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Coronavirus, primario dell’Humanitas: “Anche molti giovani nelle terapie intensive”

Nel reparto di terapia intensiva dell’Humanitas di Rozzano anche una piccola percentuale di giovani. A dirlo è Maurizio Cecconi, direttore del Dipartimento Anestesia e Terapie Intensive di Humanitas e presidente della Società europea delle Terapie Intensive: “Quando arrivano così tanti malati insieme, anche i giovani in una piccola percentuale, ma con un numero che diventa grande in una pandemia, possono finire in terapia intensiva”, il commento agli ultimi dati sulla diffusione del Coronavirus in Lombardia.
A cura di Chiara Ammendola
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Un reparto di terapia intensiva (foto di repertorio)
Un reparto di terapia intensiva (foto di repertorio)
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Anche giovani nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Humanitas di Rozzano nel Milanese. A confermarlo è Maurizio Cecconi, direttore del Dipartimento Anestesia e Terapie Intensive di Humanitas e presidente della Società europea delle Terapie Intensive, che ha spiegato come in questa seconda ondata il numero dei ricoveri in ospedale stia piano crescendo di riflesso a una crescita dei contagi: "Quando arrivano così tanti malati insieme, anche i giovani in una piccola percentuale, ma con un numero che diventa grande in una pandemia, possono finire in terapia intensiva – ha spiegato – infatti abbiamo molti giovani in questo momento nelle terapie intensive".

In Lombardia la metà dei pazienti ricoverati ha meno di 65 anni

Secondo quanto spiegato dal primario a Fanpage.it durante la prima ondata in Lombardia la metà dei pazienti ricoverati in terapia intensiva aveva meno di 63 anni, l'altra metà ne aveva di più. Durante questa seconda ondata invece l'età si è leggermente alzata: "Almeno metà dei pazienti ha meno di 65 anni – spiega – dunque non parliamo di bambini ma nemmeno di anziani. La mortalità però resta concentrata su età avanzate e comorbidità".

La mortalità concentrata sulle fasce più deboli

"Dobbiamo prendere atto di una seconda ondata che ha contagiato molte persone, quindi probabilmente non siamo stati in grado di proteggere dal contagio le fasce più vulnerabili, come gli anziani", ha continuato Cecconi che ha poi specificato come la mortalità dei pazienti positivi al Covid sia concentrata sulle fasce più deboli, per lo più anziani e pazienti con comorbidità. "Bisogna prendere però i dati con le pinze, perché con molti più contagi il sistema di tracciamento non ha retto, quindi potrebbero esserci molti più asintomatici che non stiamo conteggiando e la mortalità potrebbe variare anche per quello", ha poi concluso.

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