L'ondata di solidarietà nei confronti della popolazione ucraina è già finita. L'incapacità di gestire l'accoglienza dei profughi ha represso quella spinta ad accogliere gli stranieri in fuga dalla guerra che aveva coinvolto molti italiani e che aveva anche un po' sorpreso, se paragonata al razzismo nei confronti di chi fugge da altri conflitti. E ora, in provincia di Bergamo, c'è chi vuole rimandare 40 minori a rischiare di morire sotto le bombe.
Gli orfani ucraini ospitati a Rota d'Imagna
Il piccolo paesino di Rota d'Imagna, in provincia di Bergamo, non appena è scoppiata la guerra si è subito dichiarato disponibile a ospitare i profughi provenienti dall'Ucraina. In particolare hanno accolto un centinaio di minori provenienti da alcuni orfanotrofi. "Eravamo partiti convinti: non si potevano abbandonare quegli orfani e nemmeno andava bene che venissero spezzettati in tanti gruppi qua e là nella provincia. Avevano già tanti traumi da superare", aveva raccontato uno dei volontari che supportava il comune nella gestione di questi ragazzi.
Inizialmente sembrava una grande opportunità di rinascita per il piccolo borgo, popolato ormai da un migliaio di persone, per lo più anziane. Quei cento giovani stavano ridando vita a un luogo, immerso nel verde della Valle d'Imagna, ma che si stava sempre più svuotando. Tanto che il sindaco Giovanni Locatelli, uno dei pochi a rispondere all'appello della prefettura di ospitare i rifugiati, voleva offrirgli la possibilità di restare lì anche dopo la fine della guerra.
"Questi ragazzi – aveva detto il primo cittadino – possono rappresentare anche il nostro futuro. Il paese ha una buona vocazione turistica che si potrebbe anche sviluppare ulteriormente. Se questi nuovi “figli“ nati da una guerra assurda restassero tra noi, intanto incrementeremmo i 900 abitanti attuali arrivando a mille, e poi, chi vorrà, potrebbe specializzarsi frequentando dei corsi di formazione nell’ambito della ristorazione e del settore alberghiero e in questo modo inserirsi definitivamente in paese".
La petizione per rimandarli in Ucraina, dove c'è ancora la guerra
Belle intenzioni che, però, purtroppo sono rimaste soltanto tali, soprattutto per mancanza di fondi. Già ad aprile, infatti, l'amministrazione comunale aveva denunciato di aver ricevuto, dopo un anno dall'inizio dell'accoglienza, soldi utili per coprire le spese soltanto dei primi tre mesi. Il risultato è che, nonostante lo sforzo dei volontari e del Comune, questi giovani sono stati abbandonati a loro stessi. Non ci sono mediatori culturali che li seguono, non hanno attività da fare e nessun percorso di reale inserimento e integrazione.
Il risultato è che, a maggior ragione da quando è finita la scuola, gironzolano per il paese senza avere nulla da fare, senza alcuna possibilità. E i cittadini hanno iniziato a lamentarsi, perché – a loro dire – disturberebbero la quiete pubblica e commetterebbero anche piccoli reati. Nulla di particolarmente grave, sia chiaro, ma probabilmente qualcosa che può risultare fastidioso: piccoli atteggiamenti di chi già ha un passato difficile (provengono tutti da orfanotrofi ucraini) e poi si è pure ritrovato a dover scappare dalla guerra.
Il risultato è che ora i residenti hanno fatto una raccolta firme per chiedere il rimpatrio in Ucraina di questi giovani, per rimandarli nel loro Paese nonostante sia ancora in corso la guerra con la Russia. "Sono successi episodi più o meno gravi, che si possono gestire fino a un certo punto – ha spiegato il sindaco -. Quindi ho sollecitato un cambio di marcia, una soluzione che potrebbe essere quella del rimpatrio. Nei prossimi giorni avremo un quadro più chiaro, quando il consolato ci farà sapere dove i ragazzi saranno diretti, con l’assicurazione che venga garantito loro un luogo sicuro, lontano dalla zone calde del conflitto".
Le zone non interessate, per ora, dal conflitto sarebbero quelle in cui in questo momento non cadono le bombe e non ci sono le battaglie fra i due eserciti, ma questo non vuol dire che non possano arrivare anche lì i bombardamenti, qualora la situazione dovesse precipitare, e soprattutto non vuol dire che si viva bene, con l'elettricità razionata durante la giornata, carenza di acqua, i campi profughi ancora stracolmi delle persone provenienti dalle zone in guerra.
Ma questo poco importa a chi deve ritrovare la propria serenità, che invece di prendersela con chi non ha mandato i fondi necessari per accogliere, integrare, gestire e perfino controllare questi ragazzi, preferisce prendersela con chi, senza genitori, è in fuga dalla guerra. Il fallimento della più importante operazione di accoglienza degli ucraini in Italia è la dimostrazione di come la cattiva gestione, soprattutto da parte della politica, dell'immigrazione e dell'integrazione provochi gravi situazioni di disagio sia per chi accoglie che per chi viene accolto. Ma è anche lo specchio di una società che preferisce dare le colpe a chi non ha nulla da perdere piuttosto che a chi non è capace di governarci.