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Perché le figlie di Laura Ziliani non si sono pentite nonostante abbiano confessato l’omicidio

L’8 agosto di un anno fa veniva ritrovato il cadavere di Laura Ziliani per il cui omicidio sono in carcere le due figlie ed il genero della donna. Nonostante la confessione dell’omicidio, si può escludere un loro reale pentimento.
A cura di Anna Vagli
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Ci vuole talento anche per commettere un omicidio. È necessario progettarlo in ogni minimo dettaglio. O quasi. A maggior ragione se la decisione di uccidere è ponderata per giorni, forse mesi, e diventa pregnante al punto da rappresentare l’unica folle soluzione ai problemi. Come la decisione di eliminare Laura Ziliani.

Era l’8 agosto 2021, un anno fa, quando veniva ritrovato il corpo senza vita dell’ex vigilessa  sulla riva del fiume Oglio. La donna, 55 anni, era scomparsa da Temù esattamente tre mesi prima. A macchiarsi di quello che si scoprirà essere un efferato omicidio sono state le due figlie di Laura, Silvia e Paola, e Mirto Milani, fidanzato della prima ed amante della seconda.

I tre, dopo un silenzio lungo un anno, hanno deciso di confessare alle porte dell’udienza preliminare. Si sono pentiti?

Perché hanno ucciso Laura Ziliani

Le sorelle Zani hanno ucciso la loro madre per la rabbia che nutrivano nei suoi confronti unitamente alla riverenza mostrata rispetto ad un maschio alfa come Mirto Milani, il deus ex machina del piano criminale.

Del resto, la frustrazione produce rancore e l’incapacità di gestirla genera odio. Un odio che, come in questo caso, si è tradotto in furia omicida. Alla base ancora il mito del benessere economico a tutti i costi e senza sacrifici.

Silvia, 26 anni, aveva lasciato recentemente il suo lavoro da fisioterapista perché le richiedeva impegno e responsabilità che non si sentiva in grado di assumere. Paola, che di anni ne aveva 19, era iscritta alla facoltà di economia, ma aveva dimostrato scarso interesse a frequentare l’università.

Dunque, le due sorelle e Mirto percepivano l’esigenza di soddisfare i propri bisogni economici. E volevano soddisfare una simile esigenza assumendo la gestione dei numerosi immobili di cui Laura era proprietaria e dei quali riscuoteva gli affitti.

Che i bisogni fossero prevalentemente consumistici lo testimonia il dato per il quale nell’immediatezza della scomparsa, quando tutti cercavano Laura, i tre avevano prenotato una vacanza e dato l’ anticipo per l’acquisto dell’auto nuova. Quell’acquisto che mamma Laura gli aveva negato.

Ma vi è di più. Stando ai racconti di una delle affittuarie della Ziliani, le sorelle Zani si erano presentate nella sua abitazione per comunicarle che, da quel momento in poi, avrebbe dovuto effettuare i bonifici al loro codice IBAN.

A incentivare la rabbia nutrita nei riguardi della madre, che era il costante specchio dei loro fallimenti, c’era anche il senso di smarrimento dovuta alla comprensibile volontà di Laura di lasciare una cospicua parte dell’eredità a Lucia, la sorella disabile delle tre.

La rottura del patto sanguinario

Un delitto quello della povera Ziliani definibile come quello delle tre S: sesso, soldi e sangue. Vagliata la questione economica, è chiaro anche il risvolto sessuale. Mirto Milani era il fidanzato di Silvia, la sorella maggiore, e amante di Paola, quella minore.

Il giovane era riuscito ad instaurare con le due un rapporto ambiguo e perverso. Un legame indissolubile che gli ha consentito di orientare le condotte delle due donne anche dopo l’omicidio, per evitare che potessero commettere passi falsi e destare sospetti.

E poi, però, a spezzare il sodalizio criminale ci ha pensato proprio lui. Rompendo il silenzio all’alba dell’udienza preliminare. Lo ha fatto confessando l’omicidio e suggerendo di essere stato spinto dall’amore nei confronti della fidanzata.

Perché Silvia, Paola e Mirto hanno confessato?

Dopo Mirto, quindi, anche Silvia e Paola hanno spezzato quello che possiamo definire mutismo selettivo. Hanno rotto il muro del silenzio nel quale si erano trincerati il 24 settembre, giorno nel quale erano scattate per loro le manette. Hanno sciolto il patto sanguinario non per motivazioni legate al pentimento o al rimorso, ma di fronte allo spauracchio dell’ergastolo.

È per questo che è possibile escludere l'ipotesi di un loro pentimento, soprattutto delle due figlie, nonostante la confessione. Altrimenti non avrebbero cercato di scaricare comunque la responsabilità sui comportamenti della madre.

Dal canto suo, Mirto ha dichiarato di aver dato seguito al proposito criminale per amore della fidanzata Silvia, ma intendeva soddisfare i propri bisogni materiali. In chiave discutibilmente difensiva, invece, Silvia e Paola – durante l’interrogatorio –  hanno affermato che la decisione di uccidere la madre era scaturita dalle presunte vessazioni psicologiche che Laura esercitava nei loro confronti.

A loro dire, non si sentivano mai abbastanza. Un tentativo assai irrealistico e maldestro di giustificare l’omicidio. Senza remore, anche dopo la confessione.

La scelta del fiume Oglio

Non è una coincidenza che i tre abbiano gettato il corpo di Laura nel fiume Oglio. La necessità di soddisfare i propri vezzi materiali, come l’acquisto della bramata automobile, li ha indotti a prediligere come “sepoltura” il fiume.

Difatti, è risaputo che i fiumi i corpi prima o poi, ed in tempi relativamente brevi, restituiscono i cadaveri. E la celerità ai loro occhi era divenuta fondamentale per evitare che dovessero decorrere i canonici dieci anni per la pronuncia di morte presunta. Nell'erronea convinzione che la cattiva conservazione di un corpo esposto alle acque di un fiume avrebbe impedito di stabilire la causa di morte.

Insomma, avevano bisogno dei soldi di Laura. E quel bisogno impellente li ha indotti in errore plurime volte. In particolare, le ore seguenti alla scomparsa  sono state un susseguirsi di passi falsi e bestialità. Basti pensare al video appello registrato quattro ore dopo l’allarme.

Troppo poco tempo per piangere senza lacrime la sparizione della madre. Mirto Milani aveva cercato in rete come realizzare il delitto perfetto. Ma i delitti perfetti non esistono, al massimo restano impuniti. Ma non sarà questo il caso.

Cosa succede adesso

Silvia, Paola e Mirto sono stati rinviati a giudizio per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e occultamento di cadavere. Il prossimo 27 ottobre inizierà il processo a loro carico d'innanzi alla Corte d'Assise di Brescia.

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