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Perché chi ha comprato il pandoro di Chiara Ferragni ora può decidere il destino dell’influencer

“Non si può parlare di truffa perché mancano le querele di chi è stato truffato. Potrebbero arrivare perché c’è sempre qualcuno che cerca visibilità”: a Fanpage.it spiega il caso di Chiara Ferragni l’ex generale della Guardia di Finanza Umberto Rapetto.
Intervista a Umberto Rapetto
l'ex generale della Guardia di Finanza e autore di diversi liberi tra cui "Cybersecurity? Solo questione di sfiga!".
A cura di Giorgia Venturini
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Saranno le indagini della Guardia di Finanza a chiarire una volta per tutte se dietro il caso della vendita dei pandoro Balocco con testimonial Chiara Ferragni ci sia un'ipotesi di reato. L'antitrust ha al momento evidenziato una pubblicità ingannevole perché le tempistiche sulla quale si è basata la solidarietà non sono quelle comunicate: si era lasciato intendere che acquistando il pandoro si sarebbe sostenuta la ricerca sull'osteosarcoma e sarcoma di Ewing permettendo così all'ospedale Regina Margherita di Torino di comprare un nuovo macchinario, ma in realtà la somma era stata già stanziata.

"Le carte diranno se c'è stata una condotta truffaldina e chi sono i responsabili, tutto il resto sono chiacchiere. Al momento però non si può parlare di truffa, mancano le parti offese", spiega a Fanpage.it Umberto Rapetto, l'ex generale della Guardia di Finanza e autore di diversi libri tra cui Cybersecurity? Solo questione di sfiga!.

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Perché il caso di Chiara Ferragni è considerato così grave? 

L'aspetto mediatico ha influito sicuramente in maniera significativa. In questo caso c'è un atteggiamento che ha indotto all'acquisto di un determinato prodotto con la falsa promessa che una quota del ricavato sarebbe stato destinato alla solidarietà.

Sicuramente il volume che si è alzato dal punto di vista mediatico ha sovrastato la consistenza reale di una cosa che, sicuramente ha la sua gravità ci mancherebbe, sta facendo i conti soprattutto sull'onda emozionale. Ora bisogna valutare quello che è accaduto con la disponibilità di elementi probatori che hanno un significato. Ci troviamo di fronte a un caso di promozione fraudolenta.

In questo caso c'è il rischio che si sia trattato di truffa? 

Potrebbe essere, ma le indagini devono ricostruire ancora la dinamica dei fatti. Certo è che Chiara Ferragni è rimasta imbrigliata negli stessi meccanismi che lei ha sfruttato per arrivare alla notorietà e alla ricchezza.

La Guardia di Finanza farà le sue indagini e solo ad allora sapremo la dinamica e la tempistica su cui si è basato l'aspetto solidale.

Perché ora non si può parlare di truffa? 

Perché mancano le querele di chi è stato truffato. Molti di questi reati prevedono una parte attiva di chi è stato truffato. Le associazioni dei consumatori stanno cercando di fare questo: al momento non si conosce però la lamentela di chi ha acquistato il pandoro.

Potrebbe secondo lei mai arrivare la querela di una persona che si ritiene truffata per aver comprato questo pandoro? 

C'è da aspettarsi di tutto. Non si può pensare che qualcuno non lo faccia: c'è chi cercherà visibilità.

Se arrivassero le denunce dei truffati la situazione cambierebbe? 

La situazione assumerebbe un tono diverso perché ci sarebbe la parte offesa. Ma bisogna vedere il danno che viene lamentato. Al momento l'antitrust ha accertato una pubblicità ingannevole. Ci vuole molta cautela. Ora non ci sono carte che ricostruiscono quello che è accaduto: i documenti diranno se c'è stata una condotta truffaldina e chi sono i responsabili, tutto il resto sono chiacchiere.

Secondo lei si arriverà a una chiusura indagini con l'ipotesi di reato? 

Non si sa. Sicuramente sotto il profilo etico il caso è passato già in giudicato: non è stato bello quello che è accaduto e soprattutto ci troviamo davanti a una confessione di colpevolezza fatta con una dichiarazione in cui dice che si farà perdonare e con una donazione straordinaria. Se si arriverà o meno a un processo lo scopriremo solo vivendo.

In assenza di carte qualunque dichiarazione è frutto di suggestioni.

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