Perché è necessario ripensare l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati a Milano
Nei giorni scorsi il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha spiegato che nel capoluogo meneghino sono rimasti solo quattrocento posti disponibili per i minori stranieri non accompagnati. Sul tema, da diverso tempo, anche Regione Lombardia sostiene che il territorio non è più in grado di poter ospitare i ragazzini: le comunità sono già al limite e gli arrivi di migranti sono aumentati.
E proprio per questo motivo alcune cooperative propongono sistemi ibridi in grado sia di tutelare i minori che di accompagnarli in percorsi di crescita più idonei e adeguati alle loro persone.
"Si potrebbe inserire i minori in un appartamento dove esiste un monitoraggio e un presidio in diversi momenti della giornata, che rispetta il progetto di crescita, che non preveda una educatore 24 ore su 24 ore e che potrebbe essere meno dispendioso", spiega a Fanpage.it Rossella Pesenti della Cooperativa Sociale Il Melograno.
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha affermato che nel capoluogo meneghino è possibile ospitare ancora altri 400 minori stranieri non accompagnati. Qual è la situazione della vostra cooperativa?
La Cooperativa "Il Melograno" gestisce alcuni servizi nella città metropolitana e alcuni nella provincia di pronto intervento sociale dove vengono inoltrate le segnalazioni delle forze dell'ordine. Sulla base dei dati raccolti dal nostro Osservatorio, è possibile dire che gli arrivi sono aumentati dall'estate in poi. Di conseguenza c'è una maggiore ricerca di strutture di accoglienza.
I minori stranieri non accompagnati possono essere collocati nelle strutture collettive dedicate (CAS e SAI Minori) o in quelle educative. Le prime sono gestite dalle Prefetture e non sono molte. In alcuni momenti, quando in questi luoghi mancano i posti, i minori vengono trasferiti in strutture dedicate agli adulti. Per quanto riguarda le comunità educative è necessario fare un ulteriore distinzione.
Ci sono alcuni soggetti che decidono di dedicare le proprie strutture esclusivamente a minori stranieri non accompagnati. Altri, come per esempio Il Melograno, che punta a una accoglienza mista: ci saranno quindi sia ragazzi che sono stati allontanati dalle loro abitazioni che minori stranieri non accompagnati senza un circuito familiare su cui appoggiarsi.
Che ruolo ha il Comune di Milano?
Il Comune di Milano ha una filiera di accoglienza dedicata a minori stranieri non accompagnati. Esiste un hub e un servizio dedicato. Ha quindi cercato di dare una risposta coerente. In tutta Italia la gestione dei minori stranieri dovrebbe rispettare anche alcune regole date dalla legge 47 del 2017.
A oggi, però, questa legge non ha avuto ancora un'attuazione completa. Questo perché purtroppo esiste una ambivalenza: i minori stranieri non accompagnati non hanno sempre tutte le tutele dedicate ai minori che sono presenti sul territorio con le loro famiglie.
C'è poi un altro tema. I ragazzi che arrivano in Italia hanno esperienze di vita completamente diverse da chi è cresciuto nel territorio italiano. Si tratta di un bagaglio che li ha obbligati a crescere più in fretta del previsto. I ragazzini di 16-17 anni hanno vissuti che li hanno resi molto più grandi della loro età.
Portano, soprattutto, sofferenze, dovute al viaggio che hanno affrontato e alla separazione obbligata dalle loro famiglie, che sono significative. E proprio perché più vulnerabili, sono più attenzionati dai racket.
Questi circuiti offrono entrate economiche e di autonomia che il sistema di accoglienza non consente. Questo comporta che i ragazzini finiscano nelle mani di questi giri che li fa poi sparire. Come se non esistessero più.
Non c'è alcun modo di intercettarli?
È molto difficile. Spesso riescono a ottenere documenti falsi e di fatto poi non sono più rintracciabili. Effettivamente è difficile dare dei numeri di questo fenomeno. Abbiamo avuto un ragazzino che sospettavamo rientrasse in un giro illegale. Pensavamo che venisse messo in strada per spacciare: non ha mai raccontato nulla, ma aveva molto paura.
A un certo punto non voleva più uscire dalla struttura, era molto spaventato.
Alcuni comuni lombardi lamentano il fatto che ricevono pochi soldi dal Governo rispetto ai costi di gestione dei minori stranieri non accompagnati. È così?
La competenza amministrativa è in capo al Comune del territorio in cui il minore è rintracciato. I comuni più grandi sono più appetibili per i ragazzi, perché offrono maggiori possibilità. Per i minori inseriti nelle comunità educative, è previsto che il Comune possa chiedere un rimborso di parte della retta al Ministero dell’Interno.
Le comunità educative devono rispettare degli standard previsti dalla normativa nazionale e regionale. Una struttura può ospitare massimo 10-12 minori (Regione Lombardia ha però approvato una delibera che aumenta il numero di posti proprio per rispondere alla aumentata richiesta di posti), deve rispettare standard strutturali e prevedere un numero adeguato di personale. Questo significa che per 10-12 minori sono necessari sette educatori turnisti. Ci sono quindi costi di gestione significativi.
Nelle strutture di accoglienze collettive, invece, i numeri di educatori necessari a gestire i minori sono molto più bassi. Di conseguenza lo sono anche i costi. Probabilmente, per questo motivo, i Comuni sentono che la gestione gravi interamente su loro. La situazione si complica ancora di più, nel caso di Comuni più piccoli dove ci sono esigenze di bilancio.
Si potrebbe dare una risposta più adeguata alle esigenze di questi minori?
I minori, in quanto tali, hanno diritto ad avere tutte le tutele previste dal nostro ordinamento. Questi ragazzini necessitano di una cura emotiva e attenzione particolare. Hanno, allo stesso tempo, un grado di autonomia significativo. Per questo si potrebbe pensare a un "accompagnamento più leggero" rispetto a quello previsto nelle comunità.
Si potrebbe prevedere un accompagnamento personale che li spinge a investire sui propri talenti e capacità. In questo modo verrebbero anche ridotti i costi. Si potrebbe inserire i minori in un appartamento dove esiste un monitoraggio e un presidio in diversi momenti della giornata, che rispetta il progetto di crescita, che non preveda una educatore 24 ore su 24 ore e che potrebbe essere meno dispendioso.
Si potrebbe pensare a formule ibride che possano accompagnare realmente i ragazzi verso una vita diversa.
Perché gli affidi non funzionano in Italia?
È difficile investirci. L'affido è un istituto in crisi sia perché le condizioni di vita delle famiglie sono peggiorate sia perché non è stato sufficientemente sponsorizzato. Non è mai stata considerata una reale possibilità per ragazzi che hanno bisogno di essere accompagnati. Alla fine si tratta solo di consentire loro di poter essere guidati e tenuti lontani dal circuito della illegalità perché loro comunque mantengono i rapporti affettivi con le loro famiglia.
Su questo tema c'è molta miopia: non si riesce a capire che il 15enne di oggi, sarà domani un 30enne che lavorerà e pagherà le tasse. Per renderlo tale, però bisogna investire nelle fasi di crescita.