Omicidio Sharon Verzeni, per la giudice Moussa Sangare “ha ucciso per noia, cercava emozioni forti”
Erano all'incirca le 00:50 del 30 luglio scorso quando Moussa Sangare ha accoltellato quattro volte Sharon Verzeni uccidendola. Non c'erano telecamere che puntavano su quel tratto di via Castegnate, a Terno d'Isola (in provincia di Bergamo), ma grazie a due testimoni dopo un mese il 30enne è stato arrestato per omicidio. Un reato che la gip Raffaella Mascarino, nell'ordinanza con cui ha convalidato l'arresto e disposto il carcere per Sangare, descrive come "commesso da un soggetto che, spesso in preda alla noia, sia stato assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti". L'accusa nei suoi confronti è di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.
"Purtroppo è capitato"
L'interrogatorio al quale è stato sottoposto Sangare nella mattinata di ieri, lunedì 2 settembre, all'interno del carcere di Bergamo ha di fatto confermato quanto ammesso dallo stesso 30enne alcune ore dopo il suo arresto. All'inizio, quando i carabinieri del Comando provinciale lo avevano portato in caserma, aveva negato ogni suo coinvolgimento, salvo poi confessare il delitto intorno alle 4 del 30 agosto.
Nelle risposte fornite da Sangare durante l'interrogatorio è possibile capire il suo atteggiamento, ormai del tutto disinteressato. Alle domande di rito sulla sua identità risponde con vari "yeah" e, sebbene il suo avvocato Giacomo Maj sostenga che il suo assistito si sia pentito di quanto fatto, lui stesso dice che ormai "purtroppo è capitato, è passato un mese, non ti puoi buttare giù, altrimenti non ti alzi più".
Il desiderio "di provare realmente emozioni forti"
La gip ritiene che Sangare abbia agito in uno stato mentale "pienamente integro", ma riconosce come l'omicidio si sia consumato "nella più totale assenza di qualche comprensibile motivazione, in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa".
Il 30enne non conosceva Verzeni, ma l'ha incrociata e basta. Ucciderla, sostiene la giudice, è stato solo il frutto "del desiderio di provare realmente emozioni forti, in grado di scatenare nel suo animo quella scarica di adrenalina" per combattere la "noia". Nell'abitazione di Sangare è stato trovata una sagoma di cartone, con in cima un cuscino con un volto disegnato sopra, contro la quale era solito lanciare coltelli: "Un passatempo", dice la gip, che però sembrava non bastargli più.