Perché a Milano ci sono migliaia di case Aler vuote che non vengono assegnate, come dice Ilaria Salis
Con la sua elezione a eurodeputata con Avs, Ilaria Salis ha riportato al centro del dibattito sociale locale, ma anche nazionale, la questione relativa alle case popolari. È l'Azienda lombarda per l'edilizia residenziale (Aler) l'ente pubblico regionale che è proprietario e gestore di oltre 70mila unità immobiliari distribuite sul territorio della Città Metropolitana di Milano. Si tratta di abitazioni destinate a persone che possono usufruire del pagamento di canoni mensili bassi e prestabiliti, ma che spesso subiscono le conseguenze di politiche discutibili e di finanziamenti insufficienti.
Sono migliaia gli alloggi di questo tipo che risultano disabitati da anni, che richiedono importanti interventi di manutenzione e di ristrutturazione, e che per questo non vengono mai assegnati. In alcuni casi, persone e famiglie bisognose di un tetto sopra la testa preferiscono occupare abusivamente questi immobili, piuttosto che attendere fondi che non arrivano mai a sufficienza. Intervistata da Fanpage.it, la consigliera regionale del Pd Maria Carmela Rozza, membro della Commissione di Sostenibilità sociale, casa e famiglia, spiega i motivi per cui ogni anno che passa le case Aler sono sempre più vuote.
Quanti sono gli alloggi Aler che ad oggi risultano sfitti?
I dati che abbiamo a disposizione oggi, che vengono aggiornati ogni anno, dicono che in tutta la regione Lombardia ci sono più di 19mila alloggi Aler sfitti. Per quanto riguarda Milano e la Città Metropolitana si sta completando la raccolta dei numeri, ma possiamo dire con certezza che ci sono ben oltre 10mila alloggi vuoti.
Saranno mai assegnati tutti?
Dobbiamo tenere presente il fatto che la quantità di alloggi vuoti incrementa a livello regionale di circa 4mila all'anno. Questo è dovuto ai rilasci degli inquilini, che avvengono per decesso o perché si trasferiscono. Poi ce ne sono altri che si liberano perché abusivi, ma sono la minima parte. Quindi si parla di circa 4mila alloggi vuoti che si aggiungono a quelli precedentemente sfitti.
Rispetto a questi numeri, la capacità di riattazione è limitatissima. Nessun Aler ha in bilancio i soldi per ristrutturare gli appartamenti e quindi i lavori vengono fatti solo ed esclusivamente con i fondi che mette a disposizione Regione Lombardia. Dobbiamo considerate che la Regione dà come obiettivo alle Aler di riattare 600 alloggi ogni anno. Nell'ultimo anno in tutta la Città Metropolitana di Milano ne sono stati assegnati circa 1.300.
Perché se ne assegnano così pochi?
Il numero è basso, ma è tale solo grazie al fatto che la Regione ha accettato nel 2022 la modifica alla legge che avevo proposto io. Prima si parlava di qualche centinaio e basta, per la legge era sbagliata e ideologica. All'inizio avevano messo come requisito i 5 anni di residenza e la richiesta di documenti che stabilissero l'assenza di proprietà straniere. Siccome era stato giudicato anticostituzionale, sono partiti i ricorsi e sono state bloccate le assegnazioni. Dopodiché si sono inventati le graduatorie per gli appartamenti, e lì è diventato un delirio. Infine, è stata data la colpa al Covid.
Cosa è cambiato?
La modifica ha eliminato la graduatoria per l'appartamento. Poi i ricorsi a Tar e Corte Costituzionale hanno stabilito che non servono più i 5 anni di residenza come requisito vincolante e che non si possono chiedere i documenti dell'assenza di proprietà all'estero, basta l'autocertificazione. Solo nel 2023 si è iniziato ad avere un numero di assegnazioni simili a quelli pre-legge, ovvero del 2016. Ma sono comunque insufficienti.
