La nostra redazione riceve ogni giorno lettere e testimonianze che riguardano la difficoltà di vivere a Milano. Decidiamo di pubblicarle per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità che esiste nella città. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.
Milano è la città dove si vive meglio in Italia. A decretarlo è lo studio annuale di ItaliaOggi – Ital Communications con l’Università La Sapienza di Roma, che fa svettare il capoluogo lombardo in cima alle province della Penisola per quanto riguarda il turismo, la salute e le ottime opportunità di cura, la cultura e l'istruzione, e ancora per il reddito, il lavoro e la ricchezza dei suoi cittadini. Queste ultime, le voci che per antonomasia hanno sempre reso Milano la città più attrattiva d'Italia. Ma è davvero ancora così, come hanno decretato analisi e classifiche? Ne parliamo con Tomaso Greco, editore e attivista.
Una classifica premia Milano come città con la vivibilità migliore d'Italia: a incoronarla la voce che riguarda il lavoro e gli affari. È davvero così?
Alle classifiche credo poco e mi appassionano ancora meno. Ma non metto in dubbio che per chi ha un reddito alto Milano offra grandi opportunità. Del resto, è sempre stato così. La novità, purtroppo, è che chi ha un reddito medio o anche medio-basso, invece, fa sempre più fatica e viene costretto a guardare altrove. Era la città delle opportunità diffuse, dove l’ascensore sociale funzionava a pieno ritmo, non lo è più e deve tornare a esserlo.
Soprattutto la voce "reddito e ricchezza" contribuisce al primo posto di Milano. È vero che a Milano gli stipendi sono più alti che nel resto d'Italia? È la ricchezza che rende il capoluogo della Lombardia davvero attrattivo?
I dati dicono che gli stipendi orari mediani sono più alti del 9 per cento rispetto al resto d’Italia, a fronte di un costo della vita che però è tra il 20 per cento e il 30 per cento più alto calcolato sul paniere di beni e servizi essenziali. Poi ci sono gli stipendi bassi, dove la differenza rispetto alla media nazionale degli stipendi bassi è impalpabile, qualche centesimo. Non si arriva a 8,50 euro all’ora a fronte di una soglia di povertà nella città metropolitana fissata in 10 euro. E ci sono lavoratori che svolgono attività essenziali per la città che vengono pagati 6/7 euro lordi l’ora. Quando si leggono le medie va tenuto conto che in città ci sono le multinazionali, i grandi centri direzionali che le spingono verso l’alto. A Milano c’è invece un’emergenza stipendi, e non la vede solo chi non la vuole vedere.
Negli ultimi tempi, è evidente, la città è diventata fuori portata per tanti cittadini o aspiranti tali, che spesso vengono respinti fuori. Ma cos'è successo?
C’è stato un aumento molto importante del costo della vita: il dato più evidente sono gli affitti, che segnano un +70 per cento rispetto alla media nazionale. Ma anche altri beni e servizi sono aumentati molto negli anni, più che altrove. Basta guardare il carrello della spesa, la pausa pranzo dove un panino costa in media 2 euro più che fuori città, il fatto che crescere un figlio sia diventato sempre più costoso, quasi un lusso. Milano non è più cara di molte altre città europee, ha però un rapporto notevolmente peggiore tra costo della vita e stipendi.
Secondo questo studio i milanesi sono in media istruiti, laureati, occupati già fin dalla giovane età… eppure qualcosa è andato storto. È una narrazione falsata, quella di Milano città esclusiva, o è purtroppo realtà?
C’è una narrazione omissiva, quella che prova a far finta che l’emergenza non ci sia. C’è una proposta sul tavolo, avanzata da Adesso!, dal Think tank Tortuga e sostenuta da molti docenti di diritto ed economia degli atenei milanesi: usiamo la contrattazione territoriale per combattere il lavoro povero. Però la politica milanese butta la palla in tribuna, fa ostruzionismo. È legittimo che l’amministrazione scelga altre strade, non che resti a guardare o che non affronti il problema. È molto difficile pensare, ad esempio, che il nuovo piano casa possa essere la risposta agli stipendi bassi. Nel dibattito pubblico milanese ci si indigna periodicamente per gli stipendi bassi, salvo poi dimenticarsene quando si tratta di fare delle scelte. Ecco, credo che i milanesi meritino una città che non dimentica chi lavora.