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Perché dopo tre anni potrebbe essere messa in discussione l’autopsia su Simone Mattarelli: la storia della morte

Simone Mattarelli è il ragazzo che è morto nel 2021 in provincia di Monza e Brianza dopo un inseguimento con i carabinieri. La Procura di Busto Arsizio ha chiesto e ottenuto l’archiviazione perché ritiene che la sua morte sia stata volontaria. La famiglia non ha mai creduto a questa ipotesi.
A cura di Ilaria Quattrone
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Simone Mattarelli (foto da Facebook)
Simone Mattarelli (foto da Facebook)

La famiglia di Simone Mattarelli, il ragazzo che è stato trovato morto nella mattinata del 3 gennaio 2021 dopo un inseguimento con i carabinieri avvenuto in provincia di Monza e Brianza, cerca ancora la verità. Gli inquirenti hanno fin da subito ipotizzato che si trattasse di un suicidio, ma i familiari non hanno mai creduto a questa possibilità. Il prossimo ottobre un'ultima udienza potrebbe decidere il destino di questo caso.

"Simone aveva una fidanzata da 10 anni, dovevano andare a convivere. Mio nonno era morto da qualche mese e ci aveva lasciato una bella eredità. Avevamo tanti progetti insieme. Gli piaceva uscire, gli piacevano le macchine e le moto, tutto tranne che volersi togliere la vita", ha detto il fratello Matteo a Fanpage.it.

La Procura di Busto Arsizio (Varese) ha aperto un'indagine per istigazione al suicidio, ma il 15 marzo 2021 ha richiesto l'archiviazione che è stata poi accolta, nonostante l'opposizione dell'avvocata Roberta Minotti che difende la famiglia.

Il 16 settembre 2022 la legale ha presentato un'istanza di riapertura delle indagini che è stata rigettata il mese successivo. L'avvocata e i consulenti di parte, che difendono la famiglia Mattarelli, sostengono che ci sono state diverse lacune nelle indagini eseguite dagli investigatori. Errori che, sempre secondo i familiari, ci sarebbero stati anche durante l'esame autoptico sul corpo di Simone.

Per questo motivo, a dicembre 2022 la famiglia ha denunciato il medico che ha eseguito l'autopsia. Per questa querela il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione, alla quale la famiglia si è opposta. Il 31 ottobre 2024 ci sarà l'udienza in camera di consiglio che stabilirà se archiviarla definitivamente oppure procedere con il rinvio a giudizio.

Il giorno della morte di Simone Mattarelli

La sera del 2 gennaio 2021 Simone Mattarelli era a casa con la madre e il fratello Matteo. Intorno alle 21 ha detto di voler andare a mangiare un panino al Mc Donald's di Lentate sul Seveso (Monza e Brianza). È uscito con l'automobile della donna. In quel periodo c'era il coprifuoco, una delle limitazioni previste per contenere la diffusione del Coronavirus. Mattarelli, quindi, sarebbe dovuto rientrare alle 22.

Non vedendolo arrivare, i familiari hanno iniziato a contattarlo, ma non hanno ricevuto risposta. Alle 23.05 sulla via Statale dei Giovi a Cermenate – a sette minuti circa da Lentate – Mattarelli ha incontrato i Carabinieri, fermi per un servizio di controllo. Alla loro vista, l'uomo ha deciso di effettuare la rotatoria in contromano per scappare. Da quel momento è iniziato un inseguimento.

All'altezza di Lazzate, i militari lo hanno perso di vista e hanno chiamato i rinforzi. Simone ha inviato alcuni messaggi a un parente della fidanzata che proprio in quelle zone aveva una ditta perché voleva nascondersi.

Intorno alle 2 di notte, ha contattato il padre: "Mi ha detto ‘papà, l'ho fatta grossa. Non mi sono fermato a un posto di blocco. Mi stanno inseguendo i carabinieri'. Sentivo le sirene. Gli ho risposto: ‘Non hai ammazzato nessuno, fermati', ma lui mi ha detto di averli fatti arrabbiare: ‘Se mi fermano, mi ammazzano'. Gli ho quindi detto di venire da me", ha raccontato l'uomo a Fanpage.it.

