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Perché un salario minimo per Milano può essere la soluzione per salvare la città

È stato proposto un salario minimo per la sola città di Milano. L’idea trova l’appoggio di diversi esperti, tra cui il professore di economia politica dell’Università Statale, Marco Leonardi che però spiega: “Senza una legge nazionale è impossibile realizzare una misura simile. Solo attraverso questa, è possibile costruire una differenziazione salariale in base al costo della vita”.
A cura di Ilaria Quattrone
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Il fondatore del movimento Adesso!, Tomaso Greco, ha proposto un salario minimo solo per la città di Milano. L'idea, che si ispira al modello londinese, ha trovato il sostegno del sindaco Beppe Sala che, da anni, sostiene una differenziazione salariale per i dipendenti meneghini. È però possibile realizzare un salario minimo per la sola città di Milano? A spiegarlo a Fanpage.it è il professore Marco Leonardi, docente di economia politica all'Università statale di Milano.

Cosa ne pensa di un salario minimo per la città di Milano? 

Credo che sia una misura giusta e che esiste già in altre città europee, come per esempio a Londra. Anche negli Stati Uniti ci sono modelli di salari minimi per città. In Italia però è necessario approvare una legge nazionale specifica sul tema. Senza questa, è impossibile pensare a un salario minimo per una singola città.

In passato, il sindaco di Milano Giuseppe Sala era finito al centro delle polemiche per una sua dichiarazione: sosteneva infatti che fosse sbagliato che un dipendente pubblico di Milano guadagnasse quanto un dipendente pubblico di Reggio Calabria considerato che il costo della vita è diverso. Cosa ne pensa? 

In quel caso, il sindaco Sala aveva ragione. Resta però un punto imprescindibile: senza una legge nazionale è impossibile realizzare una misura simile. Solo attraverso questa, è possibile costruire una differenziazione salariale in base al costo della vita. È diverso se, a scegliere salari diversi in base alle città, fosse la contrattazione collettiva. Quest'ultima, però, si è sempre rifiutata di fare differenziazioni regionali.

Alcuni però potrebbero contestare che un salario diverso per chi svolge una stessa mansione potrebbe essere una scelta discriminatoria. Cosa ne pensa? 

Credo che invece sia una misura utile. Per esempio, quando ricoprivo l'incarico di consigliere economico per il Governo, si era discussa una misura per pagare diversamente chi insegnava nelle aree più interne del Paese. L'idea era proprio quella di incentivare le persone ad accettare incarichi pubblici in realtà più isolate o meno collegate al resto del Paese. In questo modo, è possibile evitare che alcuni comuni restino senza figure essenziali o che, dopo poco, restino scoperti proprio perché le persone scelgono di trasferirsi altrove. Queste misure sono fondamentali per trovare un equilibrio.

Non è però un problema solo delle realtà interne: a Milano, per esempio, proprio l'Agenzia trasporti milanesi per trovare nuovi dipendenti aveva previsto incentivi: alloggi o pagare i corsi per la patente. Crede che però a lungo andare siano scelte sostenibili per le aziende o i Comuni stessi?

Non è capitato solo a Milano. Ci sono diversi Comuni di aree interne che, per esempio, pur di avere il medico di medicina generale forniscono gratuitamente spazi che possono essere adibiti a studi. Per quanto riguarda la sostenibilità, è sicuramente una scelta complessa. Sono però del parere che si potrebbe trovare una soluzione proprio grazie al fatto che è stato aperto un dibattito sul salario minimo. Questo infatti è strettamente legato al tema sulla differenziazione dei salari per città o regione che potrebbe incentivare le persone ad andare dove c'è bisogno.

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