucina. Da lì, la situazione sarebbe degenerata. "Arrivato vicino a lei, per non farla soffrire le ho inferto anche io tre o quattro colpi all'altezza del collo", ha raccontato ai carabinieri. Ma i medici legali hanno poi smentito che Giulia Tramontano si sia inferta i tagli con il coltello: è stata accoltellata 37 volte poi l'imputato avrebbe provato a darle fuoco per due volte, una nella vasca da bagno e una in garage.

Cosa hanno detto i medici durante l'udienza

Il processo della mattina del 21 ottobre è iniziato con l'interrogazione nei confronti dei consulenti della Corte. "Abbiamo contestualizzato – spiega il medico legale Gabriele Rocca – tutto il percorso esistenziale dell’imputato, evidenziando assenza disturbo di personalità ma tratti dello stesso. Il disturbo dipendente di personalità (ddp) è un elemento perdurante, non che si attiva solo in determinati frangenti".

Poi lo psichiatra forense Pietro Ciliberti aggiunge: "Oltre a questi tre colloqui e alla cartella della casa circondariale, i test: soltanto se ci fossimo trovati davanti a un grave disturbo dipendente di personalità saremmo giunti a conclusioni diverse. I colleghi, ovvero i consulenti della difesa, avevano individuato tanti, forse troppi, disturbi (paranoide, narcisista, ossessivo-compulsivo), occorre eventualmente fare una scelta. Se i disturbi sono troppi, questo inficia la valutazione. Poi non possiamo parlare solo di disturbo dipendente di personalità, ma (per l’incapacità di intendere e di volere) dovremmo parlare di grave ddp, che si traduce nella vita di una persona con aspetti disfunzionali pervasivi". E ancora: "Nelle relazioni che abbiamo avuto modo di vedere c’erano troppi ddp, si può avere anche disturbi gravi associati, ma non è possibile averne così tanti".

Interviene Rocca: "Tra tratto e disturbo l’elemento cardine è la pervasività. Per esempio in un ddp paranoide il soggetto percepisce il mondo in senso ostile, ma non in un singolo momento per un fatto specifico, vive la sua vita in questo modo in ogni ambito, per cui è difficile immaginare una persona con ddp paranoide che fa il barman, che riesce a stare a contatto con molte persone. Questo è incompatibile con la vita sociale e affettiva dell’imputato. Anche la doppia relazione sarebbe stata impossibile per chi vive nel sospetto". Il medico legale continua a spiegare: "Per quanto riguarda ddp ossessivo, ci sarebbe stata una rigidità non riscontrata. Si riscontrano invece nell’imputato tratti di manipolatività. Vuoto cronico, intollerabilità dell’abbandono vissuto anche in senso fantastico, caratteristiche del ddp borderline non riscontrate in Impagnatiello".

Il disturbo narcisistico riconosciuto in Alessandro Impagnatiello

Il medico legale si sofferma sul disturbo narcisistico: "Non possiamo partire dal reato e dire: una cosa così la può fare solo una persona disturbata, altrimenti entriamo in un circolo vizioso. L’essere umano può fare cose drammatiche, indipendentemente dal suo stato mentale. Con ddp narcisistico vero e proprio l’individuo arriva anche a essere isolato perché ha comportamenti anti-empatici. Impagnatiello, pur avendone dei tratti, era inserito in un contesto. Non c’è un disturbo psicopatico perché Impagnatiello non era mal visto prima del reato. I tratti ci sono si, perché ci sono aspetti di Impagnatiello che richiamano questi disturbi, ma senza diventare – nel corso della sua vita precedente al delitto – per lui invalidanti".

Il pubblico ministero ai medici ha chiesto di soffermarsi sul concetto di manipolazione e di controllo che aveva Impagnatiello. Risponde lo psichiatra forense Ciliberti: "Nei colloqui si è espressa in modo fedele la sua visione del mondo nella relazione. In vari punti durante le narrazioni e i riferimenti all’evoluzione delle relazioni affettive, il costrutto del controllo e della bugia, così come della vanità, emergono in modo molto forte". E ancora: "Controllo è uno degli aspetti presenti in persone con tratti di psicopatia, pur con l’emotività scarsa riscontrata, c’è comunque una risonanza emotiva, le emozioni sono lette in chiave del proprio beneficio. La distinzione è che persona psicopatica sa leggere le emozioni degli altri ma in funzione dei suoi bisogni, appunto controllando le emozioni dell’altro. Altra parola emersa nei colloqui è maschera, una modalità lineare per mantenere una gestione dell’altro".

