Pierfrancesco Maran (Pd): “Il futuro green non sono solo le auto elettriche, l’Europa punti su treni e metro”
Milanese doc e nella politica cittadina sin dai tempi del liceo, Pierfrancesco Maran ha deciso di candidarsi alle elezioni europee 2024 per il Pd nella Circoscrizione Nord-Ovest. In città ha ricoperto ruoli centrali come quello di assessore alla Mobilità e all'Ambiente nella giunta di Giuliano Pisapia, poi con Giuseppe Sala all'Urbanistica e ora alla Casa. "Milano in questi anni ha fatto passi da gigante e ora sta affrontando i problemi di tutte le più grandi città europee", ha dichiarato in un'intervista a Fanpage.it: "Abbiamo bisogno di nuovi alleati in Europa perché a Roma, anche a causa di questo governo, non ce ne sono".
Anni e anni di esperienza politica milanese vissuta con vari incarichi e a più livelli. Cosa l'ha convinta a candidarsi al Parlamento Europeo?
Credo che andare in Europa sia un'evoluzione dell'impegno che ho portato avanti negli ultimi 15 anni. Abbiamo lavorato per rendere Milano una città più europea e credo che i passi avanti siano stati rilevanti e riconosciuti da tutti. Oggi, però, le metropoli come la nostra abbiano nuove sfide che credo non possano più essere affrontate solo in scala locale. Dall'inquinamento, al costo della vita e delle case, ci troviamo di fronte a questioni che accomunano tutte le grandi città europee e che forse richiedono una strategia più vasta.
Non è possibile farlo a livello regionale, o nazionale?
Quando si parla di trasporti e di infrastrutture, penso non esista più quasi nulla che sia solo comunale, solo regionale, solo statale o solo europeo. Bisogna creare un'alleanza istituzionale che affronti al meglio questi temi. Indubbiamente servirà prima o poi trovare un'alleanza anche con la regione, una riscoperta del rapporto tra Milano e la Pianura Padana, così come sarebbe bello avere uno Stato più amico.
Penso, però, che il contributo che posso dare da Bruxelles dopo 13 anni di esperienza di giunta comunale sia cercare di fare in modo che il legame tra Milano e l'Europa, ma anche tra la Lombardia e l'Europa, diventi più stretto e le politiche più affini ai bisogni del nostro territorio.
Uno di questi bisogni è trovare una risposta al problema dell'innalzamento dei costi degli affitti e del prezzo delle case. Secondo lei l'Europa come potrebbe intervenire?
La questione delle case non è un problema solo milanese, ma di tutte le grandi città. È necessario che la Banca europea degli investimenti si concentri nel supportare le attività che realizzano case a prezzi accessibili a tutti, penso al mondo cooperativo o agli studenti, e poi bisogna aprire un rapporto a livello internazionali con multinazionali come AirBnb. Non solo queste piattaforme pagano un quantitativo di tasse risibili rispetto alle altre imprese del territorio, ma stanno anche trasfigurando in maniera eccessiva tutte le grandi città. Queste sono questioni che sono l'Europa, al fianco delle città, può affrontare.
Come si può contrastare lo sfruttamento degli affitti brevi?
Intanto noi stiamo pagando il fatto di non avere una normativa nazionale in merito. Poi da un lato credo che il primo tema da affrontare sia quello della tassazione, che comunque sta rendendo questa attività, che non è altro che intermediazione, troppo conveniente. Dall'altro, però, bisogna anche provare a ragionare sulle differenze tra case e alberghi.
Bisogna cercare di tornare alla missione originaria di AirBnb, che consentiva ai proprietari di casa di mettere temporaneamente in affitto una stanza del proprio appartamento. Oggi ci sono palazzi che vengono riconvertiti da fondi immobiliari per usarli solo per affitti brevi. Questa è una distinzione che andrebbe applicata a livello internazionale, cioè che l'ospitalità turistica sia per le persone fisiche e non per i soggetti giuridici.
Quanto è concreto ad oggi il rischio che Milano diventi una città vetrina, in grado di attirare turisti ma che costringe a chi ci vuole vivere a fare da pendolare?
Riavvolgiamo il nastro a 15 anni fa. Milano, a quel tempo, si sentiva una città provinciale alla ricerca di un'identità, che voleva entrare nello scenario delle città internazionali. Tutto questo è avvenuto perché si è creata una grande alleanza tra le parti sociali, con la politica e le università che hanno creato un decennio di successo. Oggi sono cambiati alcuni parametri su cui valutiamo la città, che intanto continua a crescere.
