Perché l’ex di Carlotta Benusiglio non era il suo stalker, i giudici: “Lei non aveva cambiato le sue abitudini”
Carlotta Benusiglio, la stilista di 37 anni trovata morta impiccata nel maggio del 2016 in un albero di piazza Napoli a Milano, si è suicidata. Lo confermano anche i giudici della Cassazione nelle motivazioni della loro sentenza di assoluzione nei confronti dell'ex fidanzato Marco Venturi finito a processo con l'accusa di omicidio. Ma cosa dice la sentenza? E con quali motivazioni prima la Corte d'Appello poi la Cassazione non hanno riconosciuto gli atti persecutori?
Perché Marco Venturi è stato assolto dall'accusa di omicidio
La Cassazione ha riconosciuto valida quindi la sentenza di secondo grado. In primo grado il giudice per l'udienza preliminare aveva condannato Marco Venturi a sei anni di carcere perché ritenuto responsabile del reato di "morte come conseguenza di altro reato", ovvero lo stalking. Poi la Corte d'Appello lo aveva assolto da tutte le accuse, sia da quella di omicidio che di atti persecutori.
Si è dunque trattato di suicidio: l'imputato, come era stato ipotizzato in un primo momento, "non ha strangolato – come ribadisce la motivazione della sentenza della Cassazione – la vittima stringendole la sciarpa intorno al collo e successivamente, al fine di simulare un suicidio per impiccagione, ad appendere il corpo al ramo dell'albergo dove era stato avvistato qualche ora dopo". Carlotta – secondo i giudici e i periti – è morta per "asfissia meccanica da compressione" in esito "a un atto di auto impiccagione".
Perché Marco Venturi non era uno stalker
L'accusa, nel corso del processo, ha sostenuto la tesi che Carlotta Benusiglia era stata vittima di atti persecutori iniziati nel settembre del 2014 e finiti in tragedia del maggio 2016. "Venturi – secondo quanto Fanpage.it aveva potuto leggere dalle carte della Procura – molestava la ex con telefonate e messaggi telefonici anche in orari notturni. Si recava ripetutamente sotto l'abitazione della stessa appostandosi per incontrarla e spiarne gli spostamenti, anche di notte; l'aggrediva sia verbalmente che fisicamente e la minacciava". Secondo l'accusa e la famiglia della vittima, Carlotta nel 2015 si era presentata in ospedale con un trauma cranico a seguito di percosse da parte dell'ex compagno. Tutto poi non è stato accertato e ora Marco Venturi non è stato ritenuto responsabile di tutto questo (che comunque era da ritenersi prescritto).
La Cassazione nelle sue motivazioni ha ripreso quanto sostenuto dalla Corte d'Appello confermando la decisione dei giudici di secondo grado. Ovvero che "le dichiarazioni accusatorie rese nel corso delle indagini preliminari da amici e familiari della coppia Benusiglio-Venturi, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del primo grado di giudizio, non sono affidabili perché costituite da informazioni apprese da fonti non verificabili e comunque rimaste prive di riscontro e, in più occasioni, smentite da atti investigativi, a cominciare dalle querele sporte dalla stessa Benusiglio, tutti dotati di maggiore forza rappresentativa; al contrario la ricostruzione alternativa fornita dall'imputato aveva trovato convincenti conferme".
I giudici dunque hanno smentito che ci siano stati atti persecutori anche perché Carlotta Benusiglio "non aveva cambiato le sue abitudini di vita e, durante la relazione con Venturi, non aveva temuto per l'incolumità sua e dei prossimi congiunti né era stata affetta da uno stato d'ansia, provocatole dal compagno, più intenso rispetto a quello che chiunque è costretto ad affrontare o vivere nei rapporti conflittuali". La Procura generale e la famiglia di Carlotta invece, come avevano ribadito nel ricorso presentato in Cassazione, hanno sempre sostenuto che l'ex compagno era responsabile di un comportamento "persecutorio e umiliante che ha distrutto la psico e la vita di Carlotta" che "viveva posta in uno stato di disagio psichico e fisico".
La Cassazione invece ha dato ragione ai giudici dell'Appello sostenendo che il rapporto tra Benusiglio e Venturi non ha mai assunto i caratteri tipici della relazione che si instaura tra lo stalker e la vittima. La ragazza invece ha sempre "mantenuto piena e incondizionata autodeterminazione senza patire alcuna limitazione della libertà morale in qualche modo ricollegabile a comportamenti persecutori di Venturi".