Alle 2.36, l'automobile di Mattarelli è rimasta impantanata nel fango vicino al parco dei Mughetti: "Eravamo al telefono. Ho sentito la macchina che si fermava. Si è messo a correre. L'ho sentito ansimare", ha aggiunto il padre di Simone.

A inseguirlo c'erano due carabinieri: un vice brigadiere, che indossava una bodycam, e un appuntato. Quest'ultimo ha sparato otto colpi d'arma da fuoco verso il terreno: "Li ho sentiti. Mi sono spaventato di brutto", ha spiegato Luca Mattarelli.

Simone, che nel frattempo aveva inviato tre localizzazioni al padre, è poi entrato nel cortile di un'azienda limitrofa al parco. A quel punto, il vice brigadiere ha spento il dispositivo che aveva al petto. Inoltre, dopo che i militari avevano chiesto i rinforzi, sono arrivati altri quattordici carabinieri.

Nel frattempo il padre di Simone ha provato a raggiungerlo. Nella zona di Rescaldina ha incontrato una pattuglia.

"Chiedo se stessero inseguendo un ragazzo a bordo di una Bmw nera. Mi dicono di sì. Gli ho chiesto come mai gli stessero sparando addosso, ma non mi hanno risposto. Mi hanno detto di tornare sulla mia auto che avrebbero chiesto delucidazioni ai loro colleghi. Dopo circa venticinque minuti, mi hanno detto di andare in caserma a Desio", ha ancora raccontato il padre.

Intanto i militari che stavano inseguendo Simone, hanno abbandonato le ricerche. Una squadra è stata inviata a casa del giovane e un'altra pattuglia ha riportato l'auto abbandonata dal ragazzo alla caserma a Desio.

"Arrivato alla caserma, mi hanno fatto aspettare per un quarto d'ora nella sala d'aspetto. Ho visto alcuni carabinieri sporchi di fango", ha spiegato il padre. "Tra loro, c'era un graduato al quale ho chiesto dove fosse mio figlio. Mi ha risposto che non lo sapeva e che lo avevano lasciato che scappava come una lepre al parco dei Mughetti a Origgio. Gli ho detto che alcuni suoi colleghi mi avevano detto che fosse in caserma, ma lui mi ha risposto che non c'era".

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Luca Mattarelli ha raccontato al militare di aver sentito alcuni spari: "Mi ha chiesto se fossi sicuro. Gli ho detto di sì e di far venire con me qualche carabiniere, così da cercarlo perché avevo paura fosse ferito. Mi ha detto di no. A quel punto, sono uscito dalla caserma e ho chiamato l'altro mio figlio".

Matteo ha detto al padre che in casa c'erano alcuni carabinieri che volevano una foto del fratello e i loro telefoni per sapere se avessero avuto contatti con lui.

Luca e Matteo Mattarelli hanno poi deciso di seguire il tragitto segnalato dalle posizioni inviate da Simone: "Due posizioni portavano all'interno della ditta Eurovetro vicino al parco dei Mughetti. L'altra invece all'esterno", ha raccontato il fratello a Fanpage.it.

Il ritrovamento del corpo di Simone Mattarelli

Matteo ha ricordato l'area perlustrata quel giorno: "Inizialmente abbiamo setacciato da soli il parco dei Mughetti. Abbiamo chiamato mio zio per farci aiutare. Intorno a mezzogiorno, vicino alla recinzione di una ditta che si trova in zona, abbiamo trovato le scarpe di mio fratello".

Appena lasciato il bosco, hanno raggiunto l'area dove era rimasta impantanata l'auto di Simone "Era pieno di carabinieri impegnati a cercare i bossoli e le ogive esplose la sera prima. Nessuno cercava Simone. Ci siamo presentati e abbiamo consegnato le scarpe. Abbiamo subito capito che mio fratello si trovava all'interno della ditta", ha aggiunto Matteo.

Solo dopo varie richieste da parte della famiglia, intorno alle 13 del mattino, gli investigatori hanno iniziato a cercare l'uomo dentro l'azienda. Alle 15.01 il titolare della ditta e un tecnico sono arrivati sul posto e hanno consentito ai militari di visionare i filmati registrati dalle telecamere interne così da individuare il ragazzo.

