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Omicidio Ziliani, il compagno di cella di Mirto Milani: “Vi racconto quello che mi ha confessato in carcere”

Durante l’ultima udienza del processo a carico di Mirto Milani e le sorelle Zani per l’omicidio dell’ex vigilessa Laura Ziliani, l’ex compagno di cella di Milani ha raccontato come sia avvenuta la confessione del 28enne.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Sono stato io il primo a parlare in cella dell'argomento della morte di Laura Ziliani. Perché l'ho fatto? Inizialmente per curiosità": a dirlo è l'ex compagno di cella di Mirto Milani, l'uomo che insieme alla fidanzata e alla sorella di quest'ultima è accusato di aver ucciso l'ex vigilessa di Temù (Brescia).

Grazie alla confessione resa all'ex compagno di cella, è stato possibile ottenerne un'altra dal trio criminale davanti agli inquirenti: "Parlare di amicizia da parte mia è fuori luogo. Ho sicuramente raccolto le sue confidenze. C'è stata un'evoluzione nelle sue dichiarazioni perché – ha spiegato durante il processo davanti alla Corte d'Assise di Brescia – è stata un'escalation fino alla confessione completa".

La testimonianza dell'ex compagno di cella

L'uomo, durante la sua testimonianza, ha detto che Milani inizialmente gli avrebbe raccontato di essere "totalmente estraneo ai fatti". Il cinquantenne, mentre si trovava in carcere con il 28enne, ha iniziato a fare domande sul caso. Per mesi ha raccolto i suoi sfoghi e le confessioni. Ha poi deciso di collaborare con gli inquirenti.

Prima della confessione, Milani avrebbe cambiato tre versioni: "Inizialmente si proclamava innocente e vittima del sistema" poi avrebbe raccontato che i tre avevano trovato il cadavere dell'ex vigilessa "sull'uscio di casa e presi dal panico avevano solo nascosto il corpo"  e che il colpevole sarebbe stato "un farmacista o un veterinario". Infine ha detto che tutti loro "dovevano difendersi da Laura che voleva avvelenarli".

Non ha ricevuto alcun sconto di pena

In un'intervista esclusiva rilasciata al giornale "Il Giornale di Brescia", ha detto di non aver ricevuto alcun sconto di pena né la liberazione anticipata: "L'ho fatto per una questione etica perché quello che hanno commesso è mostruoso".

Avrebbe inoltre detto che comunicava con l'esterno con alcuni pizzini che avrebbe nascosto tra i vestiti: "Decine di pagine in mezzo a cui metteva un foglio bianco, sul quale calcava con una penna senza inchiostro". In quei biglietti, lasciava indicazioni su come depistare le indagini. Uno di questi sarebbe poi finito in Procura.

Da quel momento, il 50enne ha iniziato a collaborare con gli inquirenti. Sono state piazzate alcune cimici in cella e in quel modo è stato possibile ottenere la confessione del ragazzo.

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