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Parte da Milano per andare a combattere con l’Isis, ma la condanna viene annullata: non sapeva del processo

La condanna per terrorismo internazionale del giovane di origine marocchina è stata annullata. Del foreign fighter non si hanno notizie dal 2019.
A cura di Matilde Peretto
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La condanna al foreing fighter di origine marocchina Monsef El Mkhayar a 8 anni per associazione terroristica è stata annullata. Le motivazioni della Corte d'Assise di Milano risiedono nella mancata conoscenza da parte dell'imputato di un processo a suo carico.

Il 29enne era partito da Milano per la Siria nel 2015 per unirsi all'Isis. A convincerlo sembra sia stato l'attentato al periodico francese Charlie Hebdo. Una volta giunto in Siria, era stato addestrato e mandato a combattere. Delle sue condizioni si conosceva poco, ma nei suoi confronti, era stato emesso un ordine di custodia per associazione terroristica. La condanna era arrivata nel 2017: 8 anni per terrorismo internazionale.

Dalle ultime informazioni raccolte nel 2019, il giovane si trovava "in stato di restrizione presso un non meglio precisato campo/prigione", strutture in cui vengono portati i combattenti catturati dopo la caduta dello Stato Islamico. A riferirlo sono stati i familiari (una zia e una cugina) in contatto con la donna che l'uomo ha sposato in Siria.

Nello stesso anno, poi, El Mkhayar era stato intervistato da Reuters: aveva lanciato un appello per ritornare in Italia in modo da poter iniziare una "nuova vita". Le ricerche della Digos di Milano sull'ipotesi di un suo rientro nel territorio nazionale avevano dato esito negativo confermando "il permanere della irrintracciabilità".

In Italia, dopo la riforma Cartabia del 2022, un processo può svolgersi in assenza dell'imputato "solo quando siano disponibili elementi concretamente idonei a dar certezza che sia a conoscenza del processo" o "quando la mancata comparizione in udienza sia dovuta a una sua volontaria e consapevole scelta di sottrarvisi".

L'eccezione a "non doversi procedere per mancata conoscenza del processo", presentato dal difensore di Monsef El Mkhayar, Giampaolo Di Petto, è stata accolta dalla presidente della Corte d'Appello di Milano Ivana Caputo.  La sentenza di annullamento non cancella, però, le accuse: nel caso in cui il giovane dovesse essere ritrovato potrebbe aprirsi un nuovo processo nei suoi confronti.

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