Perché la proprietaria di un b&b in centro a Milano è stata costretta a pagare più di 40mila euro dal condominio

È una sentenza della Corte di Cassazione che adesso obbliga la proprietaria di un b&b in centro a Milano a pagare oltre 40mila euro di penale dopo anni di battaglie legali con il condominio che ospita l'attività di accoglienza e che non ha mai avuto intenzione di permetterne l'esercizio nel proprio palazzo. Ma come è potuto accadere? Gli altri inquilini di uno stabile hanno davvero il potere di vietare gli affitti brevi?
La battaglia legale tra la proprietaria del b&b e il condominio
Tutto inizia nel 2018, quando la proprietaria del bed and breakfast perde la causa di primo grado contro lo stabile dove ha sede la sua struttura ricettiva. In questa occasione il giudice stabilisce una penale per il periodo seguente: se l'attività dovesse proseguire, insomma, per la responsabile scatterà una "multa" di 100 euro al giorno. Quest'ultima così presenta subito ricorso per chiedere che, in attesa di sentenza definitiva, la misura le venga sospesa nella sua parte esecutiva. Una volta che la sospensione le viene accordata la titolare decide quindi di proseguire con la professione, e continua in questo modo a ospitare clienti nelle sue stanze.
Nel frattempo, però, si svolge la causa civile di secondo grado e il verdetto, pronunciato il 30 aprile 2020, è ancora una volta favorevole al condominio che in blocco si oppone all'esercizio di bed and breakfast all'interno del palazzo. Tale sentenza "riattiva" di conseguenza la penale "congelata" tra il primo e il secondo grado di giudizio, e "in forza di quest’ultima pronuncia e a seguito del suo passaggio in giudicato per mancata impugnazione" di fatto porta la donna a dover sborsare oltre 40mila euro (40.200) per il periodo di lavoro compreso tra il primo gennaio 2019 e l'8 marzo 2020, quando la piccola attività di accoglienza è comunque costretta a fermarsi per il lockdown che paralizza l'Italia intera.
Il condominio può impedire l'attività di b&b?
A contrapporsi, in questo caso, sono stati da una parte la titolare del b&b che, avendo ottenuto regolare licenza, desidera trarre profitto dalla sua proprietà; dall'altra i condomini che si sono trovati a dover sopportare il continuo via vai degli ospiti dallo stabile. Chi ha ragione?
La possibilità di adibire o meno un appartamento privato a b&b all'interno di un condominio è stata più volte dibattuta nelle aule dei tribunali. E contrariamente a quanto accaduto stavolta, in passato è già stato decretato più volte che l’attività di affitto breve a cui viene destinato un appartamento non può essere vietata: in poche parole, l’assemblea condominiale non ha il potere di bloccare la sottoscrizione di questi contratti.
A fare eccezione sono però i casi in cui sia proprio il regolamento condominiale a contenere già delle specifiche clausole sul tema, espliciti divieti approvati all'unanimità e trascritti all'interno dei registri immobiliari per lo svolgimento di alcune attività come centri massaggi, studi professionali o, appunto, affittacamere, considerati potenzialmente dannosi per la tranquillità, il decoro e la sicurezza dei condomini: fatto salvo il diritto di ogni proprietario di usare il proprio appartamento come preferisce, permane infatti in capo allo stesso l’obbligo di rispettare i diritti degli altri condomini, sia per quanto riguarda le parti comuni sia per le proprietà private. Il proprietario dell'appartamento, quindi, potrà svolgere la sua attività solo previa modifica dello stesso regolamento, per la quale però è necessario il consenso unanime di tutti gli altri vicini.