Alle 15.42 sono arrivati nell'edificio C2 dove alle 15.45/15.50 in un soppalco hanno trovato il corpo di Simone appeso a un macchinario: "Serviva una persona per il riconoscimento. Abbiamo chiesto a mio zio che ci ha detto che c'era qualcosa che non andava. Abbiamo deciso di chiamare un avvocato e poi chiedere di fare un'autopsia perché loro ci avevano già dato disposizione della salma e chiamato le pompe funebri", ha spiegato ancora il fratello.

Sul luogo del ritrovamento infatti sono intervenute diverse persone: i carabinieri, il personale sanitario della Croce Rossa e il personale di un'agenzia di pompe funebri.

Le indagini dei carabinieri

Fin da subito per gli inquirenti, la morte di Simone Mattarelli è stata volontaria. Solo dopo la richiesta di accertamenti irripetibili da parte dell'avvocata che assiste la famiglia Mattarelli, Roberta Minotti, la Procura ha deciso di aprire un fascicolo di indagine a carico di ignoti per istigazione al suicidio.

I carabinieri hanno quindi acquisito i filmati di alcune telecamere presenti nel cortile della ditta, dei transiti con l'automobile e infine hanno ascoltato i familiari di Mattarelli e il titolare della ditta. Solo su richiesta dell'avvocata, sono state acquisite le registrazioni delle conversazioni avvenute tra la centrale operativa e le pattuglie impegnate nell'inseguimento dell'automobile del fuggitivo.

Nell'istanza di opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dalla famiglia, si legge che sarebbe stato "opportuno che l'acquisizione si estendesse fino alla fine delle ricerche allorché la centrale operativa ordinava il rientro in sede delle pattuglie". Inoltre "nessuna ulteriore indagine veniva svolta né di iniziativa né su delega del pm nonostante le numerose istanze dalla famiglia".

L'autopsia

Su richiesta della famiglia è stata disposta l'autopsia: "Il giorno del ritrovamento di Simone, i carabinieri continuavano a dirci di non far fare l'autopsia, che non sarebbe servita a nulla. Hanno detto a mia madre che avremmo rovinato un corpicino così bello, che sarebbe stato uno spreco di soldi per noi e lo Stato. Ci hanno fatto vedere le foto di altre impiccagioni che non c'entravano nulla", ha spiegato ancora il fratello.

Il pm ha incaricato il dottore Luca Tajana per l'esame, che è stato eseguito l'11 gennaio 2021: per il medico la morte è avvenuta tra le 4 e le 6 del mattino del 3 gennaio. La causa è un'asfissia acuta meccanica conseguente a un impiccamento tipico incompleto. Sostanzialmente ha stabilito che Mattarelli si sia suicidato.

Ha infatti spiegato che dalle immagini scattate sul luogo del ritrovamento "si apprende come il nodo del mezzo impiccante utilizzato fosse posizionato posteriormente, quindi in posizione "tipica"". 

Ha inoltre identificato alcune ferite alle mani, alla coscia e alle gambe che per lui erano da ricondurre alle fasi di fuga a piedi del giovane, allo scavalcamento della recinzione ed eventualmente alle fasi agoniche che hanno proceduto la morte: "Gli elementi di giudizio a disposizione orientano univocamente e decisamente verso l'ipotesi di un gesto anticonservativo" mediante un impiccamento incompleto.

"In previsione delle indagini chimico-tossicologiche" ha prelevato i capelli, un campione di sangue cardiaco, uno di sangue femorale, uno di urina e un contenuto di sangue.

E proprio dall'esame tossicologico è emerso che quella sera Mattarelli aveva assunto cocaina. Probabilmente non si è fermato all'alt dei carabinieri perché temeva il ritiro della patente. Per il dottor Luca Morino, incaricato dalla Procura, le concentrazioni di cocaina nel sangue del giovane inoltre dimostrerebbero che, al momento del decesso, era in uno stato "depressivo/maniacale".

