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Perché sarà difficile far rientrare in Italia il 16enne abbandonato dal padre in Togo per “curarsi” perché gay

L’intervista di Fanpage.it al prof Antonio Marchesi sul caso del ragazzo, studente in un liceo scientifico di Milano, abbandonato in Togo dal padre “per curarlo” dopo il suo coming out.
Intervista a Prof. Antonio Marchesi
Professore di Diritto internazionale e Protezione internazionale dei diritti umani ed ex presidente di Amnesty International
A cura di Francesca Del Boca
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Foto di repertorio
Foto di repertorio

Un padre indagato per maltrattamenti dalla Procura di Milano, un figlio di 16 anni spedito dal genitore nel Paese d'origine in Africa allo scopo di "curarsi" dopo il recente coming out. Al giovane, studente in un liceo scientifico milanese nato in Togo, è stato sottratto il passaporto e non può più fare ritorno in Italia. Cosa può succedere adesso? "La questione è parecchio complicata. Innanzitutto, a fare la differenza è la cittadinanza del ragazzo", spiega a Fanpage.it Antonio Marchesi, professore di Diritto internazionale e Protezione internazionale dei diritti umani ed ex presidente di Amnesty International.

"Se lo studente fosse cittadino italiano, l'azione del padre potrebbe assumere un significato diverso: il minorenne avrebbe diritto di fare ritorno al proprio Paese di cittadinanza, e non potrebbe essergli impedito di fare ritorno. Si tratta di un diritto garantito a prescindere dal volere dei genitori. Se il ragazzo è in realtà cittadino del Togo, la faccenda si fa davvero complessa", le sue parole a Fanpage.it.

"La Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza contiene una serie di norme e principi trasversali come l'interesse preminente del minore. Mentre l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani garantisce il diritto alla vita privata e familiare del minore, e l'obbligo di rispettare il legame tra una persona e il Paese in cui è cresciuta, ha messo radici, mantiene i suoi rapporti prevalenti. E quindi sì, strappare un immigrato di seconda generazione dall'Italia può configurare una violazione di uno di questi diritti. Ma ciò si applica fondamentalmente quando sono le misure statali ad allontanare il soggetto dal territorio. Più complesso se l'iniziativa, privata, è partita dal genitore del minorenne".

Il ragazzo, ora, si trova in compagnia della madre naturale e dei parenti. "Il fatto che il minore ritorni in un Paese di cui è cittadino, dove risiedono la madre e parte della famiglia, complica e indebolisce la pretesa del figlio. Non è facile". E quindi? "La strada più semplice per il giovane, se il padre non verrà presto a prenderlo, sarà probabilmente quella di attendere la maggiore età e tornare così in Italia dopo la richiesta del visto. Una volta fatto ritorno a Milano, potrebbe dunque far valere il suo diritto di restare lì". L'ambasciata di Accra, del resto, può fare ben poco, se non fornire assistenza al ragazzino e assicurarsi che abbia la corretta tutela legale. Così come la Procura di Milano.

Il 16enne, in questo modo, rischia di non continuare il suo percorso scolastico in Italia. Può essere un nuovo caso Patrick Zaky? "La situazione è molto diversa. Lo studente egiziano era recluso in carcere per motivi d'opinione, sottoposto a detenzione arbitraria senza un accusa precisa. Però se la legislazione togolese prevedesse pene specifiche contro gli omosessuali, fatto abbastanza comune tra i Paesi africani, allora il 16enne potrebbe dimostrare che nel Paese d'origine rischia una grave violazione dei diritti umani. Potrebbe anche crearsi un caso mediatico di grandi proporzioni". Come si può fare? "Allo stato attuale delle cose, tornando in Italia con la maggiore età e chiedendo asilo politico".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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