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Omicidio di Giulia Tramontano

Processo Impagnatiello, il racconto dell’altra donna in aula: “Mi disse che Giulia minacciava di farsi male”

“Mi aveva detto che lei era rimasta incinta ed era sola e aveva minacciato di farsi del male”: l’altra donna di Alessandro Impagnatiello in tribunale racconta le bugie che l’imputato le ha raccontato su Giulia Tramontano.
A cura di Giorgia Venturini
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Nella terza udienza del processo che vede imputato Alessandro Impagnatiello, accusato di aver ucciso la compagna Giulia Tramontano al settimo mese di gravidanza, sul banco dei testimoni è salita la donna, A. C., con cui l'uomo aveva una relazione parallela. La donna aveva incontrato poche ore prima l'omicidio Giulia: si erano parlate, si erano salutate con un abbraccio. Qualche ora dopo Giulia è morta accoltellata dal compagnano. Anche per questa udienza di oggi giovedì 7 marzo l'imputato si è presentato in Tribunale e sta ascoltando la deposizione della donna.

"Ho lavorato – racconta A. C. – presso Armani hotel da giugno 2022 a maggio 2023, qui ho conosciuto Impagnatiello. Come collega e poi ci siamo conosciuti meglio e abbiamo iniziato la frequentazione. Lui lavorava al bar restaurant e io come cameriera. Non si è comportato sempre correttamente al lavoro: rubava oggetti e soldi, cosa che è accaduta più di una volta. Abbiamo iniziato a frequentarci di più verso settembre 2022. Ci vedevamo soprattutto a casa mia".

La donna aveva sempre precisato di sapere di Giulia ma che allo stesso tempo Impagnatiello le diceva che tra loro era finita: "Ho iniziato a frequentare la casa di lui quando mi diceva di raggiungerlo. All’inizio sapevo che c’era ancora Giulia ma da dicembre mi aveva spiegato che non vivevano più insieme perché si erano lasciati". Poi la donna precisa: "Quando l’ho conosciuto ero consapevole che fosse fidanzato, poi mi ha detto che si erano lasciati perché lui non voleva più stare con lei".

E ancora: "Solo la prima volta che sono andata a casa sua c’erano tracce di Giulia: c'erano foto e i suoi oggetti. Ho capito che Giulia c’era ancora quando erano andati in vacanza a Ibiza. Mi aveva detto che era andato da solo e invece dalle foto sul suo telefono ho visto loro due insieme in spiaggia".

"Lui ha visto che me ne ero accorta e mi ha subito spiegato che era lì con lei perché era incinta ma lui non era il padre del bambino. Mi ha detto anche che lei stava male per la situazione e lui la voleva aiutare standole vicino. In più la vacanza programmata da tempo". La donna ha ammesso che all'inizio non ci ha creduto, era convinta che il figlio fosse di Impagnatiello "ma poi lui si era presentato con il test di dna che dimostrava il contrario, così poi gli ho creduto".

Allora Impagnatiello aveva iniziato a raccontarle sempre più bugie: "Mi aveva detto che lei era rimasta incinta ed era sola e aveva minacciato di farsi del male".

La storia parallela tra A. C. e l'imputato andava così avanti: "Era marzo-aprile 2023, avevo sempre qualche sospetto. Mi diceva che Giulia non viveva più a casa sua e che veniva solo a volte per prendersi le sue cose. Ci credevo, anche perché le volte successivo che andavo a casa sua non c'era più nulla di Giulia".

Poi ad A. C. erano tornati i sospetti: "Quando sono andata a Lisbona a inizio maggio lui mi ha prestato il suo tablet, io ho visto cronologia delle ricerche. Mi sono accorta che ha cercato come creare test del dna falso. Ho capito così che lui ne aveva confezionato uno falso, inviandoselo poi via mail per stamparlo. All’inizio mi sono presa un po’ di tempo per riflettere e raccogliere tutte le prove, non volevo agire subito anche perché già mi aveva mentito una volta, temevo l’avrebbe fatto ancora".

Così la donna ha spiegato di aver agito in questo modo: "Nella macchina di Impagnatiello avevo lasciato un rossetto, che poi Giulia ha trovato. Volevo farle capire da sola, senza mettermi in mezzo, quello che stava succedendo".

Davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano la testimone dell'accusa continua a raccontare cosa le diceva il ragazzo, varie versioni e bugie. Tutte concentrate a far passare Giulia come la "pazza" della situazione: "Secondo quanto mi diceva lui, Giulia era autolesionista e bipolare. Lei pensava che il figlio fosse di Alessandro, ma così non era. Mi aveva raccontato che quando si erano lasciati Giulia era tornata a Napoli: qui aveva avuto una sera un rapporto casuale ed era rimasta incinta, aveva deciso di tenere il bambino".

E ancora: "Mi ripeteva che Giulia era mentalmente instabile e aveva minacciato di volersi uccidere. Mi aveva anche detto di aver contattato la sorella di Giulia, la quale aveva confermato che non stava bene e voleva uccidersi".

