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House of Gucci

Patrizia Reggiani, dall’omicidio al carcere da diva: la personalità criminale di Lady Gucci

Il 27 marzo 1995 Patrizia Reggiani commissionava l’omicidio dell’ex marito, Maurizio Gucci. Ma chi è davvero Lady Gucci, al centro del film “House of Gucci” con Lady Gaga? Scopriamone la personalità.
A cura di Anna Vagli
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Il 27 marzo 1995 Maurizio Gucci, rampollo dell’omonima maison, viene ucciso con tre colpi di pistola in via Palestro, nel cuore più esclusivo di Milano. Lesa maestà e brama di vendetta alla base di quell’esecuzione organizzata dalla ex moglie Patrizia Reggiani, per tutti ancora oggi "la Gucci". Per l’omicidio di Maurizio sono stati condannati Benedetto Ceraulo, Orazio Cicala, Ivano Savioni, Pina Auriemma, maga e confidente di Patrizia, e la stessa Reggiani. Il delitto Gucci ha catalizzato per anni l’interesse dell’opinione pubblica essenzialmente per due motivi: le copertine patinate e il fatto che la mandante era una donna. Ricostruiamo, partendo dal movente, i principali tratti della personalità di Lady Gucci.

Il movente del delitto Gucci

Il movente del delitto più glam degli ultimi tre lustri è sicuramente stata l’ossessione che Patrizia Reggiani nutriva nei confronti dell’ex marito. Maurizio Gucci e il desiderio della sua morte erano diventati un tarlo per la Reggiani. Un chiodo divenuto fisso quando nella vita dello stilista fiorentino era entrata un’altra, Paola Franchi. Una donna, quest’ultima, con la quale il rampollo aveva instaurato una relazione importante al punto da decidere di sposarla. Questione di lesa maestà. Ma non solo.

La nuova relazione personificava per la Reggiani sia il timore di perdere il proprio status sia quello di vanificare il proprio “investimento emotivo”. Un torto psicologicamente tanto devastante quanto intollerabile per lei che era “Lady Gucci”. La sete di vendetta, l’amore tracimato in odio, la paura di perdere l’eredità del marchio nonché l’avidità legata all’assegno di mantenimento, già ridottosi nel tempo, hanno costituito un mix letale. Ad onor del vero, ad aggravare ulteriormente l’instabilità emozionale di Patrizia Reggiani, aveva contribuito l’operazione al cervello. Un intervento, quello per contrastare il cancro, che l’aveva costretta ad indossare parrucche. Un passo difficile per ogni donna, figuriamoci per lei che portava il cognome di Gucci.

 Due donne diaboliche: Patrizia Reggiani e Pina Auriemma 

Il delitto Gucci ha legato indissolubilmente tra loro due donne: Patrizia Reggiani e Pina Auriemma. Un legame che si è intrecciato a doppio filo. Inscindibile e strumentale, seppur per fini diversi. La Gucci rappresentava per l’Auriemma il biglietto per entrare a far parte della vita dorata che, forse, aveva sempre desiderato. Per la Reggiani, invece, Pina era l’amica fidata, la donna a cui poter raccontare i desideri ed i segreti più inconfessabili. Questioni certamente inenarrabili alle donne della “Milano bene”, quelle con cui Patrizia prendeva il the. Unite, dunque, da un tornaconto reciproco. Una coppia diabolica al punto da spingere Patrizia a chiedere a Pina di aiutarla, oltre a stendere la sua biografia, anche nella ricerca di un killer.

La misteriosa lettera di Maurizio Gucci

Durante una perquisizione è stata ritrovata una lettera dattiloscritta datata 18 maggio 1993. Non una data qualunque. Erano infatti passati quattro giorni esatti dalla morte di Rodolfo Gucci, padre di Maurizio. "Io sottoscritto Maurizio Gucci dichiaro per mio espresso desiderio che tra me e mia moglie Patrizia c’è la più completa e totale comunione anche dei beni, azioni e patrimonio ereditati da mio padre, sia essi in Italia e all’estero, annullando la precedente dichiarazione". Dopo essere stata sottoposta a perizia calligrafica, però, fu scoperto che la firma in calce non era stata vergata da Maurizio Gucci.

Maurizio Gucci (Archivio La Presse)
Maurizio Gucci (Archivio La Presse)

La personalità di Patrizia Reggiani

A Patrizia Reggiani, contrariamente a quanto chiesto dai suoi legali, non è stato riconosciuto il vizio di mente. La sua difesa sosteneva che la patologia tumorale le avesse colpito il cervello e quindi  alterato la capacità di intendere e di volere. Tuttavia, quest’ultima venne dichiarata integra in conseguenza della certosina organizzazione sia delle fasi precedenti che quelle successive all’omicidio. Un'esecuzione calendarizzata dall’ottobre del '94 e fatta eseguire nel marzo del 1995.

Al contrario, i periti nominati dal giudice le avevano diagnosticato un disturbo della personalità di tipo istrionico-narcisistico. Insomma, caratteristiche personologiche che implicano una spiccata difficoltà nell’accettare il rifiuto. Una donna sicuramente egocentrica, egoriferita e, come manifestazione narcisistica, con un’elevata considerazione di sé e relativa esigenza di riconoscimento da parte degli altri. Patrizia Reggiani, all’alba del 2000, ha tentato il suicidio in carcere con il solo scopo di ottenere quell’attenzione da parte degli altri che per lei era di vitale importanza.

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Nel carcere milanese di San Vittore

Dalla penthouse di Manatthan era abituata a vedere il modo rimpicciolirsi sotto di lei, ma il mondo microscopico, dopo anni, Patrizia Reggiani l’ha ritrovato dietro le sbarre. Paradossalmente, però, il carcere non l’ha cambiata. La Reggiani ha conservato intatta la sua personalità. È rimasta sempre la Signora Gucci. Ha plasmato il Victor Residence, come lo chiamava lei, a propria misura. Aveva un letto singolo e da uno dei laboratori del carcere si era fatta predisporre un telo nero per attaccarselo al letto. Alle altre sue tre compagne di cella aveva dato ordine di non essere svegliata prima delle dieci. Ma non soltanto. Il direttore del carcere di San Vittore le aveva concesso di tenere un furetto. Insomma, era in gabbia, ma in una gabbia dorata. Anche nell’istituto penitenziario, in quel cammino durato 18 anni, ha vissuto in maniera patinata.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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