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“Otto dibattiti non bastano, serve più confronto nel Pd”: il candidato alla segreteria di Milano Santo Minniti

Il candidato alla segreteria metropolitana di Milano del Pd Santo Minniti denuncia a Fanpage.it: “Avevamo chiesto 30 dibattiti e ne abbiamo ottenuti solo 8, lasciando scoperte zone della città”. “Alcune sezioni del partito – continua lo sfidante di Alessandro Capelli – stanno provando a organizzare autonomamente appositi incontri, ma senza ricevere al momento risposta”.
A cura di Francesca Del Boca
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"Democratico non è solo un aggettivo nel nome del nostro Partito. Deve essere l'obiettivo a cui dedicare attenzione, impegno e tempo". Sono le parole di Santo Minniti, presidente del Municipio 6 (Porta Genova, Giambellino, Lorenteggio e Barona), classe 1984, neo candidato alla segreteria metropolitana milanese contro lo sfidante Alessandro Capelli, vice dell'attuale segretaria provinciale (e futura regionale in Lombardia) Silvia Roggiani. Una candidatura quasi inaspettata, giunta solo poche settimane fa. Ma destinata sicuramente a modificare qualche equilibrio.

Santo Minniti, ha annunciato la sua candidatura attraverso un post. Qui sottolinea più volte l'esigenza di un partito "trasparente", "senza correnti", "non scritto da accordi". Si riferisce a qualche situazione in particolare?

Ho scelto di candidarmi sull'onda di alcuni articoli che sottolineavano la presenza di candidati unici ai prossimi congressi Pd, denunciando il rischio di "lottizzazione del partito". La volontà di partire unitari cela a volte una carenza di idee e di dibattito, e altre volte l'istinto di conservazione delle cosiddette correnti. Io credo invece nel coraggio di rilanciare una proposta politica che passi per un confronto vero e democratico. Un percorso volto comunque ad unire, ma a valle di un percorso che coinvolge la comunità su un terreno democratico.

Come si prospetta la sfida con Alessandro Capelli, fino al suo arrivo unico candidato alla segreteria metropolitana di Milano?

Sicuramente non è conveniente, ma è una sfida giusta. Sta di fatto che c'è una parte di iscritte e iscritti che da quella scelta "unitaria" non si sentiva evidentemente rappresentata, e aveva bisogno di un'alternativa per non tacere. È questo che ci ha permesso, in pieno agosto, di raccogliere oltre 300 firme per depositare la mia candidatura.

A proposito di candidature unitarie. Silvia Roggiani, unica candidata al congresso regionale, dice: "Questa retorica del Pd che non discute non è aderente alla realtà".

Silvia Roggiani, negli anni scorsi, ha retto il partito con grande stabilità e capacità. Certamente con elementi da confermare e altri, a mio avviso, da innovare, ma complessivamente ha fatto un buon lavoro. Eppure è una segretaria unitaria uscita da una situazione che vedeva confrontarsi più candidature: il congresso non è il luogo della rottura, ma quello in cui si alimenta la discussione, il confronto. È il luogo della sintesi.

Si tratta di un passaggio fondamentale, un momento statutario necessario. Nel Partito Democratico, a mio avviso, ci si confronta troppo poco. E anche sul congresso metropolitano, ci troviamo al momento di fronte a una forte limitazione del dibattito.

In che senso?

Avevamo chiesto 30 dibattiti in 30 giorni, ossia uno al giorno, e ne abbiamo ottenuti solo 8. Su una città metropolitana di oltre millecinquecento chilometri quadrati e una comunità di 8mila iscritti. Vuol dire un dibattito ogni 200 km², lasciando scoperte zone della città come l'Adda Martesana che conta centinaia di iscritti. A quanto mi risulta, addirittura, alcune sezioni del partito stanno provando a organizzare autonomamente appositi incontri, ma senza ricevere al momento risposta.

E non si tratta solo di congressi. Coinvolgiamo iscritte e iscritti ben poco, e quasi sempre nel ruolo di esecutori, dalle iniziative elettorali ai banchetti nei mercati. Mancano momenti di discussione ampia su tematiche che riguardano il futuro della città metropolitana, o di questioni centrali che toccano la vita del partito.

Cosa pensa della giunta Sala? 

Ho un ottimo giudizio della Giunta guidata da Beppe Sala e del suo lavoro da Sindaco. Certo, ci sono alcuni argomenti su cui è necessario un cambio di passo, per non perdere la connessione con la cittadinanza. La discussione che abbiamo tenuto sul tema del trasporto pubblico ad esempio, ipotizzando un aumento del biglietto da un lato e il taglio delle corse dall'altro, ci ha fatto apparire privi di visione: è stato un esercizio più contabile che politico.

Il tema è che partiti e amministrazioni hanno ruoli complementari ma diversi. Sala ha delle ovvie necessità amministrative, e deve fare sintesi delle istanze che provengono dalla società e dalle formazioni politiche che compongono la maggioranza. Noi, come partito, non dobbiamo invece rinunciare a esprimere la nostra posizione: su questioni come Area B, trasporto pubblico, stadio, mi sarei aspettato un partito che prima di tutto dice cosa pensa, e subito dopo si mette a dare una mano al Sindaco nel comporre una posizione di maggioranza. Fare il secondo passaggio senza il primo vuol dire rinunciare a fare politica. E questo, tra l'altro, non mette per forza gli amministratori nella condizione migliore per trovare una sintesi, anzi.

Come sarà la sua campagna? Quali sono i temi che le sono più cari?

Abbandonare una visione milanocentrica. Lavorare a un partito che non risponda a logiche nazionali e correntizie, ma che rivendichi la sua autonomia. Rispondere alla crisi dei circoli della provincia senza piantare bandierine. Puntando ad aprirne di nuovi, sì, ma stando a fianco a quelli che ci sono, dando nuovo senso alla partecipazione democratica per tornare a riempirli. Mettere nuovamente gli iscritti al centro.

Immagino ad esempio una conferenza annuale metropolitana, un referendum tra gli iscritti sulle questioni dirimenti, corsi di formazione politica e amministrativa periodici che preparino la classe dirigente del futuro.
E un partito genuinamente femminista, al di là delle etichette.

Ultimamente è venuta meno l'idea del Partito Democratico di fare le primarie?

Il problema è più ampio: si fa fatica a trovare tempo per la democrazia. Per consultare i nostri iscritti è sempre o troppo presto o troppo tardi. Ci sono sempre cose più urgenti o importanti che non ci permettono di confrontarci, come se non fosse importante. Questo è il vero obiettivo che dobbiamo porci. Confronti, dibattito, dialogo, coinvolgimento. Superare il partito in cui pochi parlano a nome di tanti, e rimettere al centro la comunità democratica.

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