Il prossimo decennio non è più quello dell'attrattività, ma del consolidamento e dell'allargamento. È quello che stiamo tentando di fare lavorando sulle infrastrutture, cosa che ha permesso di chiamare ‘Milano' luoghi che fino a poco tempo fa ne erano fuori. Però bisogna lavorare anche sul consolidamento, appunto, perché chi è arrivato qua a 20 anni oggi magari, dopo 10 o 15 anni, fa fatica a costruirsi una prospettiva. Bisogna immaginare una città che ti aiuta e per questo servono case a prezzi accessibili, in particolare per le nuove famiglie, e abbiamo bisogno che ci sia una base finanziaria che sostenga questo tipo di trasformazione e che non si limiti a supportare ancora la crescita dei turisti.
C'è una città europea a cui si ispira questo disegno di una nuova Milano?
Se devo pensare a una città che ha risolto questi problemi, non mi viene in mente niente. Molti indicano Vienna come modello, ma è una città che da un secolo ha il 60 per centro degli abitanti che abitano in case pubbliche e quindi non è una strada percorribile da nessun altro. La cosa interessante è proprio che tutte le grandi città europee hanno lo stesso problema e stanno riflettendo su come provare a contrastarlo.
Questo significa anche cambiare alcuni paletti. Prendiamo il tema delle case popolari, di cui mi sono occupato negli ultimi anni. Noi nel tempo ne abbiamo ridotto drasticamente il numero e le abbiamo pensate solo per i più bisognosi, con il risultato che si sono create situazioni socialmente critiche e di scarsa manutenzione. Tante città stanno ripensando quel servizio affinché possa ampliarsi coinvolgendo giovani coppie, famiglie e lavoratori dei servizi pubblici. È anche la strada che ho impostato per Milano e che lascio in eredità a chi verrà dopo di me.
Ha già in mente il nome del suo possibile sostituto?
Intanto è necessario che migliaia di persone, tra Piemonte, Lombardia, Liguria e Valle d'Aosta, scrivano il mio nome sulla scheda. Dopodiché, come è giusto che sia, è il sindaco a dover definire le deleghe e sono certo che farà la scelta migliore. Oggi sono concentrato sulla condizione affinché sia necessario individuare un mio sostituto. È una bella competizione perché le liste non sono bloccate e si possono scegliere i propri rappresentanti.
Comunque lei alle ultime elezioni è stato il candidato che ha ricevuto più preferenze e ancora prima è stato per due volte il secondo.
Proprio per questo so che prendere le preferenze è difficile, è complicato. In questi ultimi giorni bisogna concentrarsi sul risultato. Nel caso, chiunque arrivi al posto mio spero sia una persona con cui collaborare per completare un progetto, al quale fare arrivare risorse da Bruxelles.
Come ha anticipato lei poco fa, un altro tema centrale è quello della mobilità. Milano negli ultimi anni sta facendo molto per ridurre l'inquinamento atmosferico, soprattutto dal punto di vista normativo, ma c'è chi sostiene che la città stia perdendo la sua vena più green. Si vedono sorgere nuovi palazzi che a volte portano a sacrifici di aree verdi. Come può una città come Milano crescere a livello internazionale e al contempo mantenere un'attenzione per l'ambiente?
In questi anni Milano ha fatto passi da gigante. Non si tratta solo di Area B e Area C, ma di un robusto piano di rigenerazione urbana e abbiamo una raccolta differenziata tra le più alte d'Europa. La questione della qualità dell'aria, però, non è affrontabile solo a livello comunale. L'aria non conosce confini e noi siamo al centro della Pianura Padana, che è una delle aree più inquinate d'Europa.
La prospettiva di Milano nei prossimi anni deve essere pensarsi oltre i confini cittadini. Non ha senso ridurre il traffico così tanto come si sta facendo a Milano, se poi i pendolari sono costretti a viaggiare su treni che fanno schifo e quindi preferiscono andare in auto. Non possiamo pi permetterci di lasciare che la Pianura Padana sia gestita in questo modo, perché poi le conseguenze ricadono su tutti.
Non ce l'ha prescritto il medico che i treni regionali debbano essere sempre in ritardo e fatiscenti, ma è la conseguenza precisa di investimenti infrastrutturali che hanno privilegiato le autostrade. In questo l'Europa c'entra ed è una questione di cui mi voglio occupare sin dal primo giorno. È indecente che la Banca europea degli investimenti supporti economicamente la ripresa dei cantieri dell'autostrada Pedemontana, anziché vincolare i contributi sulle infrastrutture alle linee ferroviarie Lombarde.
