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Perché centinaia di persone sono in coda davanti a un negozio a tempo nel centro di Milano

Preso d’assalto il temporary shop a Milano (in piazza Mercanti) di Shein, il colosso della moda low cost cinese che ultimamente sta facendo discutere tutto il mondo. Oggi fino alle 19 l’ultimo giorno d’apertura.
A cura di Francesca Del Boca
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Una coda infinita. Apre solo per pochissimi giorni, giusto in tempo per i regali di Natale, il temporary shop di Shein, il colosso cinese della moda low cost diffuso in 220 Paesi al mondo che ultimamente sta facendo discutere tutto il mondo. E il negozio a tempo nel palazzo Giureconsulti di piazza dei Mercanti a Milano, aperto ancora fino alle 19 di oggi, viene letteralmente preso d'assalto dai milanesi, dai lombardi e dai turisti che in questi giorni stanno invadendo le vie del centro.

Il negozio di capi low cost e l'angolo dedicato ai social

Ingressi contingentati, file chilometri, clienti in paziente attesa. Non è solo un negozio ma un piccolo evento, con sezioni dedicate allo shopping di vestiti o accessori e un angolo "social friendly", per scattare foto ricordo con indosso i capi del brand asiatico che ha raggiunto la valutazione di 100 miliardi di dollari. Pezzi dai prezzi stracciati, spesso sotto i 10 o 20 euro per ogni categoria di prodotto, disegnato con particolare attenzione ai trend del momento. Un modo per accaparrarsi il bottino dei regali natalizi ad amici e parenti senza spendere cifre a due zeri: maglioni o pigiami di seta a 15 euro, vestiti lunghi da sera a 19 euro, borsette del tutto simili a quelle più iconiche delle firme d'alta moda a 30 euro. Per la gioia del consumatore.

L'inchiesta shock dentro le fabbriche di Shein in Cina

Il prezzo reale è infatti quello nascosto, che sta pian piano emergendo dalle ultime inchieste che riguardano le fabbriche dell'ecommerce Shein in Cina. L'ultimo report shock di Channel 4, oltre all'utilizzo di materiali scadenti e sostanze chimiche per realizzare i capi, denuncia soprattutto gravissime violazioni dei diritti umani prima che dei lavoratori: ritmi di lavoro insostenibili di 18 ore al giorno (e uno solo di riposo al mese), 500 euro di stipendio per produrre 500 capi al giorno, dipendenti costrette a  lavarsi i capelli in pausa pranzo. Ogni errore dei dipendenti verrebbe inoltre "tassato", sottraendo due terzi del già misero salario giornaliero.

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