Sono da poco state rese note le risultanze medico legali relative all’omicidio di Laura Ziliani, ma questa tragica vicenda sembra non avere mai una fine. E non l’avrà sicuramente per Lucia, la terza sorella di Silvia e Paola, affetta da disabilità e rimasta sola insieme alla nonna nel ricercare verità e giustizia per la madre. Nel silenzio degli indagati, dunque, ho ricostruito per voi il comportamento non verbale di Silvia e Paola, le due figlie di Laura accusate dell'omicidio assieme a Mirto Milani. Dimostrando, attraverso l'analisi delle espressioni del volto delle due, come e perché mentano.
Il linguaggio non verbale di Paola e Silvia Zani
Il filmato strappalacrime attraverso il quale le figlie di Laura Ziliani hanno denunciato la scomparsa della madre, trasmesso dalla trasmissione "Chi l'ha visto?", dice molto sul loro reale stato emotivo di quelle ore. Tale condizione, difatti, può essere ricostruita avvalendosi dell’analisi del comportamento non verbale. Si rende doverosa una sintetica, ma a mio avviso interessante, premessa.
L’analisi in parola non si basa sullo studio dell’umore, che inerisce allo stato d’animo di un soggetto, bensì sull’indagine delle emozioni che investono la condizione mentale, psicologica e fisiologica della persona. Le emozioni, difatti, sono fortemente condizionate sia da fattori interni che esterni e si protraggono per un periodo di tempo relativamente breve. E, proprio in relazione alla temporaneità, esse sono determinanti per individuare le incongruenze tra il linguaggio verbale (quello parlato) e il comportamento non verbale (caratterizzato dalle espressioni del volto e del corpo).
L’analisi del comportamento non verbale, premettevo poc’anzi, si rivela pressoché utile nell’esaminare il video, divenuto virale, di Paola e Silvia Zani. Difatti, nonostante il viso delle due ragazze fosse integralmente coperto dalla mascherina chirurgica e dagli occhiali da sole, le loro espressioni hanno raccontato molto circa la reale condizione emotiva nella quale versavano.
Il primo elemento che è saltato all’occhio di tutti, o di quasi tutti, è stata sicuramente la totale assenza di lacrimazione. Una lacrimazione che, in un simile contesto di dolore, sarebbe stata indubbiamente fisiologica. Oltre che umana. Facciamo ancora un passo avanti in questa analisi. Da tale angolo di visuale, il primo segnale della sofferenza in un individuo lo si coglie guardandolo nella parte che si colloca in mezzo agli occhi. Nello specifico, osservando il corrugamento che si forma al di sopra del naso. Ebbene, tale corrugamento, sul volto delle due ragazze, è totalmente mancante. E allora, vi chiederete, come è possibile che le due ragazze, anziché trincerarsi dietro un confortante silenzio, sicuramente meno scoperchiabile, abbiano deciso di dar vita a quel “colpo di teatro”?
Si tratta di un aspetto spiegabile con quello che, in psicologia, viene definito effetto Otello, e cioè l’attribuzione di emozioni a cause diverse da quelle reali. Dunque, Silvia e Paola, davanti alla telecamera, manifestando una sorta di “strangolamento emozionale”, non erano mosse dal dolore della perdita, ma solo dal timore di essere scoperte come presunte artefici del delitto.
La regia di Mirto Milani
L’omicidio di Laura Ziliani, per la brutalità che lo ha contraddistinto, richiama senza ombra di dubbio alla mente il parenticidio compiuto, più di trent’anni fa, da Pietro Maso. Certo, rispetto a quest’ultimo, nel caso dell’ex vigilessa c’è un preponderante discrimine riconducibile al fatto che la regia è appartenuta – stante ovviamente la presunzione di innocenza doverosa fino a sentenza definitiva – ad un soggetto estraneo alla famiglia: Mirto Milani. Da un lato l’insospettabile della porta accanto, dottore in psicologia e diplomato al conservatorio, dall’altro un uomo perverso al punto da intrattenersi sessualmente con le due sorelle. Un soggetto con tratti caratteriali tipici dell’avido manipolatore, mosso da un incontrovertibile sete di denaro. Sete che poteva essere appagata soltanto attingendo al patrimonio immobiliare della Ziliani. La donna, in concreto, era infatti diventata per lui eccessivamente scomoda, un ostacolo da rimuovere per il soddisfacimento dei suoi bisogni consumistici. L’attaccamento al denaro, unitamente alla relazione promiscua, erano divenuti bisogni impellenti al punto da dover essere lavati con il sangue di Laura.
La personalità di Silvia e Paola Zani
Come già accennato attraverso l’analisi del comportamento non verbale, Silvia e Paola Zani hanno fin da subito attuato un distacco emotivo rispetto all’omicidio della madre. E lo hanno fatto mentendo non solo con le parole, ma anche utilizzando il linguaggio e le espressioni del corpo. Silvia e Paola hanno evidenziato con i loro atteggiamenti come Laura rappresentasse esclusivamente un mezzo per soddisfare i loro personali bisogni di matrice egoistica. Bisogni che hanno trasformato la violenza fino a diventare assassina.
Alla base il risentimento nei confronti di chi deteneva tutto il patrimonio e voleva lasciarlo, in cospicua parte, a Lucia, la disabile delle tre sorelle. Due donne succubi e animate da un profondo stato di riverenza nei confronti dell’uomo che si dividevano anche sessualmente: Mirto Milani. Paola, fisioterapista di 26 anni, e Silvia, studentessa di 19 anni, avevano instaurato con la madre un divario emozionale incolmabile. Due ragazze, con personalità poco strutturata, e caratteristiche tali da poter essere abilmente manipolate da un uomo come Mirto.