La richiesta di archiviazione

Alla luce di tutto questo, il 15 marzo 2021 il pubblico ministero ha presentato richiesta di archiviazione. Ha affermato che le indagini non avevano fatto emergere elementi che potessero confermare l'istigazione al suicidio. Ha sostenuto che nel locale dove è stato trovato il corpo, c'erano solo le impronte di Simone e riportato quanto evidenziato dal medico legale e dal tossicologo e cioè che Mattarelli fosse in uno stato depressivo-maniacale dato dall'assunzione di cocaina e che si fosse suicidato.

L'opposizione alla richiesta di archiviazione della famiglia

Il 9 aprile 2021 l'avvocata Minotti si è invece opposta alla richiesta di archiviazione. Nella sua istanza ha evidenziato come le indagini, svolte in ritardo e solo su sollecitazione dei familiari, siano "state inopportunamente delegate ai carabinieri nonostante Simone fosse stato trovato impiccato dopo un lunghissimo inseguimento a opera di diverse pattuglie dei carabinieri".

Il pm infatti "avrebbe dovuto affidare le indagini o alla sezione di polizia giudiziaria istituita presso la procura o ad altre forze di polizia".

Per i consulenti incaricati dalla famiglia, il corpo sarebbe stato trovato intorno alle 14 e non alle 15.45. Dalle immagini delle telecamere si nota che "alle 14.11 tre persone si dirigono verso l'edificio C2 (dove poi è stato trovato il corpo)". Si tratterebbe di due carabinieri e un operaio.

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Alle 14.22 sono state accese due luci proprio all'interno dello stabile. Nei minuti successivi, i tre sono usciti e hanno raggiunto gli altri militari presenti nel cortile. Ma solo alle 15.41 è arrivato il figlio del proprietario che insieme a un carabiniere e a un altro uomo sono entrati nello stesso edificio e hanno trovato il cadavere: "Sulla base di quanto esposto è lecito pensare che Simone Mattarelli fu trovato tra le 14.22 e le 14.25 e non alle 15.45".

Per l'avvocata inoltre è impossibile che nel soppalco siano state trovate solo le impronte del ragazzo considerato che sul luogo del ritrovamento hanno fatto accesso i carabinieri, il personale medico e anche gli addetti alle pompe funebri. Le fotografie visionate dal pm infatti "sono state scattate dopo che erano entrate numerose persone e senza che venisse adottata alcuna cautela per preservare il luogo".

"Sul punto vi è un principio base della criminalistica ossia il “principio di precauzione” che afferma che “l’assenza di prove non è prova di assenza”, il fatto quindi, che apparentemente non abbiano rivenuto altre impronte oltre a quelle di Simone, non rappresenta dal punto di vista squisitamente criminologico e criminalistico, che a percorrere quel corridoio per raggiungere il macchinario sia stato solo Simone", ha spiegato a Fanpage.it la criminologa Martina Radice che ha seguito, insieme alla dottoressa Roberta Bruzzone, il caso.

Il consulente di parte, il dottor Michelangelo Casali dell'Istituto di medicina legale di Milano che ha analizzato quanto evidenziato nell'autopsia, ha evidenziato che l'assenza di un tempestivo sopralluogo medico-legale abbia impedito "la registrazione di cruciali elementi cadaverici e ambientali e consentito – durante le manovre di deposizione e di prima manipolazione della salma – la commissione di molteplici errori grossolani".

Tra questi, la mancata protezione delle mani di Mattarelli della cintura utilizzata come cappio e la mancata registrazione ufficiale di tutti coloro che sono intervenuti sul luogo del ritrovamento. Di seguito tutti gli elementi contestati dalla famiglia:

L'autopsia e l'esame tossicologico

Casali ha ritenuto che il collega che ha eseguito l'autopsia sia caduto in un grave errore: "Dalle immagini visionate versate in atti emerge chiaramente che il nodo – semplice per altro – è posto in sede anteriore e pertanto non può essere in posizione tipica, come erroneamente indicato".

Di conseguenza "appare decisamente inverosimile che a legarlo possa essere stato Simone Mattarelli, come appare decisamente inverosimile che la sospensione del corpo non abbia comportato lo scioglimento del nodo" considerato che non è un nodo scorsoio, ma semplice che "in risposta alla tensione si scioglie".

