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Caso Chiara Ferragni

Perché la pubblicità ingannevole di Chiara Ferragni dei pandori Balocco non è una truffa, secondo un magistrato

È stato presentato un esposto in Procura a Milano che ipotizza il reato di truffa aggravata per il caso Ferragni-Balocco. A Fanpage.it Valerio de Gioia, consigliere della Corte d’Appello, ha spiegato che non sembrerebbero esserci gli estremi per ipotizzare il reato di truffa.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nella giornata di oggi, martedì 19 dicembre, è arrivato sul tavolo del procuratore di Milano Marcello Viola un esposto presentato dalle associazioni Codacons e Assourt (associazione utenti dei servizi radiotelesivi). Il documento ipotizza il reato di truffa aggravata per il caso del pandoro Balocco che vede coinvolta l'azienda produttrice e la società dell'imprenditrice digitale Chiara Ferragni.

Lo scorso 15 dicembre, infatti, l'Antitrust ha comminato una multa da un milione di euro all'azienda di Ferragni e da 420mila euro all'impresa dolciaria. Per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, infatti, entrambe "hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro ‘griffato' Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all'ospedale Regina Margherita di Torino".

Adesso, a seguito dell'esposto presentato dalle due associazioni, la Procura del capoluogo meneghino dovrà decidere che tipo di fascicolo aprire. Le ipotesi, infatti, sono tre: il modello che non presenta ipotesi di reato né indagati (il 45), quello con ipotesi di reato ma senza indagati (il 44) o con ipotesi di reato e indagati (il 21). Dopodiché potranno essere disposti ulteriori accertamenti sul caso.

"C'è differenza tra truffa aggravata e una pratica commerciale scorretta. Credo che, sulla base di quanto ho potuto leggere finora, questo non sia un caso di truffa aggravata. Verosimilmente il procedimento giudiziario sarà archiviato", ha spiegato a Fanpage.it Valerio de Gioia, Consigliere di corte di appello.

Perché si parla di truffa aggravata?

Non poteva essere diversamente perché se fosse stata una truffa semplice, l'esposto doveva essere presentato entro novanta giorni dai fatti, altrimenti la querela è tardiva.

Quali sono gli elementi che dovrà valutare il procuratore?

Dovrà valutare se sussistono artifizi o raggiri. Si tratta della cosiddetta messa in scena: una ricostruzione artificiosa che è idonea a ingannare un altro soggetto, che altro non è che la persona offesa. In questo caso specifico, le vittime dovrebbero essere considerati i consumatori.

Ci sono gli estremi per configurare il reato di truffa aggravata?

No, secondo me no. Il fatto che l’autorità garante per la concorrenza e il mercato sia intervenuta non vuol dire che automaticamente ci sia stata una truffa. L’autorità garante per la concorrenza e il mercato interviene quando la pubblicità, in qualche modo, può risultare ingannevole. Una cosa è la pubblicità ingannevole e un’altra è la truffa.

Questo caso nasce perché l’autorità garante ha sanzionato le società perché ha ritenuto che il consumatore sia stato tratto in inganno poiché a una lettura disattenta sembrava che una percentuale dell’importo che veniva corrisposto per il Pandoro poi venisse destinato in beneficenza.

È stata quindi considerata una modalità idonea a trarre in inganno. Da qui la decisione di sanzionare le imprese. La multa, ovviamente, può essere oggetto di impugnazione davanti al Tar quindi non è definitiva.

Che differenza c'è tra pubblicità ingannevole e truffa aggravata?

Valorizzare in maniera eccessiva un prodotto che potrebbe non presentare le caratteristiche indicate non significa automaticamente truffare il destinatario di quel prodotto. La pubblicità è ingannevole quando per spingere la vendita valorizza delle qualità che non sono sviluppate.

La truffa invece sussiste quando con artifici e raggiri si induce a comprare un prodotto che non si sarebbe mai acquistato: prendendo a esempio il pandoro, si tratta di convincere con artifici e raggiri ad acquistare un pandoro per poi non trovare nulla all'interno della scatola o qualcosa di diverso.

Bisogna eliminare però l'automatismo che la pubblicità ingannevole sia identica alla truffa. In questo caso specifico, non penso che ci sia stata una truffa. Chi ha comprato il prodotto ha scelto quello al posto di un altro pensando che una parte andasse in beneficenza. Il prodotto però lo ha avuto. Se lo avesse comprato e non avesse trovato nulla, sarebbe stata truffa.

Un conto è venire condizionati nell'acquisto di un pandoro, quando lo si vuole già comprare, scegliendo di comprarne uno al posto di un altro. Un conto è spingere le persone a comprare un pandoro quando non lo volevano e non trovare poi quel prodotto. In quest'ultimo caso si parla di truffa.

Il pubblico ministero potrebbe scegliere di non proseguire con le indagini? 

L’esercizio dell’azione penale in Italia è obbligatorio. Qualsiasi denuncia, salvo che non sia palesemente e manifestamente campata in aria, è idonea a fare esercitare l’azione penale. Questo non vuol dire che poi sfocia in un rinvio a giudizio, il pm – dopo che ha svolto le sue indagini anche delegando la polizia giudiziaria – può arrivare alla richiesta di archiviazione.

Per quello che ho potuto vedere e leggere, inizieranno le indagini della procura e verosimilmente sarà archiviata. La Procura dovrà capire se si tratti di truffa o di pubblicità ingannevole e, in secondo luogo, a chi deve essere riferita.

Certo è che se ci fossero gli estremi della truffa aggravata, la stessa autorità garante quando ha ricevuto la segnalazione avrebbe dovuto trasmettere la notizia di reato all'autorità giudiziaria. Se l'autorità garante non ha ritenuto di trasmettere gli atti in procura, vuol dire che anche loro hanno intuito che poteva profilarsi una pubblicità ingannevole, ma non una truffa.

La replica del Codacons

Il Codacons in persona del legale rappresentante p.t., Avv. Giuseppe Ursini, e l’Associazione Utenti Servizi Radiotelvisivi, in persona del rappresentante p.t Aldo Azzaro, significano quanto segue:

"Si legge con stupore l’articolo indicato in oggetto pubblicato dalla testata giornalistica in indirizzo, a cura della Giornalista Ilaria Quattrone, ove sarebbero riportate talune valutazioni dell’ intervistato Valerio de Gioia, Consigliere della Corte d’Appello di Roma con riferimento alla questione pubblicità ingannevole del Pandoro Balocco ad opera della Sig.ra Chiara Ferragni. Si leggono con stupore le argomentazioni riportate poiché si vorrebbe, attraverso l’attività giornalistica, far intendere, come la condotta posta in essere dalla Sig.ra Ferragni sia totalmente esente da ogni profilo penale inerente la truffa aggravata. Forse, la giornalista, o forse il Consigliere De Gioia, non hanno ancora avuto modo di leggere il provvedimento dell’Agcm di conclusione dell’istruttoria sulla pratica commerciale in questione, poiché dagli esiti della stessa, così come riportati dall’Autorità, emergono dettagli e aspetti che non possono in alcun modo condurre a conclusioni in termini di certezza sulla assenza di profili penalmente rilevanti che solo il titolare dell’azione penale eventualmente potrà decretare a seguito di approfondite indagini sulla documentazione oggetto dell’istruttoria. Si rammenta che sia la Sig.ra Ferragni sia la Balocco erano pienamente consapevoli del fatto che le vendite del Pandoro in questione non sarebbero state destinate a finanziare l’ospedale".

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