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Perché non basta aumentare i fondi alla sanità per risolvere il problema delle liste d’attesa in Lombardia

“Per abbattere le liste d’attesa i fondi servono, ma devono essere destinati alla sanità pubblica”. A parlare a Fanpage.it è Vittorio Agnoletto, conduttore della trasmissione 37e2 ed esponente di Medicina Democratica, sulla questione liste d’attesa in Lombardia: “Bisogna ridefinire la modalità di convenzionamento con le strutture private, altrimenti il problema non si rivolerà mai”.
A cura di Enrico Spaccini
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Foto di repertorio
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Pochi giorni fa la giunta di Regione Lombardia, con una delibera proposta dall'assessore al Welfare Guido Bertolaso, ha stanziato oltre 47 milioni di euro per la riduzione dei tempi di attesa per le prestazioni di ricovero non urgenti. Questo è solo l'ultimo dei piani operativi che, attraverso lo stanziamento di nuovi fondi, intendono abbattere le liste d'attesa che restano uno dei problemi principali della sanità lombarda. "Ci arrivano segnalazioni in continuazione di pazienti che devono aspettare mesi per una visita, la situazione è veramente pesantissima", ha spiegato a Fanpage.it Vittorio Agnoletto, conduttore della trasmissione 37e2 in onda su Radio Popolare ed esponente di Medicina Democratica: "I soldi, però, non basteranno a risolvere la questione fino a quando non si rimetterà in discussione la modalità di convenzionamento tra pubblico e privato".

Vittorio Agnoletto (foto da LaPresse)
Vittorio Agnoletto (foto da LaPresse)

Lo stanziamento di nuovi fondi aiuta oppure no l'abbattimento delle liste d'attesa?

È ovvio che prima di ogni cosa servono i fondi, ma questi devono essere destinati alla sanità pubblica, non alla sanità privata convenzionata. Fino a quando non si rimetterà in discussione le modalità di convenzionamento tra pubblico e privato, la questione non potrà essere risolta.

Qual è il problema delle convenzioni?

Oggi il pubblico fa una convenzione con il privato stabilendo quanto può arrivare a destinazione del singolo soggetto privato, ma non può indicare quali tipi di prestazione e la numerosità delle varie prestazioni. Il pubblico dà un'indicazione generica per all'incirca il 10 per cento delle prestazioni che vengono offerte, ma per il resto è il privato che sceglie quali fare.

La necessità di avere "obblighi di governo delle liste d'attesa più incisivi" e potere di "negoziazione delle quantità e tipologie delle prestazioni" è stata evidenziata anche dall'Orac (Organismo regionale per l'attività di controllo, indipendente da Regione Lombardia, ndr) nella relazione pubblicata lo scorso 17 dicembre. L'Orac dice esattamente quello che noi sosteniamo da tempo, cioè che bisogna rivedere gli accordi con il privato andando a definire quantità e tipologie delle prestazioni. Perché ad oggi è il privato convenzionato che sceglie che tipo di prestazioni fornire in base al guadagno che può trarre attraverso i rimborsi regionali.

Questa libertà di scelta di cui gode il privato convenzionato come si riflette sulla questione delle liste d'attesa?

Il privato convenzionato oggi è molto poco interessato a eseguire interventi la cataratta, la colecistectomia, la prostatectomia e altri più ordinari. Al contrario, è più interessato a utilizzare le proprie sale chirurgiche per fare operazioni più complesse attraverso le quali ricevere rimborsi dalla Regione molto più alti. E lo stesso scenario si ripropone con le visite: il privato convenzionato tenderà a preferire quelle che comportano rimborsi maggiori, ma soprattutto che possono poi aprire dei percorsi verso operazioni chirurgiche o ricoveri prolungati, sempre nell'ottica di ottenere poi un rimborso più sostanzioso.

Quello che manca, oltre a un nuovo contratto di convenzione, è una seria programmazione regionale. Solo davanti a un piano sanitario costruito sui bisogni della popolazione, Ats e Regione possono scegliere come gestire gli accordi con le strutture private.

In sostanza, in Lombardia è più facile fare delle operazioni molto complicate che gestire l'attività chirurgica quotidiana della popolazione.

In merito a questo ci sono tanti dati. Per esempio, l'offerta privata convenzionata supera il 50 per cento dei ricoveri di tipo chirurgico, mentre quelli medici sono circa al 45 per cento. Se guardiamo al pubblico, la percentuale si ribalta. Questi sono numeri relativi al 2022, però emerge chiaramente come non solo il privato sceglie il tipo di interventi che gli conviene fare, ma dà anche la precedenza all'area chirurgica rispetto a quella medica.

Non c'è il rischio che, di fronte a una presa di posizione forte da parte di Regione Lombardia, il privato si tiri indietro?

Il privato non sta in piedi senza il rapporto con il pubblico, la convenzione riveste un ruolo importante dal punto di vista economico. Le grandi strutture private che agiscono sul territorio lombardo sopravvivono perché nei loro bilanci i meccanismi di trasferimento di fondi dalla Regione sono enormi. Se è vero che il pubblico ha bisogno del privato convenzionato, è altrettanto vero che il privato convenzionato ha assolutamente bisogno del rapporto con il pubblico.

Convenzionandosi con il pubblico, le cliniche private ricevono una quantità di pazienti che altrimenti non si sarebbero mai rivolti a loro se avessero dovuto pagare. Da questo fiume di gente, una parte finirà nel privato.

E il Cup regionale? Che fine ha fatto?

Siamo ancora molto lontani dall'avere un Cup regionale. È una follia. All'inizio si diceva che sarebbe entrato in servizio a fine 2024, ma è un continuo rinvio. Sostengono che sia estremamente complicato costruire una piattaforma di questo tipo, e già stiamo vedendo il disastro di Aria con i medici di base che impazziscono quando accendono i loro computer. Ma questo è un problema della Regione. La questione vera è che le strutture private non sono disponibili a fornire le proprie agende.

Perché?

Perché se danno le loro agende, allora sarà il pubblico a decidere in che modo riempirle. Il problema è politico: di fronte a una resistenza del privato convenzionato, non c'è disponibilità dalla Regione di imporre alcun obbligo. Con il Cup sarebbe come giocare a carte scoperte. E intanto oggi un paziente deve girare tutte le strutture sanitarie esistenti nella speranza che almeno una gli fissi una visita. Non basta dire che bisogna abbattere le liste d'attesa e quindi servono più fondi, ma si deve avere il coraggio di affermare che devono essere rimesse in discussione le modalità del rapporto pubblico-privato.

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