
Si è tenuta, presso la Corte D’Assise di Bergamo la prima udienza per l’omicidio di Sharon Verzeni. Imputato per il reato avvenuto nella notte del 30 luglio scorso a Terno D’Isola, è Moussa Sangare, un trentenne originario del Mali, nato a Milano: è accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima.
L’uomo era stato arrestato un mese dopo l’omicidio, incastrato da alcune testimonianze, tra le quali quella di due giovani che sarebbero stati avvicinati ed aggrediti verbalmente poco prima dell’omicidio di Verzeni e grazie all’acquisizione delle immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona.
Una volta fermato l’uomo aveva confessato l’omicidio dichiarando di essere uscito di casa, la notte del 30 luglio, perché "voleva eliminare qualcuno". Nel corso delle dichiarazioni Sangare aveva affermato di non conoscere Sharon Verzeni e di averla scelta come vittima casualmente, dopo averla notata mentre passeggiava con le cuffiette all’orecchio guardando il cielo.
L’uomo aveva descritto dettagliatamente la dinamica dei fatti, comprendendo nella ricostruzione le parole che lui aveva rivolto alla vittima e ciò che la ragazza avrebbe detto mentre veniva aggredita.
Aveva anche ammesso di essersi avvicinato a sette uomini, ma – come spiegato dal gip – avrebbe ucciso poi Verzeni perché ritenuta "l'obiettivo più debole". Ha quindi scelto pertanto in maniera lucida e funzionale al suo scopo (quello di uccidere qualcuno) una vittima che avesse determinate caratteristiche. Nel corso della prima udienza del processo l’uomo si sarebbe invece dichiarato innocente rispetto al reato che gli viene contestato.
Una posizione la sua che appare verosimilmente compatibile con quella che potrebbe essere una precisa strategia difensiva. È stata la difesa di Sangare ad aver infatti richiesto una perizia psichiatrica che possa stabilire la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto e la sua capacità di stare in giudizio. La richiesta è stata accolta, pertanto l’uomo verrà sottoposto alla valutazione.
Una valutazione che, vista la storia personale dell’uomo, ciò che di lui viene riferito da chi lo conosceva, l’escalation di violenza che ha caratterizzato il periodo antecedente l’omicidio (era stato denunciato per maltrattamenti dalla madre e dalla sorella) appare doverosa in questa fase del procedimento.
Non è infatti possibile escludere aprioristicamente che l’uomo possa presentare disturbi di personalità, essendo per altro apparso, fino ad ora, come un abile manipolatore. Ed è pertanto importante comprendere il suo funzionamento. Va però chiarito che la presenza di disturbi di personalità non esclude o scema automaticamente la capacità di intendere e di volere di un soggetto.
Gli elementi che sarebbero stati acquisiti e che si conoscono al momento, farebbero propendere per un funzionamento piuttosto lucido e orientato di Sangare, che sebbene in assenza totale di capacità empatica, sembrerebbe aver premeditato il suo proposito criminoso per diverso tempo, organizzandosi e addirittura allenandosi per essere in grado di portarlo a compimento.
Va ricordato in tal senso che nell’abitazione dell’uomo era stata rinvenuta in sede di sopralluogo, una sagoma umana di cartone contro la quale Sangare si sarebbe esercitato a lanciare coltelli e sferrare colpi. Scegliendo quindi di uscire, la notte del 30 luglio scorso, con lo specifico obiettivo di uccidere una persona.
Altrettanto freddo, razionale e funzionale sarebbe stato il suo comportamento nelle fasi che hanno succeduto l’omicidio della Verzeni. L’uomo, consapevole delle testimonianze emerse e delle immagini acquisite, che raccontavano di un soggetto che si allontanava a forte velocità a bordo di una bicicletta dalla zona in cui Sharon era stata uccisa, avrebbe tentato di modificare la sua bicicletta (a bordo della quale, stando al suo racconto, avrebbe sferrato il primo colpo a Sharon) e si sarebbe tagliato i capelli, probabilmente per cercare di non essere riconosciuto dai testimoni presenti in zona quella notte.
Tutti elementi questi che convergerebbero nella descrizione di un soggetto lucido, che ha scelto di commettere un omicidio per il solo piacere di farlo e che si è organizzato per poter portare a termine il suo scopo e successivamente per non essere scoperto, piuttosto che con il profilo di un soggetto che ha agito in preda a uno stato di alterazione psichica.
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