Il problema è che non ci sono le risorse per eseguire adeguatamente le riattazioni. Quando un alloggio viene rilasciato, rimane chiuso in attesa di ristrutturazione per anni. Questo è dovuto alla mancata programmazione, perché se si ha chiaro il quadro degli interventi da fare, si può prevedere la spesa necessaria. Ma serve anche una visione delle cose, perché se si continua con questo trend vuol dire che gli alloggi vuoti non faranno altro che aumentare sempre di più.
C'è il rischio che le case Aler finiscano nelle mani di investitori privati?
Non lo ha ancora fatto per iscritto, ma è chiaro che la Regione sta pensando di dare gli alloggi a soggetti privati. Tant'è vero che c'è una modifica alla legge che stanno per presentare in aula, e che quindi presto discuteremo, che sembra andare in questa direzione. Ad oggi c'è la possibilità di cedere a terzi una porzione del patrimonio per farlo ristrutturare, per gestirlo e assegnarlo. Ma questo può essere fatto solo con aziende che operano nel campo del sociale no profit. La modifica che intendono proporre, invece, vuole togliere la parola no profit e non intende aggiungere a quale canone gli alloggi dovranno essere affittati.
Siccome queste case sono state costruite con le tasse dei lavoratori dipendenti, se c'è l'intenzione di cederli a terzi anche proft si deve stabilire il canone massimo, che comunque deve essere basso. Sono case che sono destinate a quelle fasce di popolazione che non rientrano nelle case popolari, ma che non riescono a inserirsi nel mercato.
Abbiamo già avuto un episodio importante in cui è stato l'operatore a dichiarare quale canone voleva applicare, ma la Regione gli ha dato un edificio popolare per studentato tramite un bando dove non era indicato. Questo, però, è stato un caso isolato, ad oggi non sono obbligati a fare questo.
Quale può essere una soluzione?
Una soluzione più che concreta potrebbe essere indire bandi per appartamento nello stato di fatto per persone che hanno un reddito compreso tra i 16mila e i 40mila euro, quindi con solvibilità. Facendo accordi con aziende come quelle della sanità, Atm e Trenord, queste si fanno garanti del prestito che le banche fanno ai lavoratori per ristrutturare l'appartamento. La quota del prestito che deve essere restituito, andrebbe poi direttamente erogato alla banca sottraendolo allo stipendio.
In questo periodo, Aler non farebbe pagare l'affitto fino a quando i lavori di ristrutturazione non saranno recuperati. Così, l'inquilino ha ancora una sola spesa: prima per restituire il prestito alla banca, poi per pagare il canone. In questo modo, in un anno di tempo si potranno assegnare anche più di mille alloggi, mentre allo stesso tempo ristrutturi quelli destinati alle persone con reddito basso che devono ricevere la casa già in ordine. Cgil propone anche di coinvolgere la fondazione Welfare, che è partecipata dal Comune e dai sindacati e che già eroga microcredito.
Sarebbe un modo per non gravare sulle spalle dei cittadini. Basterebbe solo sedersi al tavolo e trovare un accordo.
Fino a poco tempo fa si preferiva distruggere gli appartamenti piuttosto che correre il rischio che venissero occupati.
All'incirca fino alla giunta Moratti (2006-2011) si è preferito distruggere gli alloggi rilasciati per evitare che venissero occupati abusivamente. Poi, però, si sono accorti che era del tutto inutile. Io stessa sono andata a visitare una di queste case che era stata occupata da una famiglia di etnica rom che in poco tempo aveva ripristinato il bagno, come meglio poteva. Questa pratica era anche diseconomica, perché si andava a danneggiare ancora di più un alloggio che doveva essere ristrutturato. Poi pretendevano di assegnare alle famiglie queste abitazioni nello stato di fatto, ma la manutenzione presentava costi raddoppiati.
Non era una pratica regolamentata, ma era stata comunicata dai vertici. Con il tempo è andata in disuso ed è stata replicata di recente solo una volta in via Bolla. Quelli, però, erano appartamenti che non sarebbero stati riqualificati. Dopo lo sgombero, era stato svuotato l'intero palazzo in quanto sarebbero stati poi ridisegnati tutti gli alloggi. Quindi la distruzione degli ambienti serviva affinché questi non venissero occupati nell'immediato, anche per un discorso di sicurezza.