Il pubblico ministero ha chiesto ai test di spiegare la frase del colloquio: "Avevo due pedine sulla scacchiera, Giulia Tramontano e l'altra donna, e non sapevo che mossa fare". Ciliberti risponde così: "Il perseguimento del fine, in un individuo come l’imputato, è molto forte, e si sposa con il controllo sull’altro. Ma persone affette da gravi psicopatie sono invisibili, sfuggono, a differenza di Impagnatiello".

Alessandro Impagnatiello vuole studiare psicologia in carcere

In aula la pubblico ministero precisa che dopo aver fatto colloqui con psichiatri l’imputato ha detto di voler studiare psicologia. Lo psichiatra forense precisa: "Si tratta di un caso molto comune, ma torno a sottolineare importanza delle parole. Tra quelle usate anche la parola “vanto” (in riferimento all'altra donna, desiderata dagli altri colleghi, ma anche a Giulia e al contesto familiare con lei creato). Si tratta comunque di tratti, molto lontani da qualcosa che possa determinare l’infermità mentale".

L'imputato ha provato una "rabbia fredda" che ha portato all'omicidio

La pm Alessia Menegazzo ribadisce che "nella perizia si parla di frustrazione che diventa rabbia. E compare anche nell’esame della difesa, ma l’imputato ha sempre negato di aver provato rabbia, almeno a livello conscio". Come sia possibile? Pietro Ciliberti spiega che bisogna più parlare di "una ‘rabbia fredda', quella che ha portato al tragico atto finale. Una rabbia legata al controllo e alla perdita dello stesso, che genera senso di sconfitta nel periziando". Riassumendo: "Noi abbiamo riscontrato rabbia fredda negli ultimi momenti, di come sia emersa improvvisamente nello stadio finale". Interviene poi Rocca: "Noi abbiamo parlato di emotività distruttiva, che può essere rabbia, ma anche frustrazione: se io non ritengo di voler condividere una gravidanza ci sono tanti modi per evitarlo, oltre a quello di avvelenare o uccidere. Emerge un quadro di costante esigenza di mantenere il controllo su tutto, l’emotività distruttiva è questa".

A questo punto si introduce il concetto di alessitimia, ovvero il disturbo dell'elaborazione degli affetti. Rocca sostiene che "è l’incapacità del soggetto di rappresentare cosa prova, spiegare la risonanza emotiva dei propri vissuti. Questo l’abbiamo riscontrato nell’imputato, ma è da collegare ai suoi tratti narcisistici: non sa mettersi nei panni del prossimo e spiegare i suoi. Si tratta di una freddezza emotiva". Disturbo riconosciuto anche dopo l'omicidio: "Noi abbiamo riscontrato la sua difficoltà nel percepire rimorso e sensi di colpa, così come sentimenti afferibili alla pietà". Tenendo a precisare però che  "siamo sempre nell’ambito della scarsa risonanza emotiva, non della patologia".

"Far sparire una persona è come buttare una caramella"

La pm chiede spiegazioni sulla frase che l'imputato ha detto durante i colloqui: "Come se far sparire una persona sia come buttare una caramella". Come viene spiegato? Interviene Gabriele Rocca: "Il periziando ha vissuto esperienze che descrive come shock ma non vive effettivamente come tali, riuscendo quindi a superarli. Pensiamo per esempio all’interruzione della gravidanza dell’amante, per arrivare alla tragica morte della compagna".

Il baby shower dopo aver avvelenato Giulia Tramontano

"Gravidanza di Giulia vista come ostacolo professionale, le ricerche sul web su come avvelenare Giulia e il suo bambino, poi però il baby shower. Come spieghiamo questo parallelo contrastante?", chiede la pm. Ciliberti risponde così: "Quello a cui abbiamo assistito è stata la millanteria finalizzata alla menzogna, ovvero ingredienti tipici di una persona con un forte bisogno di sentirsi valorizzata. La sua diventa spesso una ‘non realtà' intesa come commedia, dove si raccontano situazioni successivamente smentite: confessione relazione poi sconfessione della stessa. Questi non sono sintomi, ma caratteristiche della sua personalità, caratterizzata da un baricentro morale compromesso".

In collaborazione con Chiara Daffini 

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