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Perché non è mai stato necessario abbattere il glicine di piazza Baiamonti per costruire il Museo della Resistenza

Il Museo nazionale della Resistenza sarà costruito e il glicine di piazza Baiamonti non verrà abbattuto. La decisione è stata presa e ora si attendono le valutazioni dei tecnici. Tuttavia, quell’albero in realtà non ha mai intralciato la costruzione dell’edificio, ma solo il movimento degli autocarri del cantiere.
A cura di Enrico Spaccini
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Il glicine di piazzale Baiamonti non sarà abbattuto, ma solo potato. Gli abitanti di Milano non dovranno rinunciare né all'area verde, composta anche da quattro tigli e un bagolaro, né al Museo nazionale della Resistenza che sarà costruito nella zona che era già stata designata. Una vittoria, dunque, per le decine di migliaia di persone che avevano deciso di metterci la faccia, e la firma, partecipando a petizioni e manifestazioni. Tra queste, anche diversi personaggi dello spettacolo, come Giovanni Storti e Fabio Volo. Tuttavia, nelle scorse ore è emerso che tutto questo poteva essere evitato sin dal principio.

"Una colossale presa in giro", l'ha definita Carlo Monguzzi. Guardando la planimetria del progetto del Museo della Resistenza, infatti, si vede come il glicine non interferisca con la costruzione dell'edificio. "Quindi avrebbero abbattuto il glicine senza alcun motivo", afferma a Fanpage.it il consigliere comunale di Milano capogruppo dei Verdi. "Il sindaco Beppe Sala ha proposto le stesse soluzioni che noi avevamo avanzato un mese e mezzo prima", sostiene Vincenzo Strambio dell'associazione Giardini in transito, "era la riunione con i tecnici del Ministero che ci avevano risposto con un secco ‘no'".

La riunione con i tecnici del Ministero di aprile

Il 19 aprile scorso si era tenuta una riunione per decidere delle sorti di piazza Baiamonti. Il progetto per la costruzione del Museo nazionale della Resistenza era giunto ormai alle sue fasi conclusive, ma era emerso un problema. Per realizzarlo era stato posto come condizione necessaria l'abbattimento degli alberi presenti, ovvero un glicine di circa 80 anni, quattro tigli e un bagolaro.

"Avevamo fatto notare che era evidente come il glicine e il bagolaro fossero al di fuori dell'edificio", ricorda Strambio a Fanpage.it, "per i tigli c'era la sovrapposizione con una parte interrata del museo, quindi avevamo proposto alcune modifiche minori che non avrebbero sconvolto nulla dal punto di architettonico o cantieristico". I tecnici, però, respinsero le proposte dicendo che ormai il progetto era in fase esecutiva e di appalto, quindi ogni modifica avrebbe comportato problemi.

La svolta di fine maggio

A fine maggio, il sindaco Beppe Sala si era espresso chiaramente sulla vicenda: "Spostare il glicine è costosissimo, vorrà dire che rinunceremo al Museo della Resistenza". In poche parole, per il primo cittadino di Milano la questione era: "O glicine, o Museo". Il 30 maggio, invece, in seguito all'ennesima mobilitazione da parte dei cittadini, Sala ha annunciato: "Il glicine sarà potato, ma rimarrà lì".

"Il progetto è rimasto identico, ma il glicine comunque non viene toccato", ha affermato Monguzzi. Infatti, come ribadisce Strambio, "dopo un mese e mezzo ci si è accorti che quelle modifiche si potevano fare senza incidere sulla realizzazione del museo".

Il consigliere Monguzzi, così come i cittadini che hanno partecipato alle mobilitazioni, ora vogliono sapere solo una cosa: perché non era possibile fare prima queste modifiche, magari pensando proprio in sede di progettazione a non buttare giù alberi per far passare autocarri? E perché chi doveva decidere ha cambiato idea da un giorno all'altro?

L'importanza della mobilitazione cittadina

"Probabilmente ha inciso il fatto che questa storia sia diventata dal punto di vista mediatico molto importante", osserva Strambio, "la raccolta di firme ha sicuramente contribuito a mettere finalmente gli amministratori nell'ottica che qualcosa si potesse fare". Ora il prossimo passo sarà attendere le nuove valutazioni dei tecnici del Ministero, che hanno chiesto un mese di tempo per poter ragionare su come salvare anche i tigli.

"Per il futuro spero che questa situazione che si è creata in piazza Baiamonti costituisca un precedente per tutte le altre", si augura Strambio, "che d'ora in poi ci si chieda venti volte se sia veramente necessario intervenire su un'area naturale della città. Non è più il tempo di passare sopra il tema dell'ambiente urbano con leggerezza".

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