Per Gori i russi che hanno aiutato Bergamo forse avevano un altro obiettivo
Gli aiuti russi durante la pandemia avevano altri obiettivi? I 30 medici arrivati in Italia soprattutto durante la prima ondata Covid puntavano ad altro? Se lo è chiesto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori durante un'intervista rilasciata al Corriere della Sera. I sospetti del primo cittadino bergamasco sono nati ripensando alla conferenza stampa del 26 marzo 2020 quando in città arrivarono i militari russi, che accompagnavano i medici, per aiutare un territorio devastato dal Coronavirus e ad alcuni di loro era stato vietato fare domande. Ecco quindi che in un tweet di qualche giorno fa Gori ha sollevato il quesito, chiedendosi se quella missione fosse "aiuto, propaganda o intelligence".
I dubbi di Giorgio Gori
Durante l'intervista Gori torna indietro nel tempo, a quei giorni di inizio pandemia che ha messo Bergamo in ginocchio. "Eravamo in grande difficoltà. L’apertura dell’ospedale alla Fiera di Bergamo venne inizialmente rinviata per il bidone dei medici promessi e mai inviati dai cinesi". Poi Gori ha aggiunto: "Dell’arrivo dei russi qui abbiamo saputo all’ultimo, credo che su questo ci fosse stato un contatto tra Putin e Conte. Ricordo l’atmosfera sinistra di quella conferenza stampa, in cui i giornalisti non potevano rivolgersi ai militari".
Il sindaco di Bergamo non ha mai messo in discussione però l'aiuto concreto offerto in quei giorni: "Oltre ad aver sanificato le case di riposo, trenta medici lavorarono in Fiera e furono determinanti per il funzionamento di quell’ospedale. Altri medici italiani mi hanno testimoniato la competenza dei colleghi russi. In effetti, quando se ne andarono, tributammo loro il giusto ringraziamento". I doppi fini di quei giorni per Gori sono da legare al vaccino Sputnik che "sarebbe stato sviluppato partendo da un campione di virus prelevato in Italia". Per il primo cittadino dunque "già questo basta per dubitare che la missione fosse dovuta a pura generosità. Aggiungiamo che la Russia ha usato quella missione per propaganda, sottolineando la supposta inefficienza dei Paesi Nato". A rassicurare invece è l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte che su questo tema ha tenuto a precisare: "Questa missione per tutti i dati acquisiti ha avuto solo uno sviluppo in ambito sanitario. Quindi le preoccupazioni sono infondate"
Il Covid è un'altra guerra
Covid, Nato e propaganda russa. Ma la generosità di quei mesi può essere messa veramente in discussione? I medici volontari arrivati in Italia per combattere il virus possono essere ora oggetto di dubbi sulla generosità? I piani di Putin sono da condannare e già allora erano forse nelle mente del presidente di Mosca, ma la Lombardia nei mesi della pandemia ha potuto contare sui tanti medici stranieri. Di tante nazionalità. Questi medici hanno aiutato e, in alcuni casi, sono stati a loro volta contagiati. Tutti sono stati un valido aiuto, a prescindere da qualsiasi nazionalità. Covid, vaccino e pandemia è un'altra guerra. Perché una cosa è certa: in quei giorni della propaganda russa e della rivalità con la Nato non se ne è accorto nessuno. Quindi in qualsiasi caso il piano di Putin è fallito.