La mobilità del futuro è elettrica? L'Europa sarebbe pronta a questo cambio radicale?
Personalmente io non sono molto entusiasta della svolta elettrica. Se parliamo di politiche Green, credo che l'Europa debba occuparsi più di treni, metropolitane e infrastrutture, che significano più servizi per i cittadini e non solamente obblighi. Non affiderei mai a un'unica tecnologia la mobilità, avrei lasciato più aperto il ragionamento su quali emissioni richiedere alle auto e più libertà sul modo di raggiungerle.
Il puntare quasi tutto sull'elettrico temo possa bloccare lo sviluppo di altre tecnologie, a cominciare dall'idrogeno. A partire dal 2035 si potranno vendere solo auto elettriche, ma significa che ci saranno sistemi e auto di ogni tipo almeno fino al 2050.
Per quanto riguarda le infrastrutture, non sono preoccupato. L'auto elettrica del 2035 avrà modalità di ricarica diverse da quelle di oggi, non dimentichiamoci che mancano 11 anni. Non sono particolarmente entusiasta dell'elettrico, ma quelle che saranno sulle strade europee dal 2035 saranno molto più evolute di quelle in commercio oggi.
Quanto è concreta la possibilità di una metropolitana della Pianura Padana?
Confrontiamo Milano con Monaco di Baviera. Sono città simili, abbiamo lo stesso numero di passeggeri del trasporto pubblico, ma il sistema ferroviario trasporta un terzo dei pendolari di Monaco. Significa che gli altri vengono in macchina e questo è un dannato problema. Non lo si risolve dalla sera alla mattina, ma bisogona impostare una soluzione. Significa nuove infrastrutture e nuova tecnologia, nuovi treni e possibilmente una società ferroviaria migliore.
L'Europa può essere un partner per questo tipo di investimenti. Nessuno ha la bacchetta magica, ma da qualche parte bisogna pure iniziare. In pochi anni la metropolitana di Milano ha fatto passi da gigante e le prossime infrastrutture sono per le connessioni con i pendolari. Questa è la frontiera su cui dobbiamo lavorare creando un'alleanza istituzionale.
Quanto sono importanti le alleanze europee per Milano?
Oggi Milano sta affrontando le difficoltà delle grandi città europee, per questo ha bisogno di nuovi alleati. Trovarli a Roma è complicato, sia per il governo di destra sia perché sono città che non si sono mai capite a pieno. È più facile trovarne in Europa ed è importante che a Bruxelles ci sia qualcuno che Milano la conosce bene. Sono convinto di poter fare questo lavoro al meglio per tutta la comunità.
È d'accordo con chi sostiene che ci sia bisogno di un'Europa meno invadente nel sistema italiano?
Noi abbiamo bisogno di più Europa, di più Lombardia, di più Milano e di meno Italia. Gli Stati nazionali rischiano di essere un freno allo sviluppo perché sono troppo piccoli per la competizione globale e troppo distante per dare risposta alle questioni quotidiane. Il governo italiano dovrebbe fare un passo indietro su alcune posizioni.
Se vogliamo avere una politica estera, di difesa, di investimenti comuni, abbiamo bisogno che lo faccia l'Europa ed è anche il modo migliore per supportare un sistema produttivo come il nostro fatto di piccole e medie imprese. Ritengo che molti dei fondi europei debbano andare direttamente alle Regioni e alle Città Metropolitane, senza passare dallo Stato. Questo porta efficienza, taglio dei costi e maggiore capacità di mettere a terra i progetti in tempi rapidi.
C'è ancora chi sostiene che l'Europa sia troppo lontana e che si manifesti solo quando c'è da bacchettare il governo. Come si può cambiare questa visione negativa dell'Unione?
Qualche anno fa si parlava ancora dell'indipendenza della Padania e il referendum della Catalogna ha solo 7 anni. Non sappiamo quale sarà la prossima crisi ed è importante, quindi, che l'Europa sia presente e amica delle comunità locali. Servirebbe raccontare anche l'altra faccia dell'Unione: quando si vede un cantiere pubblico per strada, è bene sapere che gran parte di questi sono finanziati con fondi europei. Purtroppo sono cose che non emergono, perché tutti vogliono prendersi i meriti quando le cose vanno bene, ma quando vanno male lasciano le colpe agli altri.