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Prima della Scala senza pubblico, l’arpista Luisa Prandina: “Una serata che non dimenticherò”

La Prima della Scala si terrà per la prima volta senza pubblico. In scena non ci sarà un’opera, ma l’inedito spettacolo “A riveder le stelle”, con i migliori cantanti lirici al mondo. Luisa Prandina, prima arpa dell’orchestra scaligera, ha raccontato a Fanpage.it come gli artisti del teatro più famoso al mondo hanno vissuto i mesi della pandemia, con il Coronavirus che è arrivato anche tra loro, e cosa si attendono dalla serata del 7 dicembre: “Con questo spettacolo vogliamo essere un simbolo di unione e rinascita”.
A cura di Simone Gorla
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Luisa Prandina, prima Arpa della Scala (Foto: Fanpage.it)
Luisa Prandina, prima Arpa della Scala (Foto: Fanpage.it)

"Suono alla Scala dal 1985, precisamente della prima del 7 dicembre 1985, la famosa prima con Pavarotti che cantò l'Aida. Avevo 17 anni, andavo ancora al liceo. È una serata che non dimenticherò mai, come non dimenticherò la prima di quest'anno. È un po' come chiudere un cerchio. Dopo tanti anni chi l'avrebbe mai detto che avrei fatto una prima così diversa". C'è tutta l'emozione di chi si prepara a vivere un'esperienza inedita nelle parole di Luisa Prandina, arpista dell'orchestra della Scala, intervistata da Fanpage.it a poche ore dalla messa in scena della Prima che, a causa del Coronavirus, sarà molto diversa dal solito.

Non ci sarà, infatti, la Lucia di Lammermoor che era in programma fino a poche settimane fa. Al posto dell'opera di Gaetano Donizetti, ecco lo spettacolo "A riveder le stelle". Un'esibizione senza precedenti nella storia, con 24 tra i migliori cantanti al mondo che eseguiranno le più celebri arie del repertorio italiano e internazionale, da Verdi a Bizet, da Puccini a Wagner. Tra gli artisti che saliranno sul palco, anche l'étoile Roberto Bolle. L'evento che sarà trasmesso in tv su Rai 1. Senza pubblico e con l'intera platea occupata dall'orchestra.

Cosa vi aspettate da questo spettacolo inedito, senza pubblico?

La diversità non è detto che sia una cosa brutta. Questa pandemia ci ha cambiati e questa prima, come tutte le cose, è cambiata, secondo me evolvendosi, per entrare ancora di più nelle case degli italiani. Negli anni normali l'orchestra provava per tre settimane per mettere in scena un'opera la sera del 7 dicembre. Abbiamo fatto per tanti anni Wagner, l'anno scorso Tosca, bellissima. L'orchestra stava dentro la “fossa”, sul palco c'erano la scenografica e i cantanti. E c'era il pubblico. La prima è sempre stata emozionante per questo. Veniva il Presidente della Repubblica, si suonava l'inno, era una serata molto mondana, un avvenimento storico. Quest'anno non è stato possibile.

Cosa cambierà rispetto a tutti gli altri anni?

Dovevamo fare Lucia di Lammermoor. Credo abbiano sperato fino all'ultimo di farlo. Il nostro teatro ha cercato di salvare tutto quello che si poteva salvare. Non era facile. Ci sono cento persone che suonano, il coro, i macchinisti, i tecnici. Siamo una fabbrica di mille persone e modulare i progetti in pochi giorni perché cambiano i contagi o i Dpcm è un miracolo. Ecco, in questo senso la prima di quest'anno è un miracolo.

Cosa è successo alla Scala nelle ultime settimane?

Noi abbiamo continuato a suonare fino alla fine di ottobre. Dopodiché purtroppo, in concomitanza con l'aumento dei casi a Milano, anche da noi ci sono stati contagi. Grazie al cielo senza conseguenze gravi. Da quando abbiamo ripreso a settembre facciamo i tamponi ogni settimana ed era emerso questo contagio importante nel coro e anche in orchestra. Ovviamente si è dovuto bloccare tutto. Nello stesso tempo c'è stato il nuovo coprifuoco e la chiusura al pubblico, che già era ridotto da mesi. Produrre l'opera senza pubblico sarebbe stato ancora più un sacrificio.

Luisa Prandina durante le prove alla Scala
Luisa Prandina durante le prove alla Scala

Voi orchestrali come avete vissuto queste settimane così inusuali?

Dieci giorni fa abbiamo saputo che si poteva fare questo spettacolo. È un lavoro incredibile. Abbiamo un sovrintendente preparatissimo (Dominique Meyer ndr), che ha preso servizio il 1 marzo con una situazione difficilissima. Ha avuto questa idea: ha chiamato i cantanti migliori del mondo, che si sono resi subito disponibili. In tutti questi mesi, anche nel primo lockdown, tutti i giorni abbiamo fatto il nostro esercizio. Ore di allenamento. Perché noi musicisti siamo come atleti. Appena abbiamo saputo il programma, che aspettavamo con curiosità, ci siamo rimessi a provare.

Cosa possono attendersi gli spettatori da questa prima?

È musica del nostro repertorio. Sono arie d'opera bellissime, le più belle. Per le persone che trovano impegnativo ascoltare un'opera intera per tre ore questa è un'occasione. Ascoltare le arie più belle delle opere migliori di Verdi, Puccini, Donizetti, tutto sommato questo spettacolo può essere più piacevole e interessante.

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È la rivincita della musica e della cultura dopo le chiusure imposte dalla pandemia?

Il silenzio della musica di questi mesi è triste. Ne abbiamo tutti bisogno, abbiamo tutti un'anima ferita, nessuno può dire che non sia cambiato qualcosa. Abbiamo bisogno di cura: sia fisica, grazie ai medici che sono sicuramente i nostri eroi, ma anche interiore. Abbiamo bisogno di empatia. Noi con questo spettacolo possiamo essere un simbolo di unione fisica, perché questo ci manca. Noi facciamo una cosa tutti insieme, coro e orchestra, anche se distanziati e con la mascherina, ma quando il direttore attacca siamo tutti uniti nella stessa cosa. È un po' quello che dovremmo fare tutti, perché quando si rinasce lo si fa tutti insieme.

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