Regionali 2023, Pisapia: “La Lombardia deve cambiare marcia dopo 30 anni di centrodestra”
“Una grande regione come la Lombardia deve totalmente cambiare marcia dopo trent’anni di governo di centrodestra”. A dirlo in un’intervista a Fanpage.it è Giuliano Pisapia, europarlamentare ed ex sindaco di Milano nonché uno dei nomi in lizza per la candidatura del centrosinistra alle elezioni regionali del 2023.
Tuttavia, lo stesso Pisapia chiarisce che adesso lui è “concentrato sul mio impegno al Parlamento europeo e nelle Commissioni di cui faccio parte”.
L’inflazione e l’aumento dei prezzi stanno incrementando le disparità sociali, soprattutto nelle grandi città italiane ed europee. Crede che la politica se ne stia occupando nel modo giusto?
Qualche passo in avanti c’è stato, ma certamente si potrebbe fare molto di più. L’Unione Europea, con programmi come Sure e Next Generation Ue, ha avviato un cammino che va nella direzione giusta.
La gestione della pandemia ha visto una risposta corale dell’Europa che ha fatto riscoprire, a molti, l’importanza di questa Unione. Ma le disparità sociali aumentano, la “forbice” sociale si sta inesorabilmente e drammaticamente allargando.
Quante persone e famiglie, con uno o anche due stipendi, non riescono più a vivere nelle nostre città e si sentono “espulse”? È un tema che riguarda e “unisce” tutte le città europee. In Italia al momento non vedo consapevolezza da parte del nuovo governo.
Non è una questione che si può risolvere solo con il supporto alle spese delle bollette, che pure è necessario. Il governo e i parlamentari di centrodestra hanno fatto molte promesse, ma adesso stanno capendo che un conto è la campagna elettorale, un conto è governare.
Si parla sempre dell’immigrazione in termini di accoglienza, ma la vera sfida è soprattutto l’integrazione e riguarda in particolare modo quelle zone, d’Italia e d’Europa, con la maggiore offerta lavorativa. Quale potrebbe essere un sistema realmente efficace?
Non voglio ripetere quanto ho più volte sostenuto: è uno scandalo che il Trattato di Dublino non sia ancora stato modificato.
Voglio ricordare che, nella scorsa legislatura, il Parlamento europeo aveva votato, con una ampia maggioranza, la richiesta di modifica cui il Consiglio non ha mai dato seguito per i veti e controveti dei governi sovranisti.
Alcune delle migliori prove di integrazione che ho in mente riguardano progettualità favorite anche dal privato sociale. Pensiamo solo alla necessità di ripopolare alcune aree interne disabitate del nostro Paese.
Tutti sappiamo della “fame” di lavoro che c’è nel nostro Paese e in Europa. Occorre si ripensare il mercato del lavoro, ma anche la legge Bossi-Fini per favorire un percorso di immigrazione legale.
Quante volte le associazioni di volontariato suppliscono a una mancanza del pubblico? Occorre fare un salto in avanti.
Il caso di Bilal, il minore di 14 anni autore di diversi furti e in continua fuga dalle comunità, ha riacceso in Italia i riflettori sugli stranieri minori non accompagnati. Cosa non funziona a livello locale ed europeo nella loro gestione?
Il caso di Bilal come di altri suoi coetanei mette in luce la necessità di un potenziamento delle strutture preposte all’accoglienza dei minori non accompagnati. Abbiamo strutture di eccellenza, ma non tutte sono all’altezza dei bisogni.
Ho letto il dialogo di Bilal con alcuni giornalisti e l’intervista a Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria e responsabile di una comunità di accoglienza. Mi hanno colpito le parole di quest’ultimo: "Il problema di fondo non è la musica trap o rap, come alcune istituzioni e/o alcuni politici affermano, ma il fatto che non esistano adulti in grado di ascoltare e comprendere il disagio giovanile”.
Ecco. Quanto siamo disposti ad ascoltare questi ragazzi? Quanto la vicenda di Bilal è dovuta anche al fatto che non ha trovato – ad oggi – una figura che lo ha realmente ascoltato e accolto?
Recentemente la Ong Intersos è riuscita a far arrivare in Italia dal Niger, con un visto di studio, un gruppo di minori non accompagnati. Ci sono riusciti dopo due anni di lavoro coinvolgendo – grazie anche a Unhcr- soggetti istituzionali di diversi Paesi.
Questo progetto denominato “pagella in tasca” è finora un unicum (non a caso è dedicato a quel bimbo che trovato morto in mare con la pagella cucita addosso). In nessun altro Paese al mondo è stato raggiunto questo risultato.
Neanche in Canada che ha, sui minori, la legislazione più avanzata. Sarebbe importante se si riuscisse a ripetere questa iniziativa anche a livello europeo.
Alcune misure a tutela dell’ambiente si possono rivelare rischiose dal punto di vista della disparità sociale. Come si può garantire uno sviluppo ecologico senza danneggiare le fasce più deboli?
È un tema fondamentale. Basti pensare alla conversione del parco auto. Sono molti i casi di chi vorrebbe cambiare auto ma non ha la disponibilità economica.
Servono servizi di trasporto pubblico più efficienti e aiuti per le conversioni ambientali. Una parte degli obiettivi del Pnrr sono legati al raggiungimento di obiettivi green.
Il parco abitativo italiano richiede una conversione che, se raggiunta, ci porterebbe a raggiungere quegli obiettivi.
Da avvocato prima ancora che da politico, è preoccupato che la cosiddetta norma anti-rave possa poi essere utilizzata anche per contrastare altre situazioni, magari manifestazioni di dissenso?
È una norma aberrante, animata da un panpenalismo che la gran parte degli operatori del diritto – magistrati, avvocati, professori universitari – ritengono deleterio e controproducente.
È una visione pericolosa e liberticida. Anche l’attuale governo ha capito, purtroppo troppo tardi, che il decreto-legge da loro emanato deve essere emendato. Come si è dimostrato, bastavano le norme esistenti per gestire il rave di Modena.
Proprio per questo la cosa migliore sarebbe ritirare il provvedimento anche perché potrebbe essere controproducente e in alcuni casi anche pericoloso.
L’urgenza non è quella di nuovi articoli del Codice penale, ma la celerità dei processi e il rispetto delle garanzie individuali e collettive.
La Lombardia è il motore economico dell’Italia ma per questo negli ultimi anni è anche diventata la regione con il maggiore divario sociale. Cosa ci vuole per garantire lo sviluppo economico e sociale contemporaneamente? Forse un Governatore come lei?
Adesso sono concentrato sul mio impegno al Parlamento europeo nelle Commissioni Affari Esteri e Affari Costituzionali di cui faccio parte.
Non vi è dubbio però che una grande regione come la Lombardia deve totalmente cambiare marcia dopo trent'anni di governo di centrodestra.