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Omicidio di Giulia Tramontano

Perché le ultime novità confermano che l’omicidio di Giulia Tramontano era premeditato da mesi

Gli ultimi elementi emersi durante le indagini sull’omicidio di Giulia Tramontano confermano che Alessandro Impagnatiello ha premeditato di uccidere la sua compagna, incinta di sette mesi.
A cura di Anna Vagli
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I nuovi elementi emersi sul femminicidio di Senago dimostrano che Alessandro Impagnatiello ha pianificato l’eliminazione della compagna Giulia Tramontano, che era al settimo mese di gravidanza, con un piano preciso e meticoloso portato avanti per mesi. Le varie azioni compiute nell’ombra in quel lungo arco di tempo fugano ogni dubbio sulla premeditazione dell'omicidio. Benché Impagnatiello abbia ucciso la compagna a colpi di coltello nel maggio 2023, le sue ricerche già a partire dal dicembre 2022 e i conseguenti tentativi di avvelenamento dimostrano come la volontà di assassinarla risalisse almeno all’ultimo mese dell’anno precedente.

Le ultime novità sull'omicidio di Giulia Tramontano

Giulia Tramontano è infatti morta dissanguata dopo essere stata colpita da ben trentasette coltellate lo scorso 27 maggio, ma il primo tentativo di ucciderla è evidentemente stato quello di ricorrere alla somministrazione del topicida. Peraltro, la stessa scelta della sostanza nociva non costituisce una decisione affatto casuale, ma è anch’essa un segno di una pianificazione e selezione certosina dei veleni presenti sul mercato.

La consultazione dei motori di ricerca prima e l’acquisto di cloroformio e pesticida poi rappresentano un primo passo verso l’organizzazione, oltreché un’attività diretta ad una conoscenza particolareggiata dei veleni, delle relative proprietà e della loro reperibilità sul mercato. Dopo averlo selezionato, poi, Impagnatiello ha acquistato il materiale tossico sotto mentite spoglie, usando lo pseudonimo di Andrea Valdi. Era febbraio 2023 quando aveva acquistato online anche il cloroformio. Un prodotto che non arrivava a destinazione e che lo aveva spinto a sollecitare la consegna qualche settimana dopo, tanto era diventato indispensabile.

Anche la conservazione del topicida è stata altrettanto accurata. Ma è l’atto progressivo di somministrazione di quest’ultimo che rappresenta la vera disumanità e preordinazione del delitto. Una programmazione attenta al punto da indurlo a reperire informazioni sugli effetti di quelle sostanze sugli esseri umani. E a farlo anche il 5 febbraio, mentre attendeva il ritorno in aeroporto di Giulia che si era recata a trovare la sua famiglia a Napoli.

Persino le modalità di somministrazione della sostanza potenzialmente letale ha richiesto più volte uno sforzo di Impagnatiello, che doveva individuare ogni volta il momento giusto ed evitare che la sua vittima iniziasse a sospettare qualcosa. E in effetti Giulia aveva raccontato ai suoi genitori che l’acqua che beveva le sapeva di ammoniaca e di come in alcuni momenti si sentisse "drogata". Tutte informazioni cristallizzate nelle conversazioni whatsapp e che saranno utilizzate durante al processo.

Perché il Gip non ha contestato subito la premeditazione a Impagnatiello

Le prove emerse inizialmente a carico di Impagnatiello non erano evidentemente sufficienti, secondo il Giudice per le indagini preliminari, per integrare l’aggravante della premeditazione. In quel momento storico, però, non erano ancora usciti gli esiti integrali delle relazioni sui dispositivi elettronici dell'uomo, le risultanze autoptiche e neppure gli esiti degli esami tossicologici.

È chiaro quindi che adesso per Impagnatiello negare gli addebiti relativi al topicida è diventato difficile. Anche se le motivazioni addotte a sua difesa, e cioè che il bromadiolone che aveva nello zainetto gli serviva per debellare i topi nel bar dell’Armani hotel in cui lavorava, sono inverosimili e fin troppo agevolmente smontabili, oltre che smentite dagli altri dipendenti del lussuoso locale milanese.

La dimostrazione da parte dell’accusa che quel veleno per topi serviva per avvelenare Giulia significa dimostrare che l’omicidio non è stato frutto di un dolo d’impeto. Al contrario, è stato il risultato di un piano tanto orribile quanto premeditato, commesso da un narcisista senza scrupoli sprofondato nell’abisso dell’egoismo. Tutti i tentativi di avvelenamento non possono non essere letti se non in chiave di una pianificazione dell'eliminazione della donna.

Ogni passo è stato evidentemente studiato, ogni dettaglio è stato ponderato. Alessandro Impagnatiello difficilmente potrà sottrarsi dalla contestazione della premeditazione. Giuridicamente è lecito argomentare che quest’ultimo concetto non è definito in una norma del codice, ma che invece è una categoria giurisprudenziale. E quindi questo comporta, almeno inizialmente, una cautela nel riconoscimento e nel conseguente inserimento nel capo di contestazione.

Ma è altrettanto doveroso sottolineare che il capo di imputazione può essere sempre mutato. E lo sarà anche in questo caso al momento del rinvio a giudizio di Alessandro Impagnatiello. Poco importa ai fini della pena se la modalità omicidiaria non corrisponde a quella inizialmente preventivata. L’ex barman ha comunque raggiunto il suo obiettivo. Uccidere Giulia e il figlio che portava in grembo.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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