Operatrice sanitaria uccisa con 19 coltellate da un paziente psichiatrico: chieste tre condanne
Il 24 gennaio 2017 la terapista Nadia Pulvirenti è stata uccisa con 19 coltellate all'interno della Cascina Clarabella di Iseo (Brescia). L'omicidio è stato commesso da un paziente, che non è stato processato perché dichiarato incapace di intendere e di volere. Sono stati però indagati cinque medici, tutti accusati di omicidio colposo. Per la Procura, infatti, l'omicidio della 25enne poteva essere evitato.
Chieste 3 condanne e 2 assoluzioni per l'omicidio di Nadia Pulvirenti
Il pubblico ministero ha chiesto che il presidente del Consiglio di amministrazione della cooperativa Diogene, nonché datore di lavoro dell'operatrice sanitaria, venga condannato a quattro anni. Per il medico e componente della stessa cooperativa sono stati chiesti due anni mentre per la psichiatra e responsabile del piano terapeutico individuale del paziente responsabile dell'omicidio è stato chiesto un anno di carcere.
È stata invece chiesta l'assoluzione sia per il direttore del Dipartimento di salute mentale di Iseo che per il responsabile del Centro Psico Sociale di Iseo perché non hanno mai avuto rapporti con il paziente. Quest'ultimo si trova in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza.
La patologia del paziente non è stata contenuta, secondo il pm
Per il pm, la patologia del paziente "non è stata adeguatamente contenuta". L'accusa – così come riportato dal quotidiano Il Giornale di Brescia – ha anche sostenuto che nell'appartamento in cui viveva l'uomo, nonostante questi in passato avesse aggredito sia la moglie che due compagni di stanza con un coltello, erano stati lasciati diversi coltelli.
"Eppure nonostante questo continuava ad avere a disposizione coltelli da usare liberamente e proprio con un coltello ucciderà Nadia Pulvirenti. Per questo la psichiatra è stata imprudente. Era prevedibile che – continua il pm – in una situazione di questo tipo che il paziente potesse scompensarsi? Ritengo di sì".
L'uomo, sempre per l'accusa, non sarebbe stato sorvegliato né lasciato in una struttura protetta e infine il trattamento farmacologico somministrato non era adeguato. Per il pm, inoltre, l'operatrice doveva essere affiancata ad un'altra persona: "Così l'evento violento non sarebbe avvenuto o comunque sarebbe avvenuto in forma meno grave".