Perché la nuova organizzazione delle richieste di asilo non risolverà i problemi dei rifugiati a Milano
Secondo alcune anticipazioni, la Questura dovrebbe intervenire per risolvere i problemi delle persone che devono presentare richiesta di asilo politico presso gli uffici di via Cagni a Milano. Da molti mesi, infatti, ogni notte tra domenica e lunedì si verificano scontri e disordini a causa delle troppe persone che si accampano lì, spesso al freddo, per assicurarsi un posto nell'unico giorno disponibile in cui è possibile avanzare la domanda.
In teoria, è bene a ricordarlo, quello di richiedere l'asilo politico dovrebbe essere un diritto di tutti i cittadini, ma ovviamente la commissione nazionale per le richieste di asilo può poi rigettare la richiesta. Nel frattempo però il richiedente ha il diritto di soggiornare nel Paese ospitante.
A Milano questi diritti non vengono garantiti, in quanto i cittadini stranieri che vorrebbero fare domanda di asilo non riescono neanche a presentare la richiesta visti i pochi posti a disposizione. Per questo motivo ora la Questura avrebbe deciso di raddoppiare il numero delle persone che saranno ricevute nel giorno prestabilito. Ma – è qui sta l'inganno – i giorni saranno dimezzati: non più una volta alla settimana, ma una volta ogni quindici giorni.
Cos'è successo ieri notte in via Cagni
"Non abbiamo avuto comunicazioni da parte della Questura, così come non le hanno avute le persone che dovranno recarsi lì. Da quello che abbiamo capito, tramite comunicazioni ufficiose, è che la quantità di persone che verranno accolte sarà raddoppiata, ma ovviamente una volta ogni due settimane. A nostro avviso, il numero di persone che entrerà sarà sempre lo stesso. Non è nulla di risolutivo", spiega l'Associazione Naga di Milano a Fanpage.it che garantiscono assistenza, cure e diritti alle cittadine ai cittadini stranieri.
Considerato che al momento non ci sono comunicazioni ufficiali e che, molto probabilmente, per chi presenterà domanda sarà difficile poterle reperire l'Associazione presenzierà anche domenica prossima: "Verificheremo se ci sarà qualcuno a spiegare i cambiamenti o se troveranno tutto chiuso".
E soprattutto se ci saranno disordini come nelle ultime settimane: "Ieri si sono verificati episodi molti simili a quelli accaduti in questa settimana dettati dalla mancata di chiarezza circa le modalità di selezione delle persone che possono entrare. Nemmeno noi siamo ancora riusciti a capire quale fosse il criterio. Abbiamo visto che venivano selezionate alcune persone dei gruppi soprattutto arabofoni, ma non c'è stato modo di capire se ci fosse una modalità precisa. Stante la precedenza accordata alle famiglia con bambini, che è sacrosanta, il resto continua a essere opaco. Le persone che sono lì cercano di far sentire le proprie posizioni. Penso per esempio ai ragazzi ritratti con alcuni foglietti in mano. Quei fogli, molto spesso, sono stati rilasciati da altre Questure d'Italia: c'è una data e il luogo in cui devono presentarsi per richiedere asilo. Capita quindi che, anche quando si presentano lì nel giorno esatto, hanno trovato chiuso".
Qualcosa, seppur lentamente, sta però migliorando: "Ieri sera c'è stato un atteggiamento sicuramente diverso da parte dei reparti di polizia, incaricati di mantenere l'ordine. Gli agenti non erano in tenuta anti-sommossa e non avevano nemmeno i manganelli. C'era un mediatore di lingua araba disponibile a dialogare con le persone in attesa. Le persone sono riuscite a entrare. Non sono state lasciate sul marciapiede, ma quando la fila è stata chiusa è stata aperta la porta che ha permesso loro di transitare in un cortile. Sono stati fatti entrare in un tendone riscaldato. È una condizione migliore rispetto a quello che abbiamo visto nelle ultime settimane dove venivano lasciati sul marciapiede tutta la notte. Alla fine sono entrate circa 280 persone e quelle rimaste fuori erano molto meno della metà".
"Sono dei segnali positivi, sicuramente frutto di una certa attenzione che è stata esercitata non solo da noi, ma anche dai mezzi di informazione e dalla politica. Non sono provvedimenti risolutivi. Ovviamente chi si presenterà la settimana prossima e non potrà entrare, non si avrà una situazione tranquilla. Sicuramente ci sarà parecchia gente fuori e ricominceranno i disagi".
Quali soluzioni quindi bisognerebbe prendere per garantire un miglioramento delle condizioni di accesso? "Aumentare il numero degli addetti, le risorse messe a disposizione, le attrezzature, gli spazi. Purtroppo è stato concepito un sistema che prevede accessi contingentanti, come se in una scuola con cinquecento iscritti, avessimo aule solo per trecento. I duecento però non spariscono. E questo dimostra che quanto fatto finora non è sufficiente".