Omicidio Verzeni, la confessione di Moussa Sangare: “Mi veniva da piangere, ma mi sentivo libero”
Nell'interrogatorio di convalida davanti alla giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino e al pubblico ministero Emanuele Marchisio, Moussa Sangare – accusato dell'omicidio di Sharon Verzeni, uccisa il 30 luglio a Terno d'Isola (Bergamo) – ha raccontato: "Nel momento in cui mi sono avvicinato a Sharon sapevo che volevo accoltellarla".
La 33enne, quella sera, stava camminando da sola e stava ascoltando la musica con le cuffiette. Il trentenne l'avrebbe incrociata mentre era in sella alla sua bicicletta e sarebbe tornato indietro. Le avrebbe messo la mano sinistra sulla spalla destra e le avrebbe detto "scusa per quello che sta per accadere" poi l'avrebbe accoltellata quattro volte. Dopo il primo fendente, sarebbe sceso dalla bicicletta, l'avrebbe inseguita e le avrebbe sferrato altre tre coltellate alla schiena.
La donna ha urlato perché e poi "sei un codardo, un bastardo". Alla giudice, Sangare ha spiegato: Dopo che l'ha colpita, lei ha iniziato a urlare: "Mi è venuta la para". Lei ha provato a scappare, ma Sangare l'ha inseguita: "Se mi avesse spintonato probabilmente sarei scappato".
Prima di incontrare lei, ha incrociato sette persone, tutti uomini. Due ragazzini che "volevo intimidire per vedere come reagivano", un giovane su un'automobile a cui ha pensato di poter rubare il computer "sarebbe stato semplice perché era seduto dietro", ma il pc poteva essere tracciabile. Due uomini "sul muretto di un parcheggio", un uomo che fumava una sigaretta, un altro con il borsellino su un suv e infine Verzeni.
Appena è tornato a casa, ha avvertito diverse emozioni: "Mi veniva da piangere, però al tempo stesso mi sentivo libero, pensavo: che roba. Sul divano ho sentito come se mi fossi liberato di un peso".