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Omicidio Sharon Verzeni

Perché il “modello Yara” è l’unico modo per trovare l’assassino di Sharon Verzeni: chi può essere Ignoto 1

Come era avvenuto nel 2010 per l’omicidio della piccola Yara Gambirasio anche per l’omicidio di Sharon si cercherebbe un Ignoto 1.
A cura di Margherita Carlini
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Per tentare di stabilire l’identità dell’assassino di Sharon Verzeni, uccisa a Terno d’Isola la notte tra il 29 ed il 30 luglio con quattro coltellate, gli inquirenti avrebbero scelto di adottare il “metodo Yara”. Mentre il RIS di Parma sta analizzando le tracce repertate sul corpo e sugli abiti indossati da Sharon la notte dell’omicidio, gli investigatori hanno iniziato a profilare una serie di persone, tra le quali i residenti di via Castagnate, dove è avvenuto l’omicidio e di altre vie limitrofe. Anche in questo caso quindi si sarebbe deciso di procedere con le analisi genetiche da affiancare a quelle tradizionali che hanno già comportato l’ascolto di testimoni e persone vicine alla vittima, come il compagno di Sharon, Sergio Ruocco che in questi giorni è stato risentito per oltre cinque ore.

Così, come era avvenuto nel 2010 per l’omicidio della piccola Yara Gambirasio, il cui corpo era stato rinvenuto a tre mesi dalla scomparsa in un campo di Chignolo d’Isola (che dista meno di tre chilometri da Terno d’Isola), anche per l’omicidio di Sharon si cercherebbe un Ignoto 1.

Per Yara furono 22.000 i campioni acquisiti e confrontati con il profilo genetico rinvenuto sugli slip e sui leggins della bambina, ma nel caso di Sharon l’indagine potrebbe essere più circoscritta. Significativa potrebbe essere la comparazione con un DNA estratto da una traccia mista con il profilo della vittima. In questo caso però sembra che al momento non sia stato isolato nessun profilo genetico dal corpo e dagli indumenti di Sharon. Una differenza sostanziale con il caso Gambirasio, nel quale si è proceduto all’acquisizione di campioni di DNA dopo aver isolato il profilo di Ignoto 1 poi risultato appartenere a Massimo Bossetti.  Sarebbe stato attivato infatti un protocollo preesistente al caso Yara, che prevede, per esclusione, il prelievo di tamponi di soggetti che involontariamente potrebbero aver inquinato la scena oltre che l’analisi di campioni che sono ritenuti di interesse investigativo. Pertanto è possibile che l’attenzionamento di via Castagnate serva, in questa fase delle indagini, per escludere tracce che appartengano a persone che sono sopraggiunte in un secondo momento o che comunque non hanno nulla a che vedere con l’omicidio.

Gli elementi che sono stati resi noti in merito all’esame autoptico e alle abitudini di Sharon, fanno pensare piuttosto ad un assassino che la conosceva e che ha posto in essere un agguato premeditato.

Le modalità di esecuzione dell’omicidio e l’assenza di ferite da difesa, sono compatibili con l’ipotesi di un’aggressione avvenuta in tempi rapidi, senza che Sharon avesse il tempo o sentisse il bisogno di difendersi. Forse perché appunto, chi l’ha uccisa la conosceva e lei non si è allertata? O perché è stata aggredita di spalle mentre ascoltava la musica dagli auricolari?

Ipotesi queste che mal si conciliano con l’azione di qualcuno che abbia scelto di “punire” Sharon perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ciò non esclude la possibilità che l’assassino nel corso dell’aggressione possa essersi ferito o possa essere entrato in contatto diretto con la ragazza, lasciando sui suoi abiti tracce che ora potrebbero risultare determinanti.

Sembra inoltre che il telefono di Sharon abbia generato traffico in quei cinquanta minuti trascorsi da quando è uscita di casa a quando è stata uccisa. Non sappiamo ancora se Sharon abbia telefonato, ricevuto chiamate o se abbia scambiato messaggi con qualcuno, ma il fatto che, a quell’ora della notte, abbia utilizzato il telefono, non consente al momento di escludere l’incontro con una persona che Sharon conosceva. Qualcuno con cui la ragazza poteva avere un appuntamento o che magari l’ha attirata in una trappola, portandola ad uscire per quella passeggiata che da tre giorni non aveva effettuato e che pertanto non risulterebbe essere stata un’azione così di routine.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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