Per quanto riguarda i prelievi in ambito istologico e tossicologico, sarebbero dovuti essere prelevati anche le unghie delle mani e svolti dei tamponi su tutte le ferite riscontrate sul corpo di Simone: oltre a quelle alle mani, alle gambe e alla coscia sarebbero dovute essere infatti considerate anche quelle al labbro inferiore e quella tra il collo e la clavicola.

Per Casali le lesioni potrebbero essere infatti indice di un'aggressione o un tentativo di difesa come dimostrato da "l'insieme dei riscontrati reperti traumatici extracervicali" che possono indicare "la avvenuta realizzazione, in danno del signore Mattarelli, di un'aggressione premortale a opera di terzi".

Per il consulente Oscar Ghizzoni, che ha esaminato l'esame tossicologico, "la presenza di cocaina nel sangue" invece "suggerisce come lo stesso soggetto poteva ancora trovarsi in una fase intermedia tra quella di eccitazione e quella di agitazione psicomotoria e confusionale, prima del decesso". Esclude quindi che fosse in uno stato depressivo/maniacale.

Infine per l'avvocata Minotti e la criminologa Roberta Bruzzone, Simone voleva nascondersi per permettere al padre di trovarlo. 

L'uso illegittimo delle armi

Durante l'inseguimento sono stati esplosi 8 colpi: il carabiniere che ha sparato ha affermato di averlo fatto per scoraggiare "eventuali azioni offensive nei confronti degli operanti". Per la difesa questa giustificazione stride con quanto accaduto: "Il fuggitivo stava correndo velocemente ed era ben illuminato dai fari dell'auto di servizio e da due torce impugnate dagli agenti inseguitori".

"Peraltro – si legge ancora nell'opposizione alla richiesta di archiviazione – una volta sceso dall'auto, Mattarelli non aveva posto alcuna resistenza attiva".

"Il ricorso all'uso delle armi – ha spiegato l'avvocata – deve costituire extrema ratio nella scelta dei mezzi necessari per l'adempimento del dovere, essendo ammissibile solo quando non siano praticabili altre modalità di intervento, non siano superati i limiti di gradualità dettati dalle esigenze del caso concreto, sia inoltre rispettato il principio di proporzione".

L'istanza della riapertura delle indagini

La richiesta di archiviazione della Procura è stata accolta dal giudice delle indagini preliminari. Nonostante questo, l'avvocata della famiglia Mattarelli ha presentato il 16 settembre 2022 una nuova istanza di riapertura delle indagini, integrando la consulenza della criminologa Roberta Bruzzone e l'analisi tecnica-biologica del dottore Pasquale Linarello sulla cintura trovata al collo di Simone.

Il soggetto non identificato

Le criminologhe Roberta Bruzzone e Martina Radice che hanno analizzato, tra le altre cose, le immagini di sorveglianza. Da queste è stato possibile evidenziare che alle 4.13 del mattino, una telecamera ha registrato la presenza di una persona vestita di scuro con una borsa in una mano e un oggetto nell'altra.

"Ciò che risulta particolarmente anomalo è che il soggetto che cammina all’interno dell’azienda non sia stato identificato. Nessuno ha mai svolto un’attività investigativa, sino a quando non abbiamo proceduto a denunciare il medico legale. Solo in quel momento, le indagini sono state affidate al Commissariato di Polizia di Stato di Busto Arsizio", ha spiegato Radice.

Gli investigatori hanno solo effettuato un ulteriore sopralluogo all'interno dell'azienda e ascoltato i dipendenti. Tra questi, c'è l'uomo che camminava indisturbato alle 4.13: "Appare quindi discutibile che nessuno abbia mai cercato di identificarlo prima e di escuterlo a sommarie informazioni, considerando che si trovava in azienda in un orario compatibile con la morte di Simone. Fu lo stesso medico legale Tajana che accertò infatti che la morte avvenne tra le 04.00 e le 06.00 del mattino", ha proseguito Radice.

Il giubbotto e il cellulare di Simone Mattarelli

È da evidenziare che né il giubbotto indossato quella sera da Simone Mattarelli né il suo cellulare o le chiavi di casa sono mai stati trovati. E anche questo elemento appare poco chiaro alle criminologhe: "È quindi particolarmente strano che un soggetto con chiare intenzioni suicidarie faccia sparire volontariamente il giubbino – ed essendo l’inizio di gennaio la circostanza appare ancora più inverosimile – e il suo telefono che aveva sino a poco tempo prima usato per chiedere aiuto al padre inviando la posizione su Whatsapp per farsi venire a prendere".

