Perché la condanna di Alberto Genovese non basta a dare giustizia alle vittime
La sentenza è arrivata intorno alle 11 di mattina al settimo piano del Tribunale di Milano. Ritenuto colpevole di aver prima drogato e poi abusato sessualmente di due ragazze di 18 e 23 anni, l’imprenditore Alberto Genovese dovrà scontare 8 anni e 4 mesi di carcere. Lo ha deciso la gup Chiara Valori, che ha anche condannato l’imputato al risarcimento di 50mila euro.
“Colpevolezza granitica, anche senza video”
Due anni e 5 mesi, invece, la pena prevista per l’ex fidanzata dell’imprenditore, Sarah Borruso, accusata del concorso nell’abuso della 23enne, in una villa a Ibiza. “È stato riconosciuto in maniera granitica l’impianto accusatorio – dice soddisfatta l’avvocata Gaia Inverardi, legale della giovane -. E non solo dove vi erano evidenze filmate”. Le telecamere di sorveglianza della casa dietro al Duomo di Genovese avevano infatti ripreso le violenze perpetrate nei confronti della 18enne, sequestrata nella camera dell’uomo per un giorno intero, mentre non c’erano documenti simili sull’abuso nell’isola spagnola.
Una sentenza che, secondo Antonella Veltri, presidente di DiRe, rete nazionale contro la violenza sulle donne, definisce “storica”, “interrompe finalmente quel meccanismo di doppia vittimizzazione, prima per mano di un uomo e poi in tribunale, perpetuato su chi denuncia una violenza. Attualmente solo il 33 per cento delle donne seguite nei centri anti violenza decidono di intraprendere un percorso penale, perché hanno paura di non essere credute”.
“Ci aspettavamo di più”
Minimizzare, ridurre, svilire il dolore non fa che renderlo più grande. Ecco perché l'ombra di questa sentenza si posa proprio sul volto poco soddisfatto di Luigi Liguori, legale della ragazza stuprata a Milano, la prima a denunciare gli abusi: “Da parte mia – commenta uscito dall’aula – c’è piena condivisione sull’esito penale, mi aspettavo di più per quanto riguarda il risarcimento”. Un milione e mezzo – tre volte quanto deciso dal gup – era infatti la cifra richiesta dall’avvocato della vittima, anche in considerazione del fatto che la giovane donna presenta oggi un’invalidità permanente del 40 per cento. E anche se nessuna cifra potrà mai restituire alla ragazza la vita che aveva prima dell'incubo alla "Terrazza sentimento", la somma quantifica in un certo modo la gravità che ancora oggi la violenza di genere non riesce ad assumere.
Alberto non parla e non si pente
L'unico a non aprire bocca, se non per scansare i giornalisti, è Alberto Genovese, che in questo periodo sta affrontando un percorso di disintossicazione, dopo aver ottenuto i domiciliari. "Da parte sua – commenta Garisto – sono arrivate parole di pentimento per la vita dissoluta condotta in passato ma non per il dolore inflitto alle vittime, tra le quali, non dimentichiamolo, c'è anche l'ex fidanzata Sarah, per la quale, dopo le sue dichiarazioni, abbiamo deciso di ritirare la costituzione in parte civile".