Ormai è più di un'indiscrezione, anche se manca ancora l'ufficialità. Attilio Fontana potrebbe dimettersi da Governatore della Regione Lombardia, facendo così cadere in anticipo la giunta e chiamando i lombardi al voto con qualche mese di anticipo rispetto al previsto. Una possibilità che già si era prospettata in passato e che ora risulta rafforzata dai risultati locali delle elezioni politiche. Ma vediamo quali sono tutti gli elementi che confermano quest'ipotesi.
La disfatta della Lega
Se a livello nazionale la Lega si è fermata all'8,77 per cento, non è andata molto meglio in Lombardia. Benché abbia raggiunto una cifra più alta rispetto all'intera penisola, nella storica roccaforte il partito guidato da Matteo Salvini si è comunque fermato al 14,75 per cento. Ma soprattutto è stato superato anche qui da Fratelli d'Italia che ha raggiunto il 28,36 per cento.
Questo vuol dire che il Carroccio non ha più la guida della coalizione di centrodestra neanche in Lombardia e che, in sostanza, non può pretendere di esprimere il prossimo candidato governatore. Neanche appellandosi alla continuità con la giunta uscente, visto che comunque Fontana vedrebbe – complice anche la pandemia – calare i consensi rispetto alle scorse elezioni.
Inoltre la corsa per il Pirellone è – anche vista l'incapacità del Partito democratico di esprime ancora un candidato, aspettando di fatto che lo facciano prima gli avversari, benché avesse promesso di farlo entro la scorsa estate – praticamente una vittoria certa per il centrodestra (e i risultati delle elezioni politiche lo confermano). E quindi il partito più forte della coalizione vorrà, anche comprensibilmente, dare la poltrona di presidente della regione a uno dei suoi esponenti. Non certo a quello di un partito alleato, che peraltro non è neanche così utile in termini numerici a vincere le elezioni.
La corsa di Letizia Moratti
Già dalla metà di giugno, l'attuale vicepresidente delle Regione Lombardia e assessora alla sanità, Letizia Moratti, imposta da Forza Italia per tentare di risolvere il disastro fatto da Giulio Gallera durante i primi mesi della pandemia, si è fatta avanti proponendo la sua candidatura in antitesi all'interno della coalizione di centrodestra a quella di Fontana.
Fino a quel momento Fontana non aveva ancora sciolto la riserva su una sua possibile ricandidatura, ma ovviamente si è affrettato a farlo dopo le dichiarazioni di quella che, teoricamente, sarebbe la sua vice, anche se per molti sembra più un "commissario straordinario".
Ora, dopo la disfatta della Lega alle politiche, Moratti è tornata alla carica, rincarando ancora di più la dose: è pronta a candidarsi a prescindere dalla volontà dei partiti. Piuttosto lo farò con una sua lista civica. Un annuncio che appare coraggioso, ma che in realtà nasce dalla consapevolezza di poter contare su un appoggio trasversale di diversi partiti.
In primis dovrebbe decidere cosa fare Forza Italia, di cui Moratti è storica esponente già dai tempi in cui è stata sindaca di Milano e ministra dell'istruzione. Anche se, in questo momento, il partito di Berlusconi non è proprio un buon bacino elettorale, neanche in Lombardia dove ha raggiunto appena l'8,30 per cento.
Sicuramente avrebbe l'appoggio di Maurizio Lupi, che già a inizio luglio rivelava a Fanpage.it che auspica una candidatura della Moratti al posto di quella di Fontana. Certo, anche Noi moderati (che forse come partito dovrebbe chiamarsi "Io, moderato", visto che non ha raggiunto neanche l'1 per cento) non è una grande riserva di voti.
Ma la vera novità potrebbe essere che ad appoggiare la candidatura della Moratti sarebbe Azione che, se nel resto d'Italia non è riuscito a diventare il terzo polo che auspicava di essere (sbaragliato dal grande nemico di Carlo Calenda e Matteo Renzi, il Movimento 5 Stelle), in Lombardia è arrivato all'interessante risultato del 9,60 per cento.
Conti alla mano questa nuova, seppur non inaspettata, alleanza conterebbe in Lombardia già circa il 20 per cento dei consensi, ancora prima di cominciare i giochi. E Giorgia Meloni cosa potrebbe fare? Pur non toccando palla in questa partita, non le converrebbe appoggiare la ricandidatura di un governatore (Fontana) che già ora le sta stretto e neanche impuntarsi per sceglierlo lei e rischiare di appoggiarlo da sola (la Lega non potrebbe abbandonare il suo candidato senza neanche preservare la sicurezza della vittoria e l'integrità della coalizione di centrodestra).
Matteo Salvini all'angolo
Accettando quindi di svolgere un ruolo marginale nella scelta del candidato, magari in cambio di una maggiore fedeltà di Forza Italia in Parlamento, anche Fratelli d'Italia preferirà appoggiare Moratti e Salvini resterebbe all'angolo. Non ha la forza, a maggior ragione ora, di portare avanti un suo candidato, da solo.
Far perdere, però, alla Lega la presidenza della Regione Lombardia vuol dire per Salvini dare un altro elemento in più contro di lui alle altre correnti nel partito. Ma soprattutto se il sacrificio di Fontana non venisse in qualche modo giustificato risulterebbe la dimostrazione che ormai il Carroccio altro non è che un partito satellite di Fratelli d'Italia.
Meglio, allora, giocare d'anticipo e provare a salvare la faccia. Nonostante lo scarso risultato elettorale, qualche ministero (magari non i più importanti) alla Lega spetterà e quindi la soluzione per uscire dall'angolo è mandare ora Attilio Fontana a Roma, facendolo dimettere dal Pirellone, e lasciare il suo posto di candidato alle regionali del 2023 prima che siano gli altri a sottrarglielo.
Un modo per salvare la faccia a tutti, tranne che a Fontana: da governare la regione più ricca d'Italia avrebbe un ministero senza portafoglio, probabilmente quello per gli affari regionali e le autonomie.