La cintura

La cintura che è stata trovata attorno al collo di Simone Mattarelli non è stata sequestrata e non è stata nemmeno sottoposta a rilievi criminalistici e biologici. È stata inoltre maneggiata da più persone e gettata a terra durante l'autopsia insieme ai vestiti sporchi.

Analizzata dal dottore Linarello, non sono state trovate né tracce biologiche né ematiche nonostante il ragazzo avesse il viso sporco di sangue e una ferita sulla mano: "Mentre era ancora in vita si è toccato il volto con le mani, lasciando una traccia ematica da trasferimento all’altezza del sopracciglio e della guancia. Aveva le mani sporche di polvere e calce, materiale presente abbondantemente in azienda. La cintura non presenta alcuna traccia. Questa è sicuramente una circostanza anomala considerando che Simone per impiccarsi avrebbe dovuto necessariamente utilizzare entrambe le mani", ha detto Radice.

Inoltre "nello strangolamento di matrice suicidaria il soggetto assicura il mezzo attorno al collo facendogli fare uno o – più spesso – più giri poiché se il mezzo venisse tenuto stretto, semplicemente con le mani, una volta raggiunto lo stato di incoscienza questo si allenterebbe perdendosi così inevitabilmente l'effetto asfissiante". Mattarelli quindi "avrebbe dovuto continuare a tirare con notevole forza, i due lembi della cintura".

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Per Radice e Bruzzone non è stato Simone a stringerla attorno al collo. Bruzzone non esclude infatti che "sia stato strangolato da parte di un soggetto terzo, certamente più alto e robusto di lui, che lo ha bloccato nella posizione in cui si è trovato, appoggiandosi al petto del Mattarelli mentre esercitava la pressione necessaria per strangolarlo e, una volta deceduto, lasciarlo esanime nella posizione in cui è stato poi effettivamente ritrovato".

Un ulteriore elemento che meritava approfondimento era il segno formatosi sulla schiena di Simone che avrebbe potuto aiutare a capire se "fosse stato compresso o spinto con forza sul macchinario dove venne rivenuto provocando quel tipo di lesione". Così come meritava maggiori analisi l'emorragia trovata su Simone che potrebbe essere conseguenza di "un trauma contusivo verificatosi quando il soggetto era sicuramente ancora in vita". Nonostante gli elementi raccolti, l'istanza di riapertura indagini è stata rigettata.

I nuovi accertamenti e il dna trovato sotto le unghie

Nel frattempo l'avvocata Minotti ha incaricato i consulenti di parte di svolgere nuovi approfondimenti su alcuni reperti prelevati dal corpo di Simone: "Analizzando le unghie, il consulente ha riscontrato la presenza di profili misti su alcune dita. Questo significa che Simone è entrato in contatto con qualcuno", ha spiegato la legale a Fanpage.it.

Considerato questo nuovo elemento, l'avvocata ha intenzione di presentare una nuova richiesta di apertura delle indagini: "Il problema di questo procedimento è che la Procura fin da subito ha ritenuto il caso di Simone come quello di una persona che aveva assunto sostanza stupefacente e aveva deciso di suicidarsi, dopo una serata di inseguimento con i carabinieri".

L'avvocata e la famiglia non vogliono accusare i carabinieri: "Noi sosteniamo solo che Simone non si è ucciso, ma che qualcuno lo ha ucciso. Dentro quell'edificio c'era qualcuno con lui. Abbiamo trovato scarsa collaborazione da tutti, anche dai titolari dell'azienda che non hanno mai voluto parlare con noi né consentito di fare sopralluoghi all'interno senza il consenso del pm".

La famiglia ha scelto di denunciare il medico legale che ha eseguito l'autopsia: "Anche in questo caso, ci aspettavamo ulteriori indagini da parte della Procura, che venisse incaricato un altro medico e analizzasse le nostre relazioni. Non è stato così. Hanno solo consegnato il fascicolo vecchio alla polizia, che ha fatto una ricostruzione fattuale degli eventi", ha concluso la legale.

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