Perché l’accoltellamento del poliziotto a Milano non c’entra nulla con l’utilità dei Cpr, come dice Salvini
"Mi auguro che, anche a sinistra, si convincano dell’importanza dei centri per il rimpatrio. Nessuna tolleranza e nessuna comprensione verso chi vuole portarci la guerra in casa, arrivando ad attentare alla vita delle Forze dell'ordine": è quanto ha scritto sul proprio profilo Facebook il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini commentando quanto accaduto in questi giorni a Milano.
Il 9 maggio, infatti, alla stazione Lambrate un uomo di 37 anni di nazionalità marocchina ha accoltellato un vice ispettore di polizia. Ventiquattro ore dopo un altro uomo, un richiedente asilo di nazionalità egiziana, ha provato ad aggredire alcuni agenti alla stazione Centrale. Uno dei poliziotti gli ha poi sparato a una spalla. Questi due fatti di cronaca a opera di due persone in evidente stato di disagio – il 37enne ha dichiarato al giudice per le indagini preliminari di vivere per strada – nulla hanno a che vedere con la necessità di avere altri Cpr.
Queste strutture – come dimostrato dalle indagini che hanno portato all'amministrazione giudiziaria del centro di via Corelli a Milano – non sono la risposta adeguata: spesso fatiscenti, sono luoghi in cui non esistono diritti e dove le condizioni sono al limite dell'umanità.
Maurizio Ambrosini, sociologo e professore all'università Statale di Milano noto per i suoi studi sulle migrazioni, ha spiegato a Fanpage.it che "i Cpr non sono lo strumento adatto per curare le malattie psichiche. C'è una confusione di situazioni e problematiche. Molti anni fa, grazie al lavoro di Franco Basaglia e di altri psichiatri e di una politica che aveva recepito gli stimoli del loro operato, abbiamo abolito i manicomi. Per gli stranieri, che con ogni evidenza dimostrano problemi psichici, secondo alcuni la cura sarebbero i Cpr: a me sembra un approccio sbagliato".
"Quando denotano segni di squilibrio invece di curarli, li abbandoniamo a loro stessi. La risposta che il ministro Salvini, che non mi sembra un esperto di psichiatria, vuole dare è la detenzione. C'è, a mio parere, una confusione di piani e probabilmente una volontà di strumentalizzare il caso per far passare una linea politica", ha proseguito il professore.
"Al Governo, in questo momento, non c'è qualcun altro. E mi sembra che il partito del ministro Salvini insieme agli alleati hanno detto, ripetuto, scritto e decretato che fossero aperti nuovi Cpr. Dovrebbero prendersela con sé stessi se non sono riusciti a fare quello che hanno promesso ai propri elettori. Il ministro Salvini forse dovrebbe chiedere le dimissioni del ministro dell'Interno se non sono stati capaci di aprire altri Cpr. Chi gli impedisce di mettere un immigrato con il decreto di espulsione nel Cpr? C'è forse un potere di veto di qualche Ong o operatore umanitario alla detenzione? Sono esattamente loro che hanno potere, risorse, mezzi legislativi e agenti a disposizione per mettere tutti gli stranieri che credono nei Cpr".
In queste ore è stato inviato l'avviso di conclusione indagini per il caso del Cpr di via Corelli a Milano che denota come queste strutture siano luoghi tenuti in condizioni riprovevoli: "È evidente che, ammesso che ci sia un senso nella detenzione del Cpr, bisogna poi vigilare sulle condizioni in cui questa avviene. Ci stiamo lamentando per i trattamenti inflitti a Ilaria Salis in Ungheria e di Matteo Falcinelli negli Stati Uniti, quando noi deteniamo dei migranti che non hanno nemmeno commesso reati in strutture dove ricevono trattamenti del genere. Siamo ai confini con la tortura e certamente con la negazione dei diritti fondamentali. Siamo in contraddizione con noi stessi".
"In generale i Governi e le opinioni pubbliche sono molto attive – ha spiegato il docente – nel difendere i diritti umani dei loro concittadini all'estero, ma sono meno sensibili al rispetto dei diritti umani nei loro confini quando ci sono di mezzo le loro autorità competenti. Basti pensare alla difficoltà in Italia ad approvare una legge contro la tortura e al fatto che le forze al Governo vogliono abolire quel minimo di tutele".
Ma al di là delle condizioni in cui versano, i Cpr sono davvero utili? "Gli attuali Cpr sono stati approvati da un Governo di centrosinistra, guidato all'epoca da Romano Prodi: erano una condizione necessaria affinché l'Italia fosse ammessa agli accordi di Schengen. I nostri partner europei avevano eccepito che il Paese non avesse strutture adeguate per il trattenimento e l'espulsione di migranti in condizione irregolare".
"Credo che, in linea di principio, tutti i Paesi democratici abbiano misure e strutture per trattenere i migranti in vista dell'espulsione in particolare quando sono dimessi dal carcere o di una certa gravità sociale. Non contesto il principio in sé, ma le condizioni di detenzione: i Cpr sono peggiori dei carceri perché non essendo istituiti come tali mancano di quelle politiche strutturali e rieducative che nelle strutture penitenziarie ci sono o quantomeno dovrebbero esserci: corsi di formazione, attività di lavoro, sportive e di assistenza spirituale".
C'è poi un altro problema: "Se mancano accordi con i Paesi di origine, come è noto, dopo un trattenimento più o meno lungo nei Cpr, le persone vengono rilasciate dopo aver subito sofferenze inutili e un degrado nel benessere e nella salute psichica. Ci saranno quindi ricadute che poi ricadono sul territorio. Una volta che una persona è trattenuta per 18 mesi in condizioni come quelle di via Corelli è difficile che non sia arrabbiata, scombussolata e disperata".
"Il problema è che i Cpr vengono tenuti aperti o se ne reclama a gran voce la riaffermazione, sostanzialmente per due ragioni: per la speranza di esercitare effetto di deterrenza sugli immigrati e per far vedere all'opinione pubblica che si fa sul serio e che si lotta contro una "pericolosa" immigrazione irregolare. Su sei milioni di immigrati e 500mila irregolari, ogni tanto uno che va fuori di matto è una possibilità statistica inevitabile".
Durante l'interrogatorio al giudice per le indagini preliminari, il 37enne accusato del tentato omicidio del vice ispettore ha affermato di essere in un condizione di disagio: "È una persona che dovrebbe essere curata dal punto di vista psichiatrico e invece è abbandonata, lasciata per strada. Ammettiamo per un momento che il ministro Salvini abbia ragione, cosa succede dopo 18 mesi di permanenza nel Cpr se non sono capaci di espellerlo? Questa persona era già stata colpita da un ordine di espulsione eppure era in strada. Dopo 18 mesi lo rilascerebbero più arrabbiato e disperato di prima. Mi sembra che sia un esempio di strumentalizzazione e di politicizzazione di problemi che andrebbero affrontati in modo diverso".