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Perché le psicologhe del carcere di San Vittore sono accusate di favoreggiamento verso Alessia Pifferi

Il Pm aveva già accusato in aula le psicologhe del carcere di San Vittore di aver manipolato Alessia Pifferi: ora ha formalizzato un’indagine per favoreggiamento e falso ideologico. Indagata anche l’avvocata della donna che ha lasciato morire la figlia di stenti.
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Il sostituto procuratore Francesco De Tommasi lo ha detto ben due volte in aula: "Le psicologhe del carcere hanno manipolato Alessia Pifferi". Lo ha detto la prima volta quando la difesa della donna, rappresentata dall'avvocata Alessia Pontenani, ha depositato la loro relazione, da cui risulta che l'imputata abbia il quoziente intellettivo di una bambina di sette anni. Un'analisi che è stata utilizzata dalla difesa per dire "hanno affidato a una bambina un'altra bambina". Un elemento fondamentale per valutare le responsabilità della donna nella morte, di stenti, della figlia. Ma soprattutto un elemento fondamentale per la richiesta di perizia psichiatrica. Ed è proprio in questa occasione che De Tommasi ha reiterato il suo attacco alle psicologhe del carcere: "sono state loro a far cambiare versione all'indagata".

Parole forti che avevano scatenato non poche polemiche: in primis la stessa Pontenani aveva accusato il pubblico ministero di "aver ecceduto accusando le psicologhe del carcere". Per molti, infatti, si trattava di un'accusa assurda, innanzitutto perché rivolta a due professioniste che, non essendo periti di parte bensì collaboratrici del carcere, vengono di fatto assoldate dallo Stato. Ma soprattutto nessuno riusciva (e riesce tuttora) a spiegarsi quale interesse potrebbero aver avuto le due psicologhe a manipolare Pifferi per favorirla nel processo. Tutti hanno escluso a priori gli interessi economici, visto che l'imputata non avrebbe la disponibilità di chissà quale cifra.

Alessia Pifferi con l'avvocata Pontenani
Alessia Pifferi con l'avvocata Pontenani

Un altro punto, non meno importante, era perché il sostituto procuratore, invece di lanciare le accuse, non apriva un fascicolo d'indagine, visto che è tenuto a farlo se ha il sospetto di un reato. E oggi è arrivata la notizia non solo dell'iscrizione del registro degli indagati, per favoreggiamento e falso ideologico, delle due psicologhe, ma (per il solo falso ideologico) anche della stessa Pontenani, che accusa il Pm di essere stato eccessivo. Ma cosa viene contestato alle due professioniste e all'avvocata?

Nel carcere di San Vittore, dove è detenuta, sarebbero stati somministrati ad Alessia Pifferi due esami diagnostici usati per valutare le sue capacità mentali: il Thematic apperception test e il test delle macchie di Rorschach, effettuati dalla dottoressa Alice Quadri. Questi test servono, appunto, per valutare il quoziente intellettivo della donna. Ma le psicologhe di un istituto penitenziario dovrebbero occuparsi unicamente di valutare la compatibilità con il regime carcerario. Il loro compito è quindi esclusivamente quello di capire se una persona può stare in galera senza eccessivi ripercussioni sulla sua salute mentale (si pensi, ad esempio, a chi ha patologie psichiatriche gravi o istinti suicidari). Quei test non c'entrano nulla con questo. E allora perché sono stati effettuati?

Alessia Pifferi al processo
Alessia Pifferi al processo

Il sospetto degli inquirenti è che, essendo stata sempre negata qualsiasi forma di perizia psichiatra su Pifferi durante l'istruttoria, la difesa abbia – senza avvisare l'ufficio inquirente, né il giudice – tentato di aggirare l'ostacolo tramite le psicologhe del carcere. E qui sorge un grave problema procedurale: i colloqui (quelli volti ad appurare la compatibilità con il carcere) fra gli psicologi penitenziari e un qualsiasi detenuto non necessitano di essere registrati, perché nulla c'entrano con il processo. Al contrario, quelli volti ad acquisire una prova da produrre in aula devono essere registrati perché le varie parti devono poterli rivedere.

È per questo che per la Procura non sono in alcun modo acquisibile agli atti del processo le relazioni delle psicologhe, in quanto sono frutto di test non effettuati di prassi ed effettuati senza autorizzazioni, ma soprattutto di cui non si possono appurare le modalità di realizzazione. Esse, quindi, giungono a conclusioni senza poter mostrare il percorso con cui ci si è arrivati arrivate. Premesso quindi che, almeno secondo il Pm, quei test non andassero proprio effettuati, delle due l'una: se devono essere acquisiti come prova allora bisogna mostrare i filmati, se non dovevano essere registrati perché servivano ad altro allora non possono essere inseriti nel dibattimento.

Alessia Pifferi in tribunale
Alessia Pifferi in tribunale

Il punto cruciale ora sarà capire perché hanno fatto questi test. Quale interesse avrebbero avuto a favorire, se l'hanno favorita, una detenuta? E, se l'hanno fatto con Pifferi, potrebbero averlo fatto anche con altri? Mentre a giungere a conclusioni verificabili sulle condizioni di salute mentali di Pifferi sarà la perizia superpartes disposta dal giudice e affidata a Elvezio Pirfo. Anche se per qualcuno è ormai tardi per farla, sarà unicamente quella a poter incidere sulla condanna. Anche se il processo subirà sicuramente un forte rallentamento ora che è indagata anche l'avvocata dell'imputata.

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