Perché nessuno vuole comprare CityScoot, nonostante il settore dello sharing vada benissimo
A dicembre 2023 avevano destato una certa impressione le immagini degli scooter abbandonati in giro per Milano, intorno ai 750. Così come il fatto che circa 40 dipendenti non avevano più un lavoro. Il mese prima l'azienda proprietaria di quei mezzi aveva dichiarato che avrebbe interrotto il proprio servizio in Italia, per concentrare gli sforzi solo sul suo Paese d’origine, la Francia. Ma anche oltralpe, a causa delle difficoltà finanziarie, è stata costretta a cedere l’attività dopo pochi mesi. La società in questione è Cityscoot, startup di scooter sharing con sede a Parigi, nata nel 2014 da un’idea di Bertrand Fleurose, che ne è stato anche amministratore delegato.
La società ha vissuto nei primi cinque anni un’espansione importante, raccogliendo in totale 80 milioni di euro tra private equity, business angels e nuovi attori entrati in società. Questi fondi erano serviti per allargare il servizio ad altre città in Francia, oltre alla capitale, e all'Italia, dove la startup è approdata a Roma, per poi spostare i propri mezzi dopo pochi mesi a Milano e Torino. Il periodo di grande crescita del mercato della sharing mobility (a distanza di pochi mesi venivano lanciate sul mercato nuove società) viene però interrotto dal Covid. Nei due anni successivi molte piattaforme chiudono, altre interrompono i loro servizi in alcuni Stati o città, altre ancora subiscono un ridimensionamento.
Nel 2023 rimangono sul mercato poche società. A Milano solo Cityscoot, che nel 2022 ha fatturato in Italia 2,6 milioni di euro, e Cooltra (nome che ritornerà successivamente). A Parigi la situazione è analoga, con Cityscoot che detiene una fetta di mercato importante, intorno al 70%. Ma questa situazione. potenzialmente favorevole, non basta per tenere in piedi anche la startup fondata da Bertrand Fleurose, che accusa perdite nei bilanci. Verso fine 2023 i soci di maggioranza mettono Cityscoot in amministrazione controllata, dando tempo tre mesi per risollevarne le sorti attraverso nuove strategie, come chiudere il servizio nelle altre città e focalizzarsi solo su Parigi. Il piano non funziona e la società viene messa in liquidazione.
Il fondatore, Bertrand Fleurose, prova a convincere altri soci a investire nella sua idea e a riacquistare l’azienda, ma senza successo. Nei primi mesi del 2024 Cityscoot viene acquisita per 400 mila euro da Cooltra, società di mobility sharing spagnola da 45 milioni di fatturato e 7 milioni di Ebitda. In pratica, la principale concorrente. L’operazione, va specificato, riguarda solo la Francia (all’inizio i mezzi riporteranno la scritta “Cityscoot by Cooltra”), dove il gruppo spagnolo ha assunto 30 dei 147 dipendenti della startup francese. Nel nostro Paese, Cityscoot Italia è in liquidazione e nessun investitore si è fatto avanti. Il servizio non verrà rilanciato, anche se pure in questo caso Cooltra ha portato a bordo parte dello staff di Cityscoot.
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito spesso, in Italia e all’estero, a casi come Cityscoot. Startup di mobility sharing che proliferano, la maggior parte delle quali poi chiude, si ridimensiona o viene acquisita. La particolarità di questa tendenza, però, è che il mercato è in salute. Nel 2022 (ultimo dato disponibile) secondo l’Osservatorio sulla sharing mobility il fatturato del settore in Italia, pari 178 milioni di euro, è cresciuto del 38% in confronto all’anno precedente, mentre i noleggi di scooter sono cresciuti del 50% rispetto al 2019. Quella della micromobilità, insomma, è stata una bolla: diverse aziende hanno investito in un settore che ancora a oggi è in ascesa, ma è sopravvissuto chi lo ha fatto seguendo le strategie giuste. Dopo anni di grande fermento, per la micromobilità sarà tempo di consolidamento.