Perché il decreto Asset non basterà a risolvere il problema dei taxi a Milano
Lo scorso giovedì 5 ottobre la Camera dei deputati ha approvato il cosiddetto Decreto Asset. Tra le novità che introduce questo provvedimento, ce ne sono alcune che vanno a modificare in modo significativo il sistema taxi in tutto il Paese e, soprattutto, nelle grandi città. Una di queste, quella più discussa, è relativa al numero di licenze che i Comuni delle Città metropolitane, come Milano, sedi di aeroporto e capoluoghi di regione, possono aumentare fino al 20 per cento attraverso un concorso straordinario.
A poche ore dall'approvazione del Decreto Asset, sindacati e sindaci si sono fatti sentire. Da un lato, le associazioni di categoria (Usb) hanno annunciato che domani, martedì 10 ottobre, scenderanno in piazza per protestare a tutela di chi già possiede una licenza e teme di poter vedere le proprie entrate ridotte. Dall'altro, i primi cittadini come Giuseppe Sala accusano il governo di scaricare su di loro l'intero problema. Intervistato da Fanpage.it, Matteo Colleoni, professore ordinario di Studi urbani all'Università Milano-Bicocca, spiega quali potrebbero essere le conseguenze di queste novità per una città come Milano e quale, secondo lui, sarebbe la soluzione più idonea per i tassisti ma anche per i cittadini.
In poche parole, in cosa consiste il dibattito sulle licenze?
Diciamo che molto spesso chi è favorevole all'incremento delle licenze sostiene che in altre grandi città comparabili a quelle italiane esiste una disponibilità di vetture più alta perché c'è una maggiore disponibilità di licenze.
Viceversa, chi è più per una politica protezionistica reagisce dicendo: "L'Italia non è New York, non è Parigi o Londra", quindi rischieremmo che questo incremento di disponibilità porti al problema che non ci sia poi abbastanza domanda rispetto all'offerta, quindi pochi clienti e tanti taxi.
Cosa c'è di oggettivo?
È certo che aumentare il numero di licenze crei un sistema con maggiore competizione nel mondo dell'offerta. E pare che il legislatore lo abbia volutamente fatto, proprio per aumentare l'offerta soprattutto nelle grandi città, dove spesso non è sufficiente. Così facendo, però, si crea malcontento in chi è già dentro questo mercato, perché si vengono a creare dei competitor.
Però abbiamo visto tutti, o anche vissuto in prima persona, quelle code interminabili di persone fuori dalle stazioni ferroviarie o dagli aeroporti, soprattutto a Milano e a Roma, in attesa per ore di trovare un taxi libero che ci porti a casa.
Credo, però, che più che un problema di domanda e offerta, ci sia una questione di programmazione dell'offerta rispetto alla domanda. A Berlino non ci sono problemi a prendere la metropolitana anche alle 23, perché i treni sono frequenti, puliti ed efficienti. Nondimeno, ha un ottimo sistema di taxi, molti dei quali elettrici, gestiti da diverse cooperative che offrono un mercato diversificato ma comunque proficuo e positivo per la mobilità.
Quindi, quando si vedono quelle file di persone che devono prendere il taxi, dobbiamo chiederci perché si formano. Probabilmente c'è troppa domanda rispetto all'offerta, certo, però dobbiamo ragionare sul perché si deve prendere un taxi anche per piccoli spostamenti in città intasate da automobili.
Secondo lei qual è la risposta?
La mobilità del futuro è una mobilità integrata, quindi trasporto pubblico, car sharing, taxi e così via. Inoltre, dobbiamo superare l'idea che questi sistemi siano in competizione tra loro. Il sistema dei taxi, che è fondamentale, funziona tanto meglio quanto è efficiente il trasporto pubblico.
Cosa intende?
Se in una grande città ci limitiamo ad aumentare le licenze dei taxi, finiremo solo con l'aggravare la situazione traffico. Al contrario, il trasporto pubblico efficiente tende a ridurre il trasporto veicolare privato, lasciando più spazio per i taxi che possono girare a velocità più elevate, in maggior numero e quindi con prezzi più bassi per i clienti.
Non dobbiamo dimenticarci che il taxi è un mezzo collettivo: è molto meglio avere un'auto che porta 10 persone, piuttosto che 10 auto ciascuna con una persona all'interno.
Quale potrebbe essere, quindi, la soluzione?
Credo che in generale servirebbero interventi più attenti alle autonomie dei Comuni. Anche se è vero che molto spesso sono proprio loro che criticano le amministrazioni centrali di non dare linee guida. L'Italia è un Paese particolare anche rispetto agli altri Stati europei, i Comuni sono tanti e molti diversi tra di loro. Il nostro è un sistema molto frammentato, quindi ascoltare i Comuni e le loro esigenze credo sia sempre una buona pratica. Soprattutto per questioni spinose come quella dei taxi.