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Caso Chiara Ferragni

Perché il trasferimento dell’indagine sui pandori Balocco a Cuneo potrebbe favorire Chiara Ferragni

Le due Procure che stanno indagando sul caso pandoro Ferragni-Balocco, ovvero Milano e Cuneo, stanno procedendo in parallelo e con la massima collaborazione: a un certo punto del procedimento giudiziario però una delle due Procura dovrà fare un passo indietro. Cosa cambierebbe per Chiara Ferragni se le indagini fossero seguite solo da Cuneo?
A cura di Giorgia Venturini
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Continuano le indagini delle due Procure sul caso pandoro Balocco-Ferragni. Milano e Cuneo stanno procedendo con la massima collaborazione con lo scopo di fare tutti gli accertamenti del caso e chiudere le indagini il prima possibile dato il clamore mediatico su questa vicenda. Come ribadito più volte dai magistrati, a un certo punto del procedimento giudiziario una delle due Procura dovrà fare un passo indietro e cedere la competenza all'altra.

Se non si arrivasse a un accordo, ovvero se tutte e due le Procure si ritenessero competenti a seguire il caso, spetterà alla Procura generale della Cassazione intervenire e scegliere il Tribunale chiamato a procedere. Ma cambierebbe qualcosa per le due indagate per truffa aggravata, ovvero Chiara Ferragni e Alessandra Balocco, se fosse una o l'altra Procura a seguire il caso?

Cosa cambierebbe se le indagini fossero seguite solo da Cuneo

A punto in cui stanno le indagini ora nulla cambia: entrambe le Procure stanno procedendo allo stesso modo, ma le cose potrebbero cambiare. Al centro di accertamenti ora c'è da capire chi ha responsabilità per truffa: anche Cuneo ha aperto le indagini – sono stati chiesti e ottenuto da Milano ufficialmente gli atti – perché sosterrebbe che l'eventuale ingiusto profitto, requisito previsto per la qualificazione del reato di truffa, sia stato realizzato a Fossano, dove ha sede l'azienda dolciaria.

In altre parole: responsabile di un eventuale reato di truffa sarebbe chi ha incassato i guadagni della vendita del pandoro. Se così fosse la questione del cachet versato dall'azienda all'influencer, ovvero un milione e 100mila euro, potrebbe non c'entrare nulla con il reato: Chiara Ferragni potrebbe avere un ruolo più marginale. Sono ancora tutte ipotesi, che richiedono però ancora verifiche e verifiche. Anche perché la Procura di Milano non sarebbero convinta di questa piega dei fatti e per questo continua a indagare.

Come stanno proseguendo le indagini

Il fascicolo è quindi ancora sul tavolo di tutti e due gli inquirenti. Questa settimana si sta procedendo a sentire i teste, ovvero le persone informate sui fatti. Nessuno dei due magistrati che stanno seguendo il caso, ovvero Eugenio Fusco per Milano e Onelio Dodero per Cuneo, ha chiamato le indagate per ascoltarle: non si sa se questo avverrà, ma nel caso solo dopo aver sentito tutti gli altri teste. Le imprenditrici tramite i loro legali, la Ferragni è seguita dagli avvocati Marcello Bana e Giuseppe Iannaccone, potranno esprimere la volontà di un loro interrogatorio: stando a fonti Fanpage.it, l'influencer non vedrebbe l'ora.

Nell'ultimo comunicato del 14 gennaio i legali di Chiara Ferragni hanno precisato: "In seguito a continue sollecitazioni ricevute da vari organi di informazione Chiara Ferragni, anche in qualità di Amministratore Delegato di TBS Crew Srl e di Fenice Srl, ribadisce che risponderà esclusivamente alle autorità competenti a cui conferma la propria fiducia ed è a loro disposizione per chiarire quanto accaduto".

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