Perché a Oreo e Trudi potrebbe non bastare dichiararsi estrani alla beneficenza di Chiara Ferragni
Nella giornata di ieri, giovedì 25 gennaio, è stata diffusa una lettera della società Mondelez Italia, titolare del marchio Oreo, in risposta alla richiesta di chiarimenti da parte dell'Associazione dei consumatori Codacons in merito a una "iniziativa di solidarietà avviata nel 2020 da Chiara Ferragni, quando l'influencer pubblicizzò attraverso Instagram una capsule collection (cioè una collezione formata da pochi capi coordinati) realizzata in collaborazione con l'azienda Oreo".
La società ha specificato che la collaborazione non prevedeva "alcun accordo di beneficenza". È lecito quindi domandarsi se queste dichiarazioni bastino a evitare di incorrere in procedimenti giudiziari o multe da parte dell'Antitrust.
Intervistato da Fanpage.it, l'avvocato Cristiano Cominotto, co-founder di A.L. Assistenza Legale, ha spiegato: "Bisognerebbe chiedersi se la società non si sia effettivamente resa conto che quel tipo di prodotto, anche ammesso per un attimo che tutto venisse da una volontà delle società di Chiara Ferragni, venisse pubblicizzato indirizzando la comunicazione verso un'attività di beneficenza".
Sembrerebbero esserci – almeno per il momento – alcune differenze tra il caso del pandoro Pink Christmas realizzato con l'azienda Balocco e le altre operazioni commerciali quali: le Uova di Pasqua con Dolci Preziosi, la bambola Trudi e l'attività con Oreo.
"Nel caso della Balocco, c'erano stati alcuni scambi di e-mail che sembrerebbero attestare una conoscenza da parte della società di una situazione rischiosa. Questa è la ragione per cui è stata indagata la legale rappresentante della Balocco".
Nel caso Oreo però "la società ha preso le distanze e ha affermato di non essere a conoscenza di questo accordo di beneficenza". Toccherà adesso agli organi di competenza capire come siano andate le cose. Per l'avvocato infatti "bisognerà raccogliere le comunicazioni, ascoltare i testimoni che lavorano all'interno dell'azienda e del gruppo di Ferragni".
Al di là di come evolveranno le indagini degli inquirenti, è essenziale comprendere se effettivamente vi siano stati danni per i consumatori: "Nel caso della Balocco il danno per i consumatori era la differenza tra il prezzo originario e quello finale, cosa che non sembrerebbe esserci per esempio nel caso delle uova di Pasqua. È lecito però chiedersi: il consumatore avrebbe comunque acquistato quell'uovo, pur allo stesso prezzo, se non avesse saputo che alla base c'era anche l'ipotesi di fare beneficenza?".
"Il terzo aspetto è quello della pubblicità ingannevole, perché comunque sia erano prodotti che venivano pubblicizzati rendendo noto al consumatore che una parte sarebbe andata in favore della beneficenza. Il che potrebbe averlo indotto a valutare quantomeno con più favore l'acquisto".
C'è quindi da chiedersi se effettivamente le aziende non fossero a conoscenza che la vendita fosse legata a un'ipotesi di beneficenza: "Le aziende se ne sono accorte oppure no? Hanno avuto benefici da queste campagna ottenendo un aumento di vendite oppure no? E se le aziende ne hanno beneficiato viene da domandarsi per quale ragione non hanno denunciato?", si chiede il legale.
"Se effettivamente risulta che le aziende, in qualche modo, fossero a conoscenza di questa pubblicità e se dovesse risultare che ne abbiano beneficiato nelle vendite, allora sì potrebbe esserci un riscontro e anche il rischio di ricever una sanzione dall'Antitrust".