Infine A. C. spiega che pochi giorni prima l'omicidio lei e Impagnatiello erano andati fuori a cena per festeggiare il suo compleanno: "Io a quel punto sapevo già tutto e volevo capire fino a che punto sarebbe arrivato e Alessandro. In quel frangente mi aveva detto che ero la donna della sua vita e voleva un futuro con me".

A. C. davanti ai giudici ha raccontato anche dell'incontro con Giulia poche ore prima dell'omicidio: "Mi ha detto che da mesi anche lei aveva dubbi. La sera della cena del mio compleanno lui aveva detto alla compagna di essere stato a una grigliata da un amico in un’altra regione". Durante la chiacchierata tra le due donne, A. C. si era accorta che Giulia sapeva già un po' di cose: "Era comunque sconvolta e io le ho proposto, se non voleva dormire quella sera in casa con lui, di stare da me". Durante l'udienza sono stati ascoltati anche gli audio che le due ragazze si sono scambiate. A. C. ha chiesto di uscire dall'aula perché non se la sentiva di riascoltarli. Giulia ad A. C. nelle loro conversazioni aveva confessato che lei se ne sarebbe andata dalla casa in cui vivevano e che Impagnatiello non avrebbe mai visto il loro bambino. "Mentre parlavamo Giulia mi aveva raccontato i comportamenti di lui a casa, dicendomi che era molto autoritario. Mi ha detto che non era felice, che aveva passato mesi da sola quando lui avrebbe dovuto essere presente".

In aula sono stati proiettati anche i messaggi che si erano scambiati le due ragazze. A. C. a Giulia ha scritto: "Ti prego, salvati appena puoi. Proteggi te e tuo figlio. Se avessi scelto di tenere il mio bambino sarei nella stessa situazione tua adesso. Lui avrebbe avuto due donne diverse nello stesso periodo: io da una parte il mio bambino lo volevo tenere e ogni giorno ci soffro ancora per l’aborto, per quello adesso voglio e devo salvare te e il tuo".

La sera del 27 maggio Alessandro Impagnatiello ha ucciso a coltellate Giulia Tramontano e ha tentato di dare fuoco al corpo: "Qualche giorno prima del 27 ho detto ad Alessandro che sapevo tutto ed era finita. Lui ha iniziato ad agitarsi", ha continuato a raccontare A. C. "Una sera in cui avevamo litigato lui come minaccia mi ha detto: ‘Chiama Giulia se non ci credi‘. L’ho chiamata il giorno dopo, le ho spiegato chi sono. Le ho detto di essere stata incinta anche io di Impagnatiello e di aver abortito. Le ho detto che quindi potevo essere io al suo posto e in quel caso avrei voluto sapere tutto. Lei mi ha ringraziata e mi ha chiesto di vederci. Mi ha detto di non dire niente a lui ma lui ha scoperto che ci eravamo sentite e si è arrabbiato".

La donna racconta così la sera dell'omicidio del 27 maggio: "Verso le 22-23 ho chiamato Alessandro e lui mi ha detto che Giulia stava dormendo: gli ho chiesto di farmela vedere e mi ha detto che era da un’amica. Con il cellulare mi ha fatto vedere la casa vuota. Solo il salotto e la camera, ma non il bagno". Come sostenuto dalle indagini a quell'ora Impagnatiello ha tenuto il corpo di Giulia prima nella vasca da bagno e poi in garage: in entrambi i posti ha cercato di dare fuoco al cadavere.

"Quella sera mi ha chiesto di vederci ma io gli ho detto che non l’avrei più rivisto se non in presenza di Giulia. Lui voleva vedermi a tutti i costi e continuava a tempestarmi di chiamate, voleva venire sotto casa o aspettarmi dopo il lavoro. Un mio collega, anche lui preoccupato, quella sera mi ha accompagnata a casa. Lui mi stava aspettando alla fermata del tram: così ho preso una via laterale e sono riuscita a salire in casa. Dopo tanto che suonava il citofono gli ho aperto il portone, ma abbiamo parlato dalle sbarre della finestra per essere al sicuro. Era più o meno l’una, lui era molto agitata. Continuava a ripetermi che Giulia era bipolare. Poi lui se ne era andato".

Il giorno dopo l'omicidio A. C. ha iniziato ad avere sospetti: al lavoro nello zaino di Impagnatiello uscivano dei guanti di lattice: "Ho deciso di contattare la sorella di Giulia, Chiara. Anche lei mi ha confermato che non avevano più notizie di Giulia e mi aveva chiesto di andare dai carabinieri, cosa che ho fatto. Sospettando che avessi sentito la sorella di Giulia, Impagnatiello mi ha contattata e mi ha detto di stare attenta e non parlare troppo perché altrimenti gli altri avrebbero pensato male".

Articolo in aggiornamento. Ha collaborato